Voto: 
8.2 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Etichetta: 
Constellation
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Mike Moya - Voce, Chitarra
- Harris Newman - Chitarra Acustica, Elettronica
- Eric Craven - Batteria, Percussioni
- Brooke Crouser - Organo, Chitarra, Effetti

Tracklist: 

1. Entre la mer et l'eau douce
2. Beau Village
3. The Orchard
4. Tomorrow Winter Comes
5. Haunted Pluckley
6. Hechicero del Bosque
7. Saturn Of Chagrin
8. Kotori
9.Holiday

Hrsta

Ghosts Will Come And Kiss Our Eyes

Che la Constellation sia una delle case discografiche più attive e interessate a valorizzare il panorama sperimentale odierno, è un dato di fatto. Diventata quasi un rifugio, un nido per le giovani band, specialmente di matrice post rock, l'etichetta canadese, nel corso della decade passata dalla sua nascita, si è innalzata a vero e proprio pilastro diventando, assieme alla Kranky, quello che la Warp ha rappresentato per l'esplosione totale della musica elettronica.
Non si può per questo nè svalutare nè tantomeno nascondere il valore e l'importanza che essa ha avuto nel valorizzare quelli che risultano essere i più interessanti esperimenti rock degli ultimi anni. Nel calderone Constellation spiccano, oltre agli ormai celebri Godspeed You! Black Emperor, A Silver Mt. Zion e Do Make Say Think, nuove ed affascinanti esperienze musicali che si vanno ad affiancare alle leggende della scuola di Montreal: gli Hrsta sono tra questi, e non è difficile capirne il perchè. Dietro il misterioso nome si cela infatti quel Mike Moya che già abbiamo potuto vedere in azione con GY!BE e Set Fire To Flames e, se non sono bastati i lavori in cui Moya è apparso, allora Ghosts Will Come And Kiss Our Eyes metterà in luce, una volta per tutte, l'originalità e il genio di questo musicista unico ed estremamente peculiare.

Moya alza finalmente le gabbie e lascia correre il suo spirito creativo senza limitazioni e recinti stilistici, senza il timore di sbagliare o di fare un passo falso, senza la paura di potere o non poter piacere. L'ultimo nato in casa Hrsta è l'esplosione definitiva del talento di Moya perchè, se i precedenti L'éclat du ciel était insoutenable (2001) e Stem Stem In Electro (2005) risultavano incatenati a costruzioni già usate e poco originali, Ghosts Will Come And Kiss Our Eyes si pone come il lavoro più libero, onirico e personale del combo canadese, o meglio, di Moya. Sospesa in un etere trasparente e informe, la musica degli Hrsta è un continuo vagabondare tra psichedelia, ambient e un post rock che risente sempre meno della pressante lezione della scuola di Montreal, di quell'insegnamento di cui miriadi di band odierne risentono e che in pochi sono riusciti a superare. Negli Hrsta la dimensione post rock viene smussata, frammentata e ricomposta attraverso un mood atmosferisco incredibile, straordinario. Hechicero del Bosque, perla assoluta del disco, è la perfetta simbiosi dei disparati elementi stilistici che compongono l'esoscheletro della band: l'atmosfera intera è avvolta negli aloni di una psichedelia in pieno stile Pink Floyd che passa dalla quiete più assoluta alle esplosioni strumentali più forti e disturbanti in cui l'unione tra tastiere e chitarre (chitarre!?) si compie in maniera superba e travolgente.

Ogni canzone del disco porta con sè sapori e colori diversi che convergono contemporaneamente in un caleidoscopio fatto di suoni imperfetti, sogni distorti e visioni sbiadite: gli Hrsta si dimostrano versatili ed efficaci nell'adattarsi a qualsiasi superficie sonora, come dimostrano le distensioni della lenta The Orchard, i raffinatissimi intrecci strumentali di Beau Village lo sconfinato mare ambient in cui sprofonda Tomorrow Winter Comes, le equilibrate tessiture neofolk di Haunted Pluckley o ancora i malinconici toni della conclusiva Holiday che tanto ricordano le tristezze e i tormenti interiori del Nick Cave di No More Shall We Part.

Il tutto è sospeso in un'atmosfera impalpabile e caliginosa, una nebbia della perdizione in cui si cala nell'apnea più totale per uscirne poi completamente scombussolati, con l'anima spezzettata e distorta come in un quadro del Braque più radicale. Ma la definitiva e ultimata espressione del sound Hrsta ancora deve compiersi perchè gli oscuri timbri di Saturn Of Chagrin ancora devono fare il loro silenzioso ingresso: la canzone è un continuo apparire e svanire di chitarre ululanti e fantasmagoriche, tastiere soffuse e spettrali, timbri inquietanti in stile Labradford ma ancora più carichi di un'intensità ipnotica ai limiti dell'irreale. Potrà risultare noioso, estremamente lento e incapace di colpire, ma una volta che si trova la giusta porta d'ingresso per questo giardino sperduto, apparirà automaticamente la volontà di non trovarne mai più l'uscita. Il malsano Eden che Moya ha costruito rappresenta una delle più strabilianti creazioni in ambito sperimentale del 2007, un'evocazione dei desideri e dei sogni più reconditi che nessuno ha il coraggio di esprimere ma che per forza, in un modo o nell'altro, vengono fuori. Che i fantasmi giungano a baciare i nostri occhi per immergerci in questo sonno senza risveglio.


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