Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Roberto Vitale
Genere: 
Etichetta: 
Geffen
Anno: 
1984
Line-Up: 

- Sammy Hagar - Voce Solista
- Neal Schon - Chitarra
- Kenny Aaronson - Basso
- Michael Shrieve - Batteria

Tracklist: 

1. Top of the rock
2. Missing you
3. Animation
4. Valley of the kings
5. Giza
6. Whiter shade of pale
7. Hot and dirty
8. He will understand
9. My hometown

HSAS

Through The Fire

Un autentico gioiellino hard rock, troppo presto dimenticato, realizzato da un vero e proprio supergruppo, composto da musicisti straordinari che in alcuni casi hanno contribuito non poco alle sorti delle rispettive band di appartenenza. Allora, va innanzitutto chiarito che la sigla HSAS non rappresenta altro che la prima lettera dei cognomi facenti parte del progetto: Sammy Hagar, Neal Schon, Kenny Aaronson e Mike Shrieve. Dei primi due si sanno parecchie cose; Hagar, diventato famoso come cantante dei Montrose, si lancerà in una decorosa carriera solista, prima di diventare universalmente noto per avere sostituito David Lee Roth nei Van Halen; Schon è la storica ascia dei Journey, seminale gruppo Aor, che tra i settanta e gli ottanta hanno inciso notevoli album, tutti di grande successo.
Per quanto riguarda il bassista Kenny Aaronson, va detto che è stato componente della hard rock band Dust, per poi dedicarsi al rock progressivo con gli Stories, tuttavia la lista delle sue collaborazioni come session man è praticamente infinita, avendo collaborato con artisti del calibro di Hall & Oates, Leslie West, Rick Derringer, Joan Jett, Billy Idol e Bob Dylan. Infine il batterista Mike Shrieve, dietro le pelli nella prima incarnazione del gruppo di Carlos Santana, band nella quale ha militato per diverso tempo anche Schon, con il quale suonò nello storico concerto di Woodstock del 1969, mentre tra le sue collaborazioni va citata quella con Roger Hodgson, dei Supertramp.
Con questo biglietto da visita, risulta naturale che le composizioni proposte dai quattro non potevano certamente passare inosservate agli appassionati, che effettivamente tributarono un grande successo al disco, soprattutto in America.

Prodotto da Hagar e Schon, il disco si presenta molto omogeneo, suonando molto più hard di quanto ad esempio Schon non avrebbe potuto fare con i Journey, e proprio per questo motivo il chitarrista si sbizzarrisce in una serie di trame e di assoli da urlo, non lasciando nulla per strada, e dando libero sfogo alla sua voglia di fare musica, senza alcuna costrizione di sorta.
A dimostrazione di ciò basta ascoltare la opener Top of the rock, con quel riff iniziale che ti rimane stampato in testa dopo pochi secondi e che unisce semplicità, vera dote dei grandi chitarristi, e potenza. Il brano tuttavia più metallico compreso nella raccolta è sicuramente Hot and dirty, dove ancora Schon è l'autentico mattatore, con una serie di assoli al fulmicotone.
Di contro Sammy Hagar conferma le sue splendide capacità vocali, che impreziosicono la cover del celeberrimo brano dei Procol Harum, quella A whiter shade of pale di cui tutti, proprio tutti, riconosciamo a memoria il ritornello. Se questi tre brani elencati rappresentano sicuramente il top del disco, vi sono tuttavia altri episodi che vanno ben oltre la piena sufficienza, come la cadenzata Animation, la misteriosa Valley of the King, e le più formali Missing you, He will understand e My hometown, che mettono comunque in mostra l'immensa classe della band.
Va sottolineato il fatto che il disco non è stato inciso in studio, come ad un primo ascolto potrebbe apparire, ma durante due concerti tenuti dalla band a San Francisco. Risulta tuttavia sorprendente l'assenza di qualsiasi effetto del pubblico, presente in gran numero alle esibizioni, che è stato completamente eliminato grazie ad un sapiente uso della teconologia.

Through The Fire è naturalmente consigliatissimo a tutti coloro che amano le sonorità tipicamente americane, in quanto sono presenti in dosi massicce quelle caratteristiche che hanno reso famosi soprattutto Hagar e Schon; certo, in questo album non si trovano sicuramente tracce o influenze dei Journey, tanto per fare un esempio, ma solido hard rock, tirato a lucido. Si tratta di un disco registrato per puro e semplice divertimento, forse nemmeno i musicisti coinvolti pensavano che poi, alla lunga, sarebbe diventato quel gioiellino di cui si è parlato ad inizio recensione.

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