Voto: 
6.7 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Nuclear Blast
Anno: 
2012
Line-Up: 

Ventor - Drums 

Sami Yli-Sirniö - Guitars, Guitars (acoustic), Vocals (backing) 

Christian "Speesy" Giesler - Bass 

Mille Petrozza – Vocals, guitar

Tracklist: 

 1. Mars Mantra  01:18    

2. Phantom Antichrist  04:31  

3. Death to the World  04:53  

4. From Flood into Fire  05:26  

5. Civilization Collapse  04:13  

6. United in Hate  04:31  

7. The Few, the Proud, the Broken  04:37  

8. Your Heaven, My Hell  05:53  

9. Victory Will Come  04:14  

10. Until Our Paths Cross Again  05:49

Kreator

Phantom Antichrist

Il nuovo corso della band di Mille Petrozza ha retto finché ha retto. Dalla pubblicazione di quel terremotante Violent Revolution ne è passato di tempo; undici anni per la precisione e da allora i Kreator grossomodo si sono sempre mantenuti su buoni livelli. Enemy of God prima e Hordes of Chaos dopo, continuarono un percorso che vedeva la band attingere in modo parsimonioso da album sperimentali quali Endorama ed Outcast al fin di creare un ottimo ibrido di violenza e melodia. L’aggressività non lasciava mai spazio eccessivo ad un’accessibilità solamente di contorno, la quale non si imponeva mai di prepotenza.Ora, seppur Phantom Antichrist potrebbe essere tacciato di eccessiva accessibilità, il problema non risiede strettamente qui. Certo, una vena melodica eccessiva ha contribuito in questo caso a smantellare le fondamenta che ogni teutonic thrash metal band dovrebbe avere, soprattutto se si parla dei Kreator, tuttavia la carenza di idee compie il danno maggiore su questo nuovo lavoro.

Andando per ordine, possiamo cominciare dicendo che la produzione possiede la stessa potenza delle ultime ascoltate sui loro lavori e dal punto di vista della struttura delle tracce, esse sovente hanno un inizio cadenzato e melodico per poi esplodere successivamente. Anche durante le parti maggiormente frontali, i Kreator 2012 esaltano parecchio la melodia, attingendo persino dal power metal in più frangenti. Se la sezione ritmica martella a dovere, complice un Ventor molto efficace dietro le pelli, la fase solista della chitarra di Sami Yli-Sirniö sfoggia uno stile decisamente meno thrash metal per il suo apporto di melodie. Se nel recente passato, le introduzioni arpeggiate o gli stacchi centrali con la voce sussurrata di Mille rivestivano un’importanza tale da occupare al massimo tre tracce, su Phantom Antichrist il discorso è ben diverso e, in più, il tutto scorre via senza sorprese e senza esaltare.

L’introduzione tipicamente Outcastiana di Mars Mantra presto lascia spazio alla title-track, la quale oltre ad essere la traccia migliore dell’album, mostra un riffing veloce ma anche spruzzato di quello stile che ritroveremo sovente sull’album. L’ugola di Mille raschia a dovere mentre le chitarre si destreggiano con perizia tra gli uptempo e le veloci sferzate di doppia cassa. Il ritornello di facile presa ed i tempi medi con il solismo barocco della sei corde sono lì per fare presa e non lo si può negare.Con la successiva Death to the World alcune influenze leggermente più moderne si fanno spazio tra i riff in tempi medi, anche se il ritornello ci fa ritornare indietro nel tempo di parecchi anni grazie alla sua schizofrenia. Non mancano i fraseggi epici nel bel mezzo della sua struttura e così ci accingiamo ad ascoltare anche From Flood into Fire, emblema dell’accentuata vena melodica che crea solo sbrodolamenti. Un ritornello volutamente zuccheroso e linee chitarristiche in perenne solismo epico stordiscono e, oltretutto, non mostrano nulla di eccezionale a livello di inventiva. A chiudere la prima metà del disco ci pensa una maggiormente diretta Civilization Collapse, traccia che nella sua potenza non mostra nulla di rilevante e che viene sporcata un’altra volta dalle linee melodiche, ancor meno necessarie in questo caso.

United in Hate inaugura la seconda metà del lavoro e lo fa tramite un’introduzione in arpeggio molto pacata fino a quando il vero thrash spunta allo scoperto con tempi veloci e riff serrati. Ancora una volta il ritornello si frega di influenze tipicamente heavy metal per svettare in orecchiabilità sul resto di una canzone più riuscita delle precedenti. The Few, the Proud, the Broken è probabilmente la canzone che mostra le maggiori influenze provenienti dalla metà degli anni 90, specialmente per l’aura oscura e al limite del gothic quando il tremolo accompagna il ritornello. Le venature NWOBHM non demordono e così le ritroviamo in dosi massicce anche con Your Heaven, My Hell, traccia prolissa e troppo accessibile.La carenza di idee è ormai palese ed ascoltando anche Victory Will Come non posso che rimanere sulle mie idee giacché la sua struttura annovera sempre un ritornello melodico ed un solismo in puro stile heavy da alternare a momenti più diretti, senza variazioni o sorprese. Come traccia per terminare il lavoro, Until Our Paths Cross Again mostra ancora una volta un’introduzione atmosferica ed un andamento prevalentemente su tempi medi. I fraseggi e gli stacchi arpeggiati si alternano sovente e a nulla serve la breve sfuriata centrale. Il gruppo pare stanco e sempre più a corto di idee in un disco che regge a grossomodo a metà, e neanche completamente.

Traendo le mie conclusioni, posso dire che la pecca maggiore di questo disco è l’inaridimento di idee. Certamente fa strano sentire i Kreator inglobare atmosfere e melodie tipiche del power metal tedesco, ma non per questo il mio voto scende. Diciamo che la loro eccessiva presenza e la mancanza di idee elettrizzanti creano il giusto terreno per una mezza delusione da parte del sottoscritto. La verve sembra momentaneamente  diminuita ma può darsi che Phantom Antichrist sia solo un album di transizione. Vedremo.

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