Voto: 
6.8 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Pulverized Records
Anno: 
2012
Line-Up: 

T. Kaos – Vocals, Guitar

 Menthor – Drums

 T. Slutsodomizer – Guitar

 The One – Bass

Tracklist: 

01 The Calling Depths

02 Succubi

03 The Faceless One

04 LCF

05 Holy Chaos

06 Death’s Magnetic Sleep

07 Husk Of Impurity

08 The Great Fall

Lucifyre

The Calling Depths

I Lucifyre sono una giovane band proveniente dal Regno Unito che grazie ad un mini-CD pubblicato nel 2009 dal nome Dying Light ov God, ha ottenuto un contratto con la celebre Pulverized Records per la pubblicazione del loro album d’esordio. The Calling Depths ci presenta con otto canzoni infarcite di un death metal molto diretto, tagliente e dall’elevato tasso tecnico. Le influenze maggiori si riscontrano nei Krisiun o nei Rebaelliun per un approccio veramente selvaggio.

La title track piazzata in apertura, dopo una breve introduzione, lascia ben poco all’immaginazione. Una doppia cassa lanciata come un treno impazzito supporta riffs putridi, degni dei migliori Morbid Angel in questa marcia forsennata. La voce dall’oltretomba del cantante aggiunge un ulteriore tocco macabro per un disco che suona lugubre proprio nella produzione e che si avvicina in più momenti alle creazioni targate Hate Eternal. I pochi rallentamenti che trovano spazio in questa foresta di riffs sono anch’essi lontani dall’essere originali ma funzionano bene. Riffs dissonanti e blast beats accompagnano una Succubi veramente inquietante, degna colonna sonora dei vostri peggiori incubi, con palesi influenze Morbid Angeliane di Gateways to Annihilation. Forse proprio il lavoro delle chitarre rappresenta l’elemento di maggior rilevanza per quanto riguarda l’apporto di oscurità nel sound del disco. Il solismo grottesco ed i riffs dissonanti ma anche fangosi sono i punti di forza del lavoro.

Ottimo il break dal retrogusto epico in una massiccia e mai troppo veloce The Faceless One, una sorta di mastodonte nero supportato da una doppia cassa instancabile. Siccome “varietà” e “originalità” non sono esattamente due termini che possono descrivere il disco, non bisogna stupirsi se una veloceLCF fa ancora una volta una sorta di copia-incolla dell’operato (passato, direi) dei Trey e Vincent. La cosa importante è che il tutto si faccia ascoltare, e così é. Rimango ancora dell’idea che la band si esprima meglio durante i momenti maggiormente rallentati che lasciano trasparire quel tocco lugubre ed epico, anche se un po’ di velocità è necessaria. A tal proposito citerei ancora la rasoiata Holy Chaos, dal buon taglio thrash delle chitarre in occasione degli up-tempo e dall’ottimo finale doomeggiante.

A dir poco arrembante l’inizio della tenebrosa Death’s Magnetic Sleep, tra ripartenze in velocità che preannunciano la successiva bordata, Husk of Impurity. Il finale è affidato alle atmosfere decadenti di The Great Fall, traccia che punta su un inizio doom per poi esplodere con prolungati blast beats e numerosi stop and go. Una pioggia di riffs ci saluta e mette fine ad un disco non originale ma comunque gradevole all’ascolto. Se siete folli ammiratori dei Morbid Angel del periodo 1995-2000, comprate questo disco a scatola chiusa. Per i restanti amanti del death metal, un’ascoltata non fa mai male.

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