Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
Nuclear Blast/Audioglobe
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Dave Proctor - voce
- Chris Lavery - basso
- Steph Gildea - chitarra
- Steven Nixon - chitarra
- Kevin Nixon - batteria


Tracklist: 

1. What We Have Become (intro) (03:38)
2. Beneath A Burning Sky (05:08)
3. Stand As One And Fight For Glory (04:55)
4. Remains Of The Day (04:52)
5. Chapel Perilous (03:18)
6. The Mourning Aftermath (05:55)
7. Poisoned Hearts (03:21)
8. Withered & Torn (04:11)
9. Resurrecting Hope (04:08)
10. For Blasphemy We Bleed (06:19)
11. The Reaper Waits (03:58)
12. The Black Death (10:12)

Mendeed

This War Will Last Forever

Dal primo ep From Shadows Came Darkness, risalente al 2004, gli scozzesi Mendeed di strada ne hanno fatta: il possente esordio discografico, alla corte di scuderia Nuclear Blast, This War Will Last Forever presenta un song-writing più elaborato, che testimonia tutte le idee in possesso della band Metalcore più gettonata d’Inghilterra. Dopo aver supportato formazioni del calibro di Anthrax, Cradle of Filth, Slipknot e Trivium, i Mendeed si sono guadagnati in questi ultimi anni una buona reputazione in tutto l’ambiente Metalcore/Deathcore con il loro feeling moderno e parecchio vicino allo stile dei tedeschi Caliban.

Prima di tutto si deve sottolineare come This War Will Last Forever sia un concept che rispecchi in pieno le origini scozzesi dei Mendeed: l’introduzione What We Have Become lascia correre libera la mente nelle desolate lande della Scozia, aprendo la via verso la più totale devastazione timbrica. Tracce come Beneath A Bruning Sky o Stand As One And Fight For Glory sono permeate del sound dei sopra citati Caliban, più votato alla melodia espressa dalle chitarre distorte, in pieno stile Iron Maiden e Avenged Sevenfold.
Un genere alquanto azzardato quello proposto dal quintetto della Nuclear Blast, che non disdegna l’inserimento di parti sinfoniche in cui si distingue chiaramente una voce clean mista growl, che rende bene l’impatto Metalcore, ma che alla lunga può apparire scontata e ripetitiva.
Remains of the Day difatti non riesce a garantire un approccio costante e sentito da parte dell’ascoltatore, che si perde nei meandri dei riff delineati dalle chitarre, leggermente scoordinate a livello di song-writing e per nulla coinvolgenti.
Chapel Perilous riconduce verso sezioni più Thrash oriented, dove l’influenza Metallica e Slayer è forte e le emozioni che sgorgano dalla composizione sono alquanto fievoli: la struttura canzone perde notevolmente di tenore, per lasciare spazio a sfuriate incontrollate e sovrapposizioni di voci che si rincorrono a vicenda.

Una commistione di stili così differenti potrebbe risultare sperimentalmente vincente ma ai Mendeed manca l’abilità necessaria a tessere un’architettura omogenea e compatta, come dimostrano capitoli come The Morning Aftermath; e se Poisoned Heats convincerà per la sua direzione trascinante e per la struttura ben concepita, Withered and Torn sarà da considerare il capitolo migliore di tutta l’opera, maligna e devastante al punto giusto.
In definitiva, un album sicuramente discreto, ma non dotato di quella marcia in più che hanno altri prodotti Metalcore, per il semplice fatto che i Mendeed, cercando di andare oltre i canoni tipici del Metalcore, rendono poco omogeneo il complesso, attraverso l’aggiunta di elementi totalmente incompatibili con lo stile proposto. Buone le idee, ma progetto forse troppo ambizioso.

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