Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Nuclear Blast/Audioglobe
Anno: 
2009
Line-Up: 

- Abbath - voce, chitarra
- Apollyon - basso
- Horgh - batteria
- Demonaz - testi
 

Tracklist: 



1. All Shall Fall (05:58)
2. The Rise of Darkness (05:47)
3. Hordes To War (04:32)
4. Norden On Fire (06:15)
5. Arctic Swarm (04:01)
6. Mount North (05:07)
7. Unearthly Kingdom (08:30)

Immortal

All Shall Fall

Sette anni sono passati dall’ultimo affresco del lontano Nord da parte degli alfieri del gelo sotto forma musicale, gli Immortal. Sons of Northern Darkness ci lasciava una band in forma incredibile che di lì a poco si sarebbe sciolta per grande tristezza dei numerosi fan sparsi nel mondo. Di tempo ne è passato e la loro tanto vociferata reunion diventò realtà tre anni fa. Da allora gli Immortal fecero vari concerti e man mano che il tempo passava, si poteva immaginare che sarebbero prima o poi tornati per portare il gelo della Norvegia nelle nostre orecchie con un album nuovo. Ancora pronti ad accoglierli con la felicità e l’impazienza di un bambino che scarta il regalo di Natale, Abbath, Horgh e Apollyon tornano e lo fanno con questo All Shall Fall. Il titolo scelto incute volontariamente timore e vuole invocare una sorta di ritorno in pompa magna. A dirla tutta, il nuovo disco non si ritrova a competere con veri dipinti musicali del Nord quali At The Heart of Winter e Sons of Northern Darkness, pur essendo un album black di alto livello.  

Le lunghe attese riempiono di buone speranze che, a volte, portano a considerare un buon album come un semplice prodotto di routine. Questo è il pensiero che bisogna fare con All Shall Fall. Gli Immortal sono tornati ma sono passati un po’ di anni e coloro i quali aspettavano un capolavoro potrebbero rimanere delusi poiché le canzoni qui sono meno ispirate, seppur buone. Si sente tanto la differenza dopo certi capolavori ed è normale, ma tutti gli elementi che contraddistinguono il sound degli Immortal sono qui: chitarre fredde e taglienti come il vento gelato di una bufera invernale, la voce di Abbath che, seppur non ai massimi livelli riesce a reggere la prova e la batteria di Horgh a dare il suo tocco potente e vario. Tuttavia, il nuovo album apporta anche qualche modifica, persino agli elementi succitati, senza snaturarli. Per esempio, la chitarra e la maniera in cui Abbath la suona ha un flavour progressivo che mi fa tornare in mente i primissimi Enslaved, per poi non parlare dell’impronta pesante che un genio come Quorthon lascia anche in questo caso.  

I tempi, generalmente, su questo disco sono meno veloci che in passato anche se la title track mostra tutto il contrario. In questa canzone, al taglio gelido delle chitarre vengono aggiunti parte dei pochi blast beats che troviamo su questo disco. Le sezioni rallentate dal solito taglio epico sono un tantino meno esaltanti e leggermente più comuni, pur riuscendo a trasmettere la sensazione giusta, essendo comunque evocatrici del gelo nordico. L’atmosfera è plumbea grazie ad una grande produzione ad opera del guru Peter Tägtgren, perfetta per gli Immortal anche se le chitarre, essendo più taglienti, hanno perso un po’ di pienezza. È una questione di scelte e qui il tutto suona comunque molto azzeccato. The Rise of Darkness è una lenta marcia che mostra il solito tocco epico ma che si distingue per quella sezione progressive nel mezzo, con tanto di graffiante assolo prima di finire in velocità, anche se le chitarre non si lanciano mai in furiose partenze assieme alla batteria. Sovente la tecnica dell’arpeggio su tonalità distorta è preferita da Abbath poiché riesce a donare la giusta vena fredda ed oscura.  

Hordes of War è un furioso pezzo black/thrash e un po’ a sorpresa, Horgh si assesta su semplici up-tempo per quasi tutta la durata del disco. Le inflessioni leggermente death del riffing fanno tornare in mente le canzoni e lo stile in Damned in Black ed anche qui non mancano le divagazioni progressive per quanto riguarda le ritmiche e alcuni assoli. La lunga Norden of Fire si segnale come una delle migliori tracce sul disco perché pregna di quei classici elementi epici alla Immortal, mentre non esalta Artic Swarm poiché risulta senza mordente seppur dotata di un buon refrain. Ci pensa la lentezza mista ai tratti epici e gelati di Mount North a farci respirare nuovamente il vento freddo che spira dal Nord, rafforzata da un refrain spettacolare che ha come supporto alcune delle linee soliste più riuscite di quest’album. Unearthly Kingdom ci accoglie con le atmosfere cupe, tenebrose delle tastiere per poi proseguire con i tempi lenti, adatti a dare risalto all’atmosfera delle chitarre per porre fine ad un album riuscito ma non spettacolare. 

Gli Immortal del 2009 se lo sono studiati bene questo ritorno e sono riusciti nell’intento di nono deludere ma in qualche modo un leggero amaro in bocca rimane. Detto francamente,  ci si aspettava un capolavoro e così non è stato. Di certo All Shall Fall è migliore di molte uscite black recenti ma non entusiasma più di tanto. Rimane un buon album black metal, ben suonato e strutturato da una band con un’esperienza alle spalle che fa evitare cadute di stile e ci va bene così. Forse.   
P.S. Da notare la copertina che per la seconda volta non rappresenta i membri del gruppo (la prima era quella di At the Heart of Winter) e che questa volta non presenta neppure il titolo dell’album o il logo della band.     
 

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