Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Filippo Morini
Genere: 
Etichetta: 
Autoproduzione
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Filippo Ambrosini - batteria
- Riccardo Bortolotto - chitarra
- Federico De Gobbi - chitarra/voce
- Giovanni schiavotto - voce- Alberto Zambotto - basso

Tracklist: 

1. In My Hell
2. Hateverything
3. Too many years In the Cage Of mind
4. 7 Steps to die

Kid on Moon

Kid on Moon

Non ricercano ovviamente l’originalità a tutti i costi, suoni inediti, innovative manipolazioni della melodia o influenze troppo remote, ma i Kid On Moon si dilettano con tutto rispetto ad un corposo e ben suonato Hard core melodico di matrice californiana inquinato da influenze Emo talvolta abbastanza evidenti.

Ora, ciò che ha portato la band a “differenziarsi all’interno dello stile Hard core affermando una propria definita personalità” (così come riportato nella bio allegata) non è ancora ben chiaro, considerato soprattutto il successo che sta oggi riscuotendo questo stile e questo tipo di gruppi, causando la formazione di centinaia di band dai suoni identici ma rivendicanti una, evidentemente ben nascosta , originale personalità.
Ma evitiamo di dilungarci eccessivamente a proposito di una discussione che difficilmente troverà una conclusione definitiva ed oggettiva, e parliamo un po’ delle canzoni qui proposte:
In My Hell scoppietta sotto il palm muting delle chitarre ultradistorte fino alla tipica apertura corale a due voci del ritornello, melodico e piacevole ma reso più ispido dalle urla crepitanti di richiamo Screamo che funestano l’orecchiabilità del tutto.
Hateverything ci ripropone lo stesso tipo di canzone con la stessa struttura, le stesse urla rancide alternate al cantato pulito e teso, le stesse chitarre stoppate che esplodono nel ritornello, il tutto leggermente più movimentato e rabbioso, introdotto da un intro di chitarra lo-fi affettata da un adeguato tremolo.
Si passa a Too many Yers In the Cage Of Mind ed il teorema che regola gli spazi entro i quali devono muoversi voce e strumenti non cambia di una virgola, sebbene le differenze a livello di pura linea melodica si avvertono, smorzando di quel che basta la rabbia e lasciando fluire più liberamente la semplicità e l’immediatezza che si riversano completamente nel chorus, introdotto da una bella progressione di accordi di chitarra che ci gettano tra atmosfere più accessibili e debitrici di gruppi come i Millencolin.
L’apparente pesantezza che introduce 7 Steps To Die non deve ingannare, poiché gli ingredienti che caratterizzavano i precedenti pezzi si ritrovano tutti anche qui, anche se giunti a questo punto si sente un po’ la mancanza di idee e soprattutto la capacità di differenziare canzoni di questo tipo senza snaturarne l’essenza.
L’impegno e le piccole trovate ci sono, ma non bastano per colorare ogni pezzo di tinte diverse rendendolo “autonomo” e totalmente apprezzabile anche in un contesto più ristretto, come quello di questo Mini Cd.

Tuttavia gli arrangiamenti, al tecnica, la sicurezza, la rabbia e la melodia che arricchiscono questi pezzi sono tutti elementi indispensabili e qui ben espressi, bilanciando adeguatamente i vari “settori” che compongono i singoli pezzi con stacchi e cambi di tempo che evidenziano una certa esperienza da parte della band.
Ciò che sembra mancare è la tanto decantata “personalità” dell’inizio, poiché sia il timbro delle voci che il suono delle distorsioni delle chitarre sembrano rifarsi troppo ai celebrati esempi americani, per non parlare delle parti di batteria (adatte, ma già sentite un milione di volte) e del basso, come al solito, assolutamente inesistente.

Buona prova, ma un integrazione maggiore degli strumenti che non siano le solite chitarrone corpose ultradistorte è necessaria, così come una maggiore elaborazione dei pezzi che, quasi sempre, ne è una naturale conseguenza.

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