Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Emanuele Pavia
Genere: 
Etichetta: 
Autoproduzione
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Andrea Barlotti - chitarra
- Alessandro Trerè - basso, voce
- Ermes Pianastelli - batteria

Tracklist: 


1. Machumba
2. Imargem
3. Aragosta vs Panther
4. **
5. Nicotine
6. Bugs
7. 1 to 65
8. ***
9. Sputnik

Herba Mate

The Jellyfish Is Dead and the Hurricane Is Coming

Gli Herba Mate sono una band rock italiana nata nel 2001 per opera di tre amici, Alessandro Trerè, Andrea Barlotti ed Ermes Piancastelli, in provincia di Ravenna. Dopo aver partecipato ad alcuni concorsi ed essersi esibiti live, e dopo aver registrato alcuni pezzi composti dal gruppo per l'EP A Desert Section del 2005, nel 2008 decidono di registrare nuovamente un EP live per consolidare le nuove idee della band emerse nel periodo. Poco prima di entrare in studio, però, vengono composti molti pezzi che cambiano le intenzioni del complesso, che decide di registrare quindi un full-length, questo The Jellyfish Is Dead and the Hurricane Is Coming.

Questo disco mostra una band intenzionata a sperimentare con i propri strumenti (complice l'approccio "live" originario che rimane determinante per il sound degli Herba Mate, infatti il disco è registrato in presa diretta), che si diletta con distorsioni granitiche, sfrutta vari tipi di amplificazione per gli strumenti, ricerca diversi suoni ed effetti e compone senza seguire una struttura ben precisa, aggiungendo al tutto una marcata propensione del complesso per uno stoner dalle forti tinte psichedeliche, che ricorda grandi nomi della scena (prima di tutti i Kyuss, ma anche Queens of the Stone Age e Colour Haze), senza risultare comunque come semplici fotocopie senza personalità. E infatti il disco risulta molto piacevole e interessante fin dal primo ascolto.

Il disco si apre con Machumba, breve pezzo che non è altro che una preparazione per l'album: si sentono voci sconnesse su un arpeggio pulito, che continuano per circa un minuto prima che si senta il rumore di alcuni cavi jack che vengono collegati agli amplificatori. Così comincia Imargem, allucinata strumentale dove risaltano le influenze psichedeliche della band che improvvisa su un pezzo musicale roccioso e pesante, su cui fa capolino la chitarra quasi spaziale. La successiva Aragosta Vs. Panther parte in quarta con un riff duro ma non per questo poco melodico, su cui si sente per la prima volta la voce di Trerè che alterna momenti sporchi e più violenti, ad altri in cui la sua voce si perde nel tessuto psichedelico delle chitarre.
Dalla seconda metà il pezzo si evolve in modo più melodico e atmosferico, per poi ritornare al riff iniziale a pochi secondi dalla conclusione. Con ** gli Herba Mate continuano sulla scia del pezzo precedente, alternando riff tipicamente stoner, su cui troneggia la voce di Treré, a digressioni più melodiche o psichedeliche. Dalla seconda metà del disco, la struttura dei brani si fa molto più libera: Nicotine si presenta molto più fuori dagli schemi fin dall'inizio, gli strumenti si confondono, creando grazie a effetti di distorsione e di feedback particolari degli strani effetti rumorosi, che poi cedono il passo a un brano improvvisato senza una struttura definita, caratterizzato da numerosi cambi di melodie facendo prevalere ora l'impronta atmosferica, ora l'impronta stoner. Con Bugs si prosegue sul sentiero dell'improvvisazione, e anche qui l'introduzione è affidata a strani e inquietanti rumori, che poi lasciano spazio a un riff pesante e accattivante, su cui vengono attuate variazioni - seppur in modo meno radicale rispetto alla precedente Nicotine -. 1 to 65 dopo un'introduzione di matrice psichedelica sembra ritornare a una struttura più vicina a quella dei primi brani, con un muro sonoro strumentale sormontato dal cantato, ma si perde successivamente nell'improvvisazione nella seconda metà del pezzo. *** è un altro pezzo strumentale, in cui chitarra e sezione ritmica compiono un egregio lavoro nel comporre un brano omogeneo senza comunque risultare ripetitivo o monotono grazie alle molte variazioni; chiude infine Sputnik, il pezzo più psichedelico di tutto l'album, come ben si nota dalla iniziale sezione rumorosa e opprimente (che sembra debitrice del krautrock anni '70) che persiste fino all'entrata in scena di un arpeggio acustico, ben lontano dallo stile delle tracce precedenti, che si slega in numerose variazioni fino alla fine del disco, risultando come uno dei momenti più alti dell'album.

The Jellyfish Is Dead and the Hurricane Is Coming è in definitiva un lavoro ben riuscito di una band che s'è dimostrata ben capace di raccogliere le proprie influenze in modo da dar vita a un disco ben suonato e con buone idee ben sviluppate, che non lascerà delusi gli amanti del genere.

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