Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Mascot
Anno: 
2010
Line-Up: 



- David White (aka David Godfrey) - Vocals
- Lee Altus - Guitar
- Kragen Lum - Guitar
- Jon Torres - Bass
- Darren Minter – Drums
 

Tracklist: 

1. Intro 01:21 
2. Dying Season 05:41 
3. Control by Chaos 07:09 
4. No Stone Unturned 11:10 
5. Arrows of Agony 06:40
6. Fade Away 05:45 
7. A Hero's Welcome 06:52 
8. Undone 06:42 
9. Bloodkult 04:31 
10. Red Tears of Disgrace 05:52 
11. Silent Nothingness 06:51

Heathen

The Evolution of Chaos

Diciannove anni. Provate a pensare: diciannove anni di semi silenzio per gli Heathen e di colpo, eccoli qui tra di noi con un nuovo lavoro di thrash vecchia maniera. L’ultimo album di questa sempre troppo sottovalutata band risale addirittura al 1991. Victims of Deception fu un tardo quanto incredibile album di puro thrash metal tecnico in un periodo in cui questo genere stava incominciando a perdere colpi in tutto il mondo. Le influenze groove e l’allora neonato death metal stavano letteralmente uccidendo la genuinità del thrash metal e gli anni 80 sembravano così lontani, seppur non dal punto di vista prettamente temporale. Il 1992 fu l’anno in cui gli Heathen decisero di sciogliersi, anch’essi colpiti duramente dalla crisi che segnò tante altre band thrash in quel periodo. I nostri musicisti ci lasciarono due album di ottimo thrash ed il ricordo di una band che avrebbe potuto raccogliere molto di più. Fortunatamente passati gli anni 90, molte band che spopolavano nell’ambiente thrash anni 80 decisero di riprovarci e tornare alle vecchie sonorità, cercando di mostrare che il genere non era morto. E avevano ragione.

Sodom, Kreator, Slayer, Destruction, Exodus, Overkill, Sacrifice, Hirax e Testament (tra i nomi più famosi) decisero che non tutto era andato perduto e in loro riviveva ancora la vecchia fiamma. Le voci di una possibile reunion anche per gli Heathen si fecero sempre più insistenti e portarono per la nostra gioia alla realizzazione del Demo 2005, ovvero una sorta di prosecuzione musicale del capolavoro del 1991. Tre canzoni solamente ma che canzoni. Il tempo sembrava non essere passato per questi ormai non più giovani musicisti: stessi riffs arrembanti, stesse strutture intricate e con il classico tocco melodico, stessa voce David R. White ancora legata al classico thrash senza contaminazioni e stessa attitudine. Sì, gli Heathen erano tornati e si aspettava solo più un nuovo album. L’attesa è finita e dopo 5 anni, eccolo tra le mani.  The Evolution of Chaos marca il ritorno del gruppo e pur aspettandoci un grande lavoro, esso purtroppo non mostra nulla di eccezionale. Ci tengo a specificare che, ad ogni modo, ci troviamo al cospetto di un disco di indubbia fattura ma che tuttavia, trova la sua debolezza nella mera mancanza di idee del tutto convincenti.

A volte non bisogna farsi troppo prendere dalla gioia di un ritorno e cercare di analizzare il prodotto in modo oggettivo. The Evolution of Chaos mostra una band che vuole in tutti i modi cercare di ricalcare i vecchi fasti senza tutta quella grinta e quella fantasia di una volta. L’introduzione del disco è affidata alla cetra suonata da un certo Steve di Giorgio e la successiva Dying Season ne riprende la melodia in chiave thrash con ottimi riffs. La produzione tagliente dona potenza e i mid-tempo in questa canzone sono tra i migliori che potrete trovare su disco. Lee Altus, uno dei sopravvissuti alla formazione originale insieme al singer, svolge un eccelso lavoro in fase solista. Fin qui ci si aspetterebbe un capolavoro e questa idea potrebbe proseguire anche con Control by Chaos se non mostrasse già segni di un lento inaridimento di idee, specialmente per quanto riguarda le sezioni in mid-tempo. Ad ogni modo, l’impronta melodica di alcune sezioni mi ha fatto tornare in mente più volte lo stile del loro debutto, Breaking the Silence. Gli up tempo sono sempre ben eseguiti anche se manca quel quid per far sì che vengano ricordati come quelli di Victims of Deception.

Quando si arriva alla lunga No Stone Unturned si capisce che qualcosa comincia a cedere e la grinta dei primi minuti viene soppiantata da una lunga serie di ripetitivi riffs su mid-tempo. La canzone manca di mordente e fantasia, basando la sua lunga durata su tre o quattro strutture che non rendono. Qui vengono allo scoperto le pesanti influenze dei Metallica di …And Justice for All per quanto riguarda il riffing pieno di groove ed il drumming sincopato. Arrows Of Agony si staziona su tempi leggermente più veloci con discreti riffs ed un ritornello molto catchy. Alcuni duetti di chitarra, come anche nella canzone precedente, mostrano inflessioni classiche dell’heavy metal mentre la decisamente più arrembante Fade Away dona un tocco di velocità, tuttavia senza riuscire neanche a sfiorare i vecchi fasti. Non poteva mancare la solita ballad, qui rappresentata da A Hero’s Wanted, dedicata ai caduti di guerra. Essa si presenta come uno scialbo e oserei dire quasi pacchiano sforzo di imitazione del passato. Debole nelle melodie neanche troppo azzeccate e forzata nelle parti che viaggiano su tempi medi, essa non fa una bella impressione.

La sequenza UndoneBloodkult non sfoggia i denti come dovrebbe e ne avrebbe l’occasione, viste le veloci sferzate che appaiono tra tanti, forse troppi poiché privi di mordente, tempi medi. L’idea è che il gruppo voglia per forza portare al limite canzoni che dovrebbero non superare i tre minuti di lunghezza per quante idee contengono. Manca quel riff da urlo che possa farti rimanere il pezzo incollato nella testa, quello per esempio in Red Tears of Disgrace, dopo la metà. Esso combina grinta e melodia al punto giusto e senza di esso la canzone stessa con avrebbe avuto molto da dire perché classica semi-ballad dall’incedere nostalgico con alcune parti più pesanti a rompere il mood decadente. A dir poco incredibile l’attacco veloce di Silent Nothingness col suo gioco delle asce ad introdurre gli up tempo attraverso un sapiente gioco di stop and go. Questa canzone, a chiusura del disco, mostra una grinta del tutto differente da quella di altri pezzi sul disco e ciò che mi fa arrabbiare é che non mostra nulla di nuovo: i tempi medi ci sono, i riffs arrembanti pure, come anche alcune sezioni acustiche ma tutto è decisamente più fantasioso.

The Evolution of Chaos avrebbe potuto dare molto di più anche se un disco del genere non può deludere le aspettative più di tanto. Si tratta sempre di un discreto disco di thrash che si lascia ascoltare, pur non entrando nella lista delle uscite più eclatanti dell’ultimo anno.

 

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