Voto: 
6.7 / 10
Autore: 
Matteo Mainardi
Genere: 
Etichetta: 
Load Up Records/Venus
Anno: 
2005
Line-Up: 

- Christian Strain - Voce, chitarra
- Gigi Nicastro - Chitarra
- Andrea Padovan - Basso
- Gianluca Tavernar - Batteria

Tracklist: 

1. I'll Never Belong Here
2. A Perfect State of Nervousness
3. Cold
4. Mary's Jail
5. Bitter
6. Darkside
7. Psicolocybe
8. A New Dawn
9. Secret Garden
10. Last Goodbye
11. Song Eleven

Mary's Jail

Mary's Jail

I Mary's Jail sono uno dei tanti gruppi italiani che cercano di portare in alto i valori dell'Indie Rock. Bisogna dire che il loro compito non è facile, i motivi sono svariati; primo fra tutti il fatto che nella nostra cultura musicale esiste poco il culto per questo genere così ricercato e così altrettanto difficile da riuscire a produrre in modo soddisfacente. Altro motivo è che, sul mercato musicale, vi sono oggi gruppi che, a livello mondiale, hanno imposto il loro "monopolio" mettendo in ombra tantissime altre band che meriterebbero senz'altro più interesse e pubblicità da parte dei media.

L'inizio dell'album è caratterizzato da un brano particolare e semplice allo stesso tempo intitolato I'll Never Belong Here. Il pezzo non è male e, con il giusto suono e un buon mixaggio, presenta sonorità piuttosto vintage e trascinanti. Anche la voce è azzeccatissima con quel suo tono a metà tra il melodico e il perso, che sempre danno un certo fascino a brani di questo tipo. Peccato solo che la lunghezza del pezzo sia un po' troppo limitata. Andando avanti, ci accorgeremo sempre di più come sia impossibile riuscire a trovare qualcosa di comune tra ogni pezzo, rendendo così il tutto più appetitoso e intrigante perchè, senz'altro, è indice di volontà di sperimentazione e di mettersi sempre alla prova. Con la seconda traccia, A Prefect State of Nervousness, si passa a calcare scenari più aperti melodicamente e, allo stesso tempo, più attaccati a quelle che sono le radici vere e proprie dell'Indie Rock. Unica cosa che però lascia con l'amaro in bocca, sono i passaggi un po' troppo semplici ed ovvi tra una strofa e l'altra. Per fortuna queste banalità le troveremo solo in alcuni pezzi e non in tutto l'album. Un brano che bisogna senz'altro citare è Cold: il suo ritmo lento ed alienante caratterizzato dalla ripetizione continua di note e di ritmica pressochè identica per tutta la durata della canzone, fanno sì che questo sia uno dei pezzi più belli e "allucinanti" di tutto l'album. Questo è il vero Indie Rock delle origini. Anche la voce, con l'alternarsi di urlati e parlati, fa sì che la suspence del pezzo prima salga, poi scenda e così via fino alla quiete finale. Altro brano parecchio interessante è Psylocibe, ovvero una traccia completamente strumentale che, sempre con la ripetizione di riff e ritmiche semplici ma efficaci, crea una suggestione particolare tirando fuori sensazioni descrivibili solo attraverso l'uso delle note. Gran bel pezzo soprattutto per quanto riguarda i suoni e la scorrevolezza con cui fa passare il tempo. Per ultimo, citiamo anche A New Damn che è caratterizzato da un bellissimo giro di chitarra acustica in sottofondo con una voce davvero notevole, non per impostazione ma per la perfetta sintonia melodica che ha con la base musicale. Tutto questo, però, non sarebbe possibile se non vi fosse un così bel pezzo di chitarra acustica come linea guida dell'intera song.

Abbiamo quindi un gruppo molto interessante che, non dimentichiamocelo, si presenta al grande pubblico con questo loro primo album ufficiale. Bisogna quindi aspettare un po' per far sì che alcune imperfezioni a livello stilistico e a livello sperimentale, vengano plasmate e date alla luce nel loro aspetto migliore perchè sono proprio questi piccoli particolari che fanno sì che l'album perda parecchio, lasciandoci però intendere su che prodotto potrebbe essere se non vi fossero tali imprecisioni.

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