Voto: 
6.2 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Etichetta: 
GSL/Universal
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Omar A Rodriguez-Lopez - chitarra, sintetizzatore
- Cedric Bixler Zavala - voce
- Jon Theodore - batteria
- Juan Alderte - basso
- Isaiah Ikey Owens - tastiera
- Marcel Rodriguez-Lopez - percussioni, sintetizzatore
- Pablo Hinojos-Gonzalez - effetti

Guests:
- John Frusciante - chitarra


Tracklist: 

1. Vicarious Atonement (07:21)
2. Tetragrammaton (16:43)
3. Vermicide (04:17)
4. Meccamputechture (11:04)
5. Asilos Magdalena (06:36)
6. Viscera Eyes (09:25)
7. Day of the Baphomets (11:58)
8. El Ciervo Vulnerado (08:59)

Mars Volta, The

Amputechture

Giunge anche per i Mars Volta il terzo capitolo discografico ufficiale, che segue di un solo anno la pubblicazione del buono e confusionario Frances The Mute: Amputechture, uscito a settembre 2006, cerca di continuare il lavoro lasciato in sospeso dal predecessore, presentando otto tracce di musica sperimentale-progressiva che tentano nell’impresa di superare le sorprendenti composizioni del passato. Purtroppo però, i Mars Volta devono fare i conti con diversi problemi, sia nell’ambito del song-writing, non più così fluido pur nella sua contorta direzione, ma alquanto macchinoso e privo di mordente, sia nei rapporti interni alla band; dopo aver realizzato Amputechture infatti, il batterista Jon Theodore, fondamentale tassello per le sperimentazioni della band, abbandona il resto della formazione: l’inasprirsi della sua collaborazione con gli altri musicisti si può già percepire nella musica del terzo album, dove spesso la batteria è assente, sostituita per la prima volta da sottofondi atmosferici di sintetizzatore.

Appare quindi un disco non tanto statico nella sua forma, quanto pesante da sopportare nella sua lunghezza (ben 76 minuti), che propone delle soluzioni azzardate e quasi monotone nel loro andamento, prive di freschezza ed ininfluenti. Come nei precedenti full-lenght viene conferito grande spessore alle sezioni vocali e di chitarra/tastiera, ma i Mars Volta in Amputechture faticano a far uscire ogni canzone dal guscio iniziale che la racchiude: ad esempio l’opener Vicarious Atonement si perde nei suoi aloni avvolgenti, risultando banale e scontata nel suo andamento senza accompagnamento ritmico. La partecipazione di John Frusciante (Red Hot Chili Peppers) non permette comunque all’album di fare un salto di qualità e la lunga Tetragrammaton è la testimonianza di quanto sia diventato difficile per i Mars Volta tessere architetture sonore senza ripetersi o divenire insostenibili: l’eccezionale partenza della seconda canzone viene vanificata via via da uno sviluppo non interessante seppur complesso nella sua forma Progressive.

Più votata ad un’atmosfera oscura è Vermicide, un mid-tempo ricco di reminescenze da De-Loused In The Comatorium e quindi meglio strutturato; non appena i capitoli di Amputechture si fanno più lunghi, i Mars Volta perdono lucidità perché non riescono a sfruttare i pochi sprazzi veramente validi, abbandonandosi in improvvisazioni totalmente prive di senso (vedi Meccamputechture) o in inutili fraseggi di chitarra acustica (Asilos Magdalena). Nonostante lo stile mostrato sia personale, troppo scarso è il numero dei passaggi degni dei due precedenti full-lenghts: le leggere ambientazioni occulte presenti in episodi come la King Crimsoniana Day Of The Baphomets si ricollegano al contesto lirico dell’album, unico frangente ben curato dalla band americana. Sicuramente da dimenticare è l’uso sfrenato delle strumentazioni, mentre da sottolineare positivamente è appunto il concept basato sul rapporto tra religiosità e arte (e già annunciato dalla copertina dell’opera).

In definitiva, non rimane che chiedersi per quale motivo i Mars Volta abbiano deciso di intraprendere la stesura di un nuovo disco proprio nel momento della dipartita di Theodore: Zavala e Rodriguez-Lòpez non convincono con Amputechture e sarebbe stato preferibile ascoltare un lavoro giunto ad un grado di maturazione maggiore e dotato di spunti ben più attraenti. La classe del gruppo non viene messa di certo in discussione e proprio per questo ci si aspettava un terzo platter che coronasse il lavoro svolto in questi anni da una delle formazioni più sperimentali dell’attuale scena Progressive mondiale.

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