Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Damiano Cembali
Genere: 
Etichetta: 
Napalm Records/Audioglobe
Anno: 
2009
Line-Up: 

:
- Jonathan “Joller” Albrechtsen - voce
- Peter “Pepe” Lyse Hansen - chitarra
- Jakob Nyholm - chitarra
- Mixen Lindberg - basso
-  Dennis Bulh - batteria

Tracklist: 

:
1. To The Nines (02:27)
2. Backstabber (04:27)
3. Cloaked In Shit (04:30)
4. Clarity (05:19)
5. Even If Kills Me (01:22)
6. Commencing A Campaign (01:11)
7. The Writing's On The Wall (03:18)
8. In The Trenches (03:15)
9. Aurora (04:07)
10. Oceans Of Blood (04:43)

Hatesphere

To the Nines

Un uomo solo in balia degli eventi: così deve essersi sentito Peter Lyse Hansen, detto “Pepe”, quando Anders Gyldenor, Mikael Ehlert Hansen e soprattutto Jacob Bredahl gli hanno annunciato il definitivo abbandono del progetto musicale che da un decennio oramai condividevano. Gli Hatesphere, formazione di punta della scena metal danese e tra le più affermate realtà di un genere in continuo fermento qual è il death, perdevano nel 2007 ben 3 dei loro elementi fondatori: privati in un colpo solo del batterista, del bassista e soprattutto del carismatico e inconfondibile vocalist, il destino della band di Copenhagen era praticamente segnato. Non per Pepe: la mente compositrice e il leader strumentale della band, contando solo ed esclusivamente sulla propria forza di volontà e sul proprio considerevole talento, è riuscito a ricostruire una creatura che sembrava estinta in balia di altri progetti collaterali (lo stesso Jacob Bredahl, fondatore della death metal band Allhelluja, ha abbandonato anche questo progetto proprio quest’anno), dando fiducia ad altri musicisti connazionali (Tennis Buhl dietro le pelli, Mixen Lindberg al basso e Jakob Nyholm alle 6 corde) e soprattutto affidando le redini vocali delle proprie composizione ad un ragazzo giovanissimo alla sua prima esperienza a grandi livelli. Scommessa decisamente vinta: la convincente prestazione di Jacob “Joller” Albrechtsen al microfono è una delle note più positive del nuovo To The Nines, album decisamente al di sopra della media che rinnova le ambizioni internazionali di una band troppo spesso sottovalutata e contestata.

Chiariamo subito un concetto: To The Nines non ricerca alcun tipo di innovazione compositiva, né, al contrario, ricalca in maniera puramente copiativa i precedenti episodi discografici della band. Con estrema onestà intellettuale, gli Hatesphere propongono un death metal drastico e tipicamente nordico, che poggia su una batteria continuamente sospesa fra bellicosi blastbeat in controtempo e puro accompagnamento melodico, senza eccessive variazioni sul tema, a sostegno di un riffing dinamico, graffiante, né magmatico né monocorde, in talune circostanze decisamente ispirato e trascinante. Le indiscutibili capacità di Pepe in fase di songwriting si scontrano inevitabilmente con l’atavica ripetitività di un genere che fa della potenza più massiccia e aggressiva la base del proprio messaggio musicale, ma ciò non significa che ne esca drammaticamente sconfitta: al contrario, episodi quali Backstabber, Cloaked In Shit e la stessa Clarity (tripletta assolutamente entusiasmante, anche per un casuale neofita del death metal), seppur in maniera più moderata, non violano affatto i fondamenti più ristretti del genere, tuttavia li integrano con una subdola e piacevolmente inusuale vena melodica che, solo ed esclusivamente nel corso degli ascolti, si insinua nella mente dell’ascoltatore più distratto mettendolo in condizione di cantare, con un corposo headbanging di sottofondo, dei chorus dalle inattese venature catchy. Non sfugge a un occhio attento che, tra le tracce precedentemente citate, sia rimasta esclusa la titletrack, ovvero To The Nines: nonostante un corpulento video splatter, la scelta di questo brano come primo singolo estratto lascia quantomeno perplessi, visto e considerato che proprio To The Nines è forse l’episodio in assoluto più tradizionale e scontato dell’album, ragion per cui non si vede altro motivo di farne singolo se non quello di riproporsi nel segno della continuità discografica e, soprattutto, con lo scopo di mantenere consolidata la proprio fanbase.

In generale, comunque, la qualità dei brani è piuttosto apprezzabile e, oltre agli episodi precedentemente citati, possiamo inoltrare un plauso a quella fucilata atrofizzante che è Even If It Kills Me, così come alla struttura più complessa della coppia Commencing A Campaign e The Writing’s On The Wall, di cui la prima è epica introduzione strumentale, senza discostarci di un millimetro dal solito connubio di violenza e velocità che è il death metal, pur con qualche intermezzo di fattura meglio assimilabile ad un thrash più soffocante del normale. Purtroppo però, dopo la brillante premessa costituita dalla trilogia di inizio tracklist, l’album subisce un netto calo di tono dando adito ad un’incipiente monotonia che trova parziale soluzione di continuità nella travolgente Aurora, la quale affonda il proprio immediato fascino in un groove sotterraneo di innegabile piacevolezza. La conclusione, affidata alla brutalità di Oceans Of Blood, sopraggiunge in tempo per impedire agli sbadigli di prendere definitivamente possesso della nostra fisionomia facciale, lasciandoci in bocca un retrogusto sufficientemente dolce grazie ad alcuni intermezzi dalle sfumature vagamente epiche in grado di allentare la tensione, spezzare il giogo della ripetitività e ricreare le condizioni più adatte ad un finale tutt’altro che deludente.

In conclusione, viste le premesse tutt’altro che favorevoli all’uscita di questo disco, si può affermare che gli Hatesphere siano riusciti a produrre un album certamente valido, abbastanza ispirato, tecnicamente quasi impeccabile (qualche eccesso nell’uso dei piatti si poteva francamente evitare, tant’è che il suono, così sporcato, perde anche potenza), che saprà certamente fare la gioia di quanti apprezzano un thrash/death metal tradizionale, potente, piacevolmente aspro. Persino la sospettabile brevità dell’album, di fatto composto da soli 8 brani ed un pur godurioso intermezzo, ne impedisce un venirne a noia che certamente avrebbe compromesso il giudizio complessivamente positivo. To The Nines è, in definitiva, un lavoro onesto, sincero, estremamente compatto, che trasuda coerenza, passione e una grande voglia di fare: agli Hatesphere, in tutta sincerità, non avremmo davvero potuto chiedere di meglio.


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