Voto: 
8.9 / 10
Autore: 
Ragnar
Genere: 
Etichetta: 
Displeased
Anno: 
2002
Line-Up: 

- Jonas Almquist - Chitarra

- Markus Andé - Chitarra, violino

- Erik Grawsiö - Batteria, voce

- Pierre Wilhelmson - Basso



Tracklist: 

1. Intro (00:48)

2. I Evig Tid (02:29)

3. Ravenous (02:51)

4. Agirs Vrede (03:40)

5. Dödsfärd (03:16)

6. Fimbultrollet (03:36)

7. Daudr (02:36)

8. Vrede (02:17)

9. Pagan War (03:48)

10. Ursjalens Visdom (05:03)

11. Gillesvisan (01:53)

Månegarm

Dödsfärd

Eccoci al terzo full-lenght per i lupi di Väddö. Che dire, molte ed interessanti le novità che contraddistinguono questo cd dai precedenti. Intanto, vediamo come a livello musicale il tutto sia molto più melodico e “soft”, se mi si consente il termine, cosa che lo ha reso un disco particolarmente adatto al primo ascolto da parte di un qualche sprovveduto novizio, che magari dinanzi ad una Fädernas Kall storcerebbe il naso, magari anche permettendosi di definire “chiasso” tale capolavoro. Invece, questo Funerale, con il suo set di strumenti quali violino, flauto traverso, mutharpe e compagnia, che prima certo non mancavano, ma che ora vanno ad acquisire un ruolo preponderante nella musicalità dell’album, senza limitarsi a brevi stacchi all’interno di canzoni articolate, si rende appetibile anche a chi di Viking ne capisce poco.

Un altro rilevante cambiamento è sicuramente la scomparsa di qualunque inserto di voce femminile, qualità che caratterizzava i precedenti dischi. Molti sostengono che una voce femminile non si adatti bene ad un genere quale il Viking, ma sinceramente si sente un po’ la mancanza di Ymer.

In ultimo, troviamo un cambiamento a livello di testi. Infatti ora, cosa che ha dell’incredibile, sono presenti ben tre lyrics interamente scritte in lingua inglese. Il perché di tale scelta è tuttora un mezzo mistero, specialmente dopo che gli stessi componenti avevano dichiarato di voler scrivere esclusivamente in svedese, la Fädernas Språk. Addirittura il chitarrista Jonas Almqvist ha comunicato che intendono pubblicare nel prossimo cd le traduzioni in inglese delle lyrics ivi presenti: forse uno spirito divulgativo come quello che ha sospinto il beneamato Qvorthon si è fatto strada nelle menti dei Månegarm?

Prese in considerazione le novità, passiamo ad analizzare i vari brani. L’album si apre con un’Intro strumentale, abbastanza bella, che ben si adatta alla evocativa copertina del cd, pur essendo stata scritta originariamente per un matrimonio.
Direttamente si passa alla prima canzone vera e propria dell’album, I Evig Tid, “Per Sempre”. Un giro molto orecchiabile e trascinante, che si ben amalgama con un perfetto growl per poi lasciare spazio ad un ritornello corale epico e maestoso. Segue Ravenous, in cui un Grawsiö in preda al furor bellico ci canta (o meglio ci urla) in inglese di antichi rituali di antropofagia: da brivido.
Di nuovo ripartono le melodie folk con Ägirs Vrede, brano che riesce a bene a rendere, tra il violino e la voce sempre tuonante di Erik, la furia del dio del mare.
La title track Dödsfärd senza dubbio merita una menzione particolare, per ciò che è e che rappresenta. Nostalgia, dolore, speranza, rabbia, perfettamente rese in una canzone meravigliosa, che ben riesce a rievocare quei tempi antichi in cui i re caduti venivano arsi sulle loro navi. Un testo dotato di una epicità difficilmente riscontrabile in altre opere, con una musica veloce, ma al tempo stesso maestosa e nostalgica.

Le madri svedesi, quando i loro bimbi fanno i capricci, non invocano l’uomo nero, ma il Fimbultrollet, essere delle foreste a cui è dedicata la poesia che i Månegarm prendono da testo per l’omonima canzone. Una ballata veramente molto folk, veloce e divertente, con uno stacco meraviglioso verso la fine. Un tono drammatico, come non potrebbe essere altrimenti, caratterizza la successiva Daudr, dati gli eventi narrati.
Vrede sinceramente non convince moltissimo, forse perché presenta un distacco così brusco dalla musicalità dell’album, forse per quel ritornello irrimediabilmente sgraziato.

Segue la canzone più violenta dell’intero lavoro, non a caso scritta in inglese, Pagan War. Ho visto molti lasciati esterrefatti dalla brutalità e bellicosità di questo brano, che le prime volte ha stupito positivamente anche il sottoscritto. Le chiacchiere inutili di qualche pacifista perdono di ogni significato dinanzi a tanta furia bellica distruttiva. I cristiani hanno seminato morte e menzogna per troppo tempo, e ora è giusto che raccolgano ciò che hanno seminato. Nessun perdono.

Molto evocativo e nostalgico il brano folk che segue, Ursjälens Visdom, che alterna parti molto melodiche con voce pulita ad un ritornello tuonante con tanto di cantato in growl.
L’album si chiude con una divertentissima bevuta in compagnia, un’allegra festa in taverna, dove i canti e i brindisi dei festanti vanno a comporre Gillesvisa, la canzone della festa appunto. Una base di chitarra, seguita dai folli cori e rumori di boccali chiude questo grande cd, lasciandovene un ricordo meraviglioso.

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