Voto: 
8.6 / 10
Autore: 
Jacopo Prada
Etichetta: 
Green Fog Records/Venus
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Davide - voce
- Mattia - chitarra
- Jacco - basso
- Luca - tromba e chitarra
- Fabrizio - sassofono e sintetizzatori
- Saverio - batteria


Tracklist: 

1. At Dusk (05:21)
2. The Millstone (03:50)
3. Dai Pozzi (03:09)
4. Anche Senza Bere (03:35)
5. 02:16 (04:38)
6. Quest'Inverno (05:22)
7. Ten Black Rivers (02:54)
8. Nine Times Out Of Ten (03:09)
9. Un Approdo (04:21)
10. Granvanoeli (02:11)

Meganoidi

Granvanoeli

Sulla cresta dell’onda da ormai cinque anni, ovvero dall’uscita del fortunato Into The Darkness, Into The Moda, i Meganoidi non sembrano essere intenti ad arrestare la propria evoluzione sonora. Dopo aver ideato il piacevolissimo EP And Then We Met Impero, il gruppo genovese partecipa ad un progetto, organizzato dal quotidiano Il Manifesto, per finanziare i processi seguiti al G8 del 2001, incidendo una nuova versione di M.R.S. (contenuta originariamente in Outside The Loop Stupendo Sensation). E’ tempo di tornare al lavoro ed il titolo scelto per il terzo full lenght è davvero molto curioso: Granvanoeli, nient’altro che un semplice suono, una parola inventata. Può sembrare stupido chiamare un disco con un termine privo di significato, ma ascoltando attentamente Granvanoeli ci si accorge invece del contrario. Mai come in questo caso le musicalità caratteristiche dell’album vengono riassunte nel titolo dell’opera. Ancora una volta i Meganoidi sono riusciti a fare una scelta azzeccata ed al tempo stesso fuori dal comune, a testimonianza della loro folle creatività. Non è comunque da meno la copertina del disco, la quale, sia nei colori che nelle figure rappresentate, riprende per certi versi alcune melodie tipiche di Granvanoeli.

Ricordate Zeta Reticoli, ultima traccia di Outside The Loop Stupendo Sensation? Essa si contraddistingueva per un sound marcatamente noir, ben diverso rispetto ai restanti brani del succitato album. Ebbene, Granvanoeli ne appare come la naturale prosecuzione. Abbandonate almeno in parte le sperimentazioni di And Then We Met Impero, i Meganoidi si colorano di nero, abbracciano sonorità incredibilmente tetre, spesso addirittura inquietanti. Chi lo avrebbe mai pensato nel 1998, quando ancora Davide e compagni saltellavano allegramente sulle note del ritmo in levare? Nessuno probabilmente. Che lo si voglia o meno, però, i Meganoidi sono cambiati, hanno fatto le loro scelte, si sono evoluti. La voce di Davide appare quasi irriconoscibile: i cambiamenti stilistici attuati dal singer genovese giocano perciò un ruolo primario nel conferire a Granvanoeli toni oscuri e flemmatici, a tratti persino depressivi. I fiati stessi si sono adattati alla nuova proposta del gruppo ed il loro compito non è più quello di inventarsi facili melodie, bensì di impreziosire con classe chitarre e sezione ritmica.

La durata del disco non è elevata (poco meno di quaranta minuti), ma per poter capire veramente ciò che sta dietro a Granvanoeli ci vorrà del tempo. Se At Dusk risulta orecchiabile durante alcuni passaggi, lo stesso non si può certo dire in merito alla prima parte di Dai Pozzi. Tuttavia, lo sconforto espresso da Davide, il quale alterna nuovamente italiano ed inglese con risultati superlativi, ben si inserisce in un contesto drammatico e confusionale quale è appunto Dai Pozzi. Sebbene possa sembrare ad un primo impatto aspro ed inquieto, Granvanoeli risulta invece armonioso e ricco di tensione emotiva. Per accorgersene basta proseguire con l’ascolto di Dai Pozzi, arrivando fino alla seconda, splendida, frazione del pezzo, oppure gustarsi l’introduzione strumentale di Anche Senza Bere. Tutte le canzoni di Granvanoeli non hanno una struttura regolare, così come bizzarri sono i relativi testi, assai difficili da comprendere a fondo. In The Millstone è possibile apprezzare un buon avvicendamento di chitarre, mentre stavolta il cantato in inglese non renda altrettanto rispetto a quello in italiano. 02:16 raggiunge livelli di unicità quasi esagerati, accompagnati da stacchi ritmici vicini al Progressive di And (2005). Dopo il monologo di Davide in Quest’Inverno e Ten Black Rivers, dove lo spazio concesso agli altri musicisti è ridotto al minimo (esattamente il contrario di quanto accadde in And Then We Met Impero), si arriva all’apparentemente caotica Nine Times Out Of Ten, nella quale anche la tromba ricopre finalmente una posizione primaria. Il capitolo più toccante di tutto Granvanoeli è rappresentato invece dalla successiva Un Approdo, semplicemente fantastica grazie ad un dolce arpeggio di chitarra classica ed alla calda voce di Davide, ispirato come non mai in quest’occasione. Chiude infine la titletrack, brave ma intensa, incalzante ma suggestiva.

Sempre in costante crescita, i Meganoidi non deludono le aspettative e regalano ai propri fan un lavoro estremamente passionale, a dir poco meraviglioso. Granvanoeli è un disco che solo la band genovese poteva concepire, l’ennesimo incremento in una carriera sbalorditiva. Chi non apprezza Granvanoeli significa che non ha le capacità per farlo, non c’è altra spiegazione. Chissà di che colore sarà il futuro dei Meganoidi, chissà a che meta aspirano, chissà dove li porterà il destino…

"Amai solo quel che era già stato, quello che fu.
Per anni navigai verso un approdo, che non c'è più."

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