Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Filippo Morini
Genere: 
Etichetta: 
La Tempesta
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Vasco Brondi – voce, chitarra, effetti
- Giorgio Canali – chitarra elettrica, basso acustico
- Max Stirner – organo in Per Combattere L’Acne e Sere Feriali

Tracklist: 



1. Lacrimogeni
2. Per Combattere L’Acne
3. Sere Feriali
4. Stagnola
5. Piromani
6. La Lotta Armata Al Bar
7. La Gigantesca Scritta Coop
8. Fare I Camerieri
9. Produzioni Seriali Di Cieli Stellati
10. Nei Garage A Milano Nord

Le Luci Della Centrale Elettrica

Canzoni Da Spiaggia Deturpata

Vasco Brondi potrebbe in fondo essere scambiato per uno qualunque. 24 anni, ferrarese, una chitarra come stampella alla propria patologica e deteriorante sensibilità da poeta post atomico, faccia da naufrago esistenziale, voce scartavetrata dalle sigarette.
Uno qualunque, dicevo. Uno che canta del tutto e di tutti, che non ha bisogno di nessuno ma che si rivolge a tutti indistintamente, che non necessita di tamburi maltrattati né di distorsori urlanti per vomitare il flusso di lurida coscienza che gli scorre dentro, che travolge ed unisce tutti i dieci episodi di Canzoni Da Spiaggia Deturpata, esordio discografico pubblicato sotto il nome d’arte di Le Luci Della Centrale Elettrica.

Solo 6 corde sotto le dita e parole che sembrano uscite dagli edifici vestiti di croste e graffiti, dalle metropolitane deserte, dai bagni degli autogrill, dai distributori di sigarette, se solo ognuna di queste “cose” potesse raccontare della propria passiva esistenza.
Questi gli apparentemente semplici ingredienti della proposta di un giovane ma consumato cantautore della sua e nostra realtà, che grazie all’aiuto di un ispirato Giorgio Canali arriva a produrre una manciata di pezzi crudi e “terreni”, spogliati da ogni artificio da studio.
Musicalmente si risolve tutto tra scheletrici ed agrodolci arpeggi di chitarra e tese sequenze di accordi, senza alcuna ossessione per la melodia a tutti i costi o per ritornelli che ritornano apposta per farsi canticchiare.
Ma sotto il profilo puramente letterario vengono raggiunte atmosfere lontane anni luce da ciò a cui radio e televisione ci hanno abituato negli ultimi 10 anni: radendo al suolo ogni tipo di stereotipo e clichè, ignorando rima o metrica, massacrando strutture e regole non scritte della discografia più commerciale, Le Luci Della Centrale Elettrica taglia tutti i ponti con il mercato presente e futuro, inventandosi un “isola-discarica che non c’è” su cui abitare e dalla quale poter raccontare il mondo dei sopravviventi, degli illusi e disillusi, incorniciando le deformità del quotidiano nelle sue canzoni da quattro accordi scarnificati.
La sua voce ricorda indubbiamente il grande urlatore che fu Rino Gaetano, che in fin dei conti è il cantautore la cui influenza emerge con più frequenza lungo tutta la durata del disco, ma il modo sofferto e straziato di cantare di Vasco Brondi e la sua straordinariamente attuale percezione delle cose, riescono comunque a costruire una solida e ruvida personalità, contribuendo a renderlo ancor più vero, unico.
Mai come questa volta si può descrivere un disco come “musica della strada” che raccoglie marciapiedi, appartamenti subaffittati, lacrimogeni, fori dei piercing, insegne di supermercati, spacciatori, ponti bombardati, scontrini dimenticati, diramazioni autostradali, madonne anoressiche (e la lista potrebbe proseguire per chilometri) ospitando in sé tutto quegli elementi e quelle situazioni che le persone assuefatte ignorano, lasciandosi scorrere intorno un fiume immenso e perpetuo di detriti, di scarti, di sogni nati storti che tra le mani di Vasco Brondi diventano qualcosa di cui cantare, investite di un ruolo inedito e prezioso.
Un immaginario che tuttavia non nasce da solo, ma che si ispira e si affianca al lavoro di Gipi, disegnatore dal background proletario ed incazzato che è anche l’autore della copertina di questo disco, un personaggio dotato della medesima sensibilità e della stessa fame di cruda realtà che striscia in ogni canzone di Le Luci Della Centrale Elettrica.

Mi raccomando, non crediate che la musica contenuta in questo disco non sia violenta o inquietante, non riesca a farvi accapponare la pelle o attraversarvi il cuore come fil di ferro arrugginito solo perché suonata con una semplice e solitaria chitarra acustica.
Canzoni Da Spiaggia Deturpata è il tipico disco che, se ascoltato da bigotti e benpensanti, li costringerebbe a tapparsi le orecchie e strizzare gli occhi perché “se non lo senti e non lo vedi allora non esiste”, tanto e reale il senso di malessere e di desolante alienazione che riesce a trasmettere.
Volendo trovare dei punti deboli si potrebbe dire che se non fosse cantato in italiano potremmo tranquillamente ignorarlo, che raccontare di una società guasta e malata terminale non può avere lo stesso effetto per sempre, o che magari inquinare il tutto con qualche melodia in più non avrebbe infastidito nessuno.
Ma queste lamentele ipotizzate non fanno altro che spingermi a pensare che cosa si inventerà Vasco Brondi per il suo prevedibile secondo disco.
E’ ancora troppo presto per definirlo l’erede moderno di De André e Rino Gaetano, ma ciò sicuramente non toglie che questo disco sia una piccola rivoluzione per il panorama discografico italiano, addirittura troppo intelligente ed acuto per poter infastidire il mainstream radiofonico o televisivo, e forse è veramente questo il suo più grande, incurabile difetto.

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