Voto: 
6.8 / 10
Autore: 
Davide Merli
Genere: 
Etichetta: 
Lion Music/Frontiers
Anno: 
2005
Line-Up: 

- Randy Mattheisson - basso

- Chase Culp - batteria

- Kendall Torrey - voce

- James Byrd - chitarra




Tracklist: 


1. Prelude In Sea
2. Metatron
3. Heaven On Their Minds
4. Shot Down In Flames
5. In My Darkest Hour
6. The Hunted Heretic
7. Jane
8. Get Free
9. Storm King
10. Bolero - No.46 Mvt. 3
11. Goodbye My Love
12. Going Home

James Byrd's Atlantis Rising

Crimes Of Virtuosity

Ci troviamo ad un disco datato 1998 e poi rimasterizzato già nel 2000 con l’aggiunta di bonustrack e che ora rivede la luce per la terza volta presentando una tracklist che è una via di mezzo tra quelle delle due versioni precedenti.
Crimes Of Virtuosity è la sesta uscita ufficiale targata James Byrd, eccentrico chitarrista americano che tra l’altro, per curiosità, è anche un produttore di un marchio di chitarre elettriche dal fantasioso nome Byrd.
Come possiamo facilmente immaginare, il disco in questione è un ennesimo tributo alla tecnica iperveloce e funambolica che ha come chiaro e costante punto di riferimento il buon vecchio Yngwie Malmsteen: infatti tutti gli assoli di questo lavoro sono tutti chiaramente di stampo malmsteeniano sia per la velocità che per la pulizia con la quale vengono eseguiti.
Il problema di questi dischi è sempre quello emotivo, ovvero il fatto che troppa tecnica spesso finisce per non lasciare il segno nella mente dell’ ascoltatore e ciò rende l'album piatto e privo di sentimento: certi pezzi appaiono al primo impatto tecnici e belli ma se si snocciola la loro struttura ci si accorge che in realtà abbiamo di fronte brani deboli ben cammuffati con assoli alla velocità della luce.
Un'ulteriore cosa da premettere è il fatto che questo James Byrd ci sa davvero fare con la sei corde dimostrando in continuazione il suo enorme bagaglio tecnico e di conseguenza pare davvero sprecato come musicista singolo (come Malmsteen ha la sua Rising Force, Byrd ha la sua Atlantis Rising, ma alla fine sono praticamente session members) e sarebbe meglio che si arruolasse in qualche gruppo di un certo livello perché una chitarrista con una tecnica del genere farebbe gola a qualsiasi formazione.

Ora però passiamo ad un analisi più approfondita del disco per capire bene cosa abbiamo di fronte.
Inanzitutto molti definiscono questo disco Progressive Metal ma, come si può chiaramente riscontrare dall’ascolto, Progressive non è: diciamo che è praticamente identico nello stile ad Yngwie Malmsteen quindi è meglio definirlo Neoclassico.
Infatti fin dal primo pezzo, ovvero Metatron, troviamo un Metal neoclassico spudoratamente ispirato al maestro svedese dei solos più amato/odiato sulla terra. Il pezzo, nonostante ciò, è molto godibile e ben strutturato con una parte vocale energica ed accattivante, e l’eccentrico Byrd che si perde in migliaia di scale alla velocità della luce.
Heaven On The Minds inizia con dei suoni medio-orientali per poi intricarsi in duetti voce/chitarra che alla lunga però stancano. Tralasciando quindi i vari solos il pezzo si mostra abbastanza noioso e piatto e lascia indifferente l’ascoltatore sotto ogni punto di vista.
Le cose migliorano con la successiva Shot Down In Flames che si presenta anche lei molto contorta dagli assoli ma godibile, con i solito riferimenti al buon Lars Yngwie Johann Lannerbach Malmsteen.
La ballata In My Darkest Hour è carina anche se un po’ ruffiana: Byrd prende in mano una chitarra acustica e riesce in maniera più che decente a dare un po’ di espressività a tutti gli assoli, anche questi velocissimi ma maledettamente puliti.

La stessa cosa non si può dire della ballata successiva The Hunted Heretic, decisamente più tirata e forzata, dove Byrd non sempre ha gusto nell’inserire gli assoli, a volte davvero troppo rapidi per il ritmo del pezzo.
Molto bella invece è la successiva Jane, canzone interamente strumentale composta e suonata in maniera magistrale da Byrd, che finalmente trova il giusto compromesso tra tecnica ed espressività con assoli paurosi e taglienti e stacchi di chitarra classica azzeccati e di buon gusto.
Get Free è forse la track più scontata del lotto in quanto appare fin dal primo ascolto banale in quanto a struttura ma nonostante questo si tratta di una canzone carina ed energica.
La successiva Storm King è forse il pezzo nel quale meglio convivono la tecnica e la melodia ed il risultato è una buonissima canzone Heavy Metal con qualche riferimento Prog qua e là. Il pezzo si mostra buono già dal primo ascolto ma cresce con l’aumentare di ascolti.
A questo punto ci troviamo di fronte all’atipica Bolero n.46 MVT. 3, ovvero un bolero reinterpretato in chiave moderna da Byrd, molto ben riuscito e piacevole. Naturalmente non è difficile accostare per l’ennesima volta questo chitarrista americano al buon vecchio Malmsteen, vero esperto di queste sperimentazioni.
Nettamente più scontata appare la successiva Goodbye My Love, canzone sempliciotta resa almeno ascoltabile dagli assoli ma che è davvero poca cosa.
Coming Home è forse la canzone con più spunti Progressive Metal del discom dove si distingue il marchio inconfondibile dei Symphony X: è un episodio molto veloce, strutturato come se fosse una cavalcata dove la voce del cantante merita almeno di esser citata non per la sua eccezionalità ma perché comunque si dimostra almeno sempre azzeccata ai pezzi che Byrd in questo disco ci ha proposto.

Un volta spento il lettore cosa rimane però nella nostra testa? Nulla, se non una moltitudine di scale iperveloci che alla fine oscurano almeno il 70% complessivo e questa è una cosa negativa.
Il voto? Disco buono e godibile per gli amanti della tecnica ma che risulta né carne né pesce per piacere ad un audience diversa da questa. Troppo insipido per piacere a tutti.

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