Voto: 
4.7 / 10
Autore: 
Salvo Sciumè
Etichetta: 
Geffen
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Axl Rose - voce, piano
- Dizzy Reed - tastiere, piano, backing vocals
- Robin Finck - chitarra
- Ron "Bumblefoot" Thal - chitarra
- Richard Fortus - chitarra
- Tommy Stinson - basso, backing vocals
- Chris Pitman - tastiere, sintetizzatori, mellotron, backing vocals
- Frank Ferrer - batteria

Tracklist: 

1. Chinese Democracy
2. Shackler's Revenge
3. Better
4. Street Of Dreams
5. If The World
6. There Was A Time
7. Catcher In The Rye
8. Scraped
9. Riad n' The Bedouins
10. Sorry
11. I.R.S.
12. Madagascar
13. This I Love
14. Prostitute

Guns N' Roses

Chinese Democracy

E invece stavolta è proprio vero!
Dopo anni ed anni di annunci e smentite, tanti proclami ed altrettante posticipazioni, è stato finalmente pubblicato lo scorso 23 novembre il sesto studio album dei Guns N' Roses, una delle band di maggior successo degli ultimi decenni, un gruppo che si impose in maniera trasversale e significativa nel panorama rock, ed ancor di più nel circuito mediatico che gli ruota intorno, in quel periodo che va a cavallo tra gli anni '80 e '90.

Chinese Democracy sembrava destinato a restare una eterna bugia, una sorta di leggenda metropolitana o uno spot pubblicitario che avrebbe avuto il solo scopo di non far passare sottovoce un nome che non rischiava comunque di essere dimenticato, e che anzi continuava a mantenersi vivo e vegeto nonostante i ben quindici anni di inattività, intercorsi da quel The Spaghetti Incident? con cui i Guns si erano congedati dal loro pubblico.
Già mitizzato, ancor prima della sua uscita, e non solo per il semplice fatto di rappresentare il ritorno sulle scene dei Guns N' Roses, ma anche per la sua lunga gestazione e per l'elevato costo, l'ultimo disco della band losangelina si potrebbe già, per la sua sola gestazione e le sue sole contraddizioni, fin troppo facilmente esporre a critiche e stroncature prevenute. Ma se siamo qui, è per guardare al nuovo lavoro di Axl Rose per quello che effettivamente è, liberi da qualsiasi esterna valutazione o influenza. Tuttavia, il risultato non è che cambi poi tanto.
E quando si parla di nuovo lavoro di Axl Rose non è affatto un lapsus, ma un semplice ed incontestabile dato di fatto. Infatti siamo di fronte ad un lavoro che non ha nessuna continuità con la storia artistica degli stessi Guns, per cui chi si sarebbe aspettato uno stile che ripercorresse il selvaggio ed elettrizzante sleaze/glam che li contraddistinse da Appetite For Destruction ai dei due capitoli di Use Your Illusion rimarrà ampiamente deluso. Chinese Democracy è figlio proprio delle contraddizioni interne dei Guns N' Roses di diciassette anni fa, e non può essere certo un semplice caso che siano rimasti fuori dalla band quasi tutti i membri originari, ad eccezione dello stesso cantante e di Dizzy Reed.
Axl Rose ha finalmente potuto seguire le sue scelte artistiche, senza più fare i conti con le opposte volontà degli altri ex compagni d'avventura (Slash su tutti, e non che a lui sia poi andata tanto meglio) e virando verso uno stile più eterogeneo, attuale e commerciale, che finisce col confezionare un insulso ed insignificante misto di electro-pop, effetti e modernismi in grande quantità, influenze glam à la Queen e divagazioni alternative che si spingono fino a soluzioni dal vago sapore hip-hop.

Se l'iniziale title-track potrebbe far pensare ad un'evoluzione di questi "falsi" Guns N' Roses verso moderne forme di hard rock, un po' nello stile dell'ultimo Ozzy Osbourne, approdando peraltro a risultati che sfiorano la sufficienza ma non certo eclatanti, già dalla seconda pessima traccia Shackler's Revenge inizia la fiera dell'inutile e dell'insignificante, tappeti elettro-dark abbinati a soluzioni artificiose e spesso anche fastidiose, un brano senza né capo né coda in cui poi inserire un ritornello catchy ed orecchiabile, nella speranza di riuscire a far presa nel più vasto ed eterogeneo pubblico, con la sola esclusione proprio dei loro vecchi fan.
E niente di strano che questo tentativo di accalappiarsi ampie fette di nuovi ascoltatori riesca pure ad Axl Rose, poiché il taglio moderno ed alternative di gran parte dei pezzi proposti, abbinato quasi sempre poi a ritornelli orecchiabili, potrebbe anche essere la giusta ricetta che permetta a questo Chinese Democracy di inserirsi prepotentemente nei maggiori canali di diffusione radio-televisivi, come dimostrano brani quali Better, infarcita di coretti a dir poco fastidiosi, If The World, in possesso di soluzioni dal sapore orientaleggiante e comunque davvero pessima, la quasi nu-metal Scraped, o l'orchestrata Madagascar, l'unica di quelle citate finora a farsi almeno apprezzare pur senza entusiasmare, mentre con Riad n' The Bedouins probabilmente si arriva a raschiare il fondo, spingendosi ad un improbabile mix di Led Zeppelin, Jamiroquai e sonorità funk.

La prestazione di Rose è filtrata e palesemente ritoccata in studio, ma non si può certo negare che sia efficace e persino versatile, mentre un'altra nota positiva arriva in parte dai testi, che vanno oltre le ormai abusate e sterili tematiche del "sex, drug & rock n' roll", ed anzi diventano talvolta tramite per raccontarsi anche con una certa lucidità, proprio come avviene in Prostitute, uno dei tanti lenti più o meno buoni del disco che finiscono poi con il risollevare un tantino un lavoro che altrimenti sarebbe stato una vera e propria debacle artistica per Axl Rose.
Le due ballad Street Of Dreams e Catcher In The Rye, affidate per lo più al piano e alla voce del singer ed in cui maggiormente si sente l'influenza dei Queen, l'oscura e sommessa Sorry, che potrebbe essere confusa con una delle tante ballad dell'ultimo Ozzy Osbourne, le atmosfere meste contrapposte alla voce grintosa e graffiante del cantante nella pur modesta This I Love, sono tra i pochi motivi d'interesse della qui presente release. Sparute e sporadiche presenze del glorioso passato soltanto in un paio di brani, quali There Was A Time o I.R.S., che non a caso alla fine risultano anch'essi tra i migliori.

Era tanta la curiosità che ruotava intorno al nuovo disco griffato Guns N' Roses, per cui è difficile pensare che per Axl e "mutevoli" compagni (tra gli altri anche il chitarrista Buckethead ha partecipato alla preparazione di quest'album) si possa paventare il rischio del flop commerciale, ma di sicuro Chinese Democracy non è il lavoro che i fan o anche i semplici ammiratori dei Guns avevano aspettato per tutti questi anni.
Certo nessuno sperava nel nuovo Appetite For Destruction, e d'altronde chiunque aveva ipotizzato un cambiamento del sound dopo tre lustri di inattività e una line up totalmente rimaneggiata, ma era comunque difficile immaginare un taglio così netto con il proprio passato. A tal punto sarebbe stato più onesto e rispettoso, soprattutto nei riguardi dei vecchi fan, cambiare almeno il moniker. 
Ma forse, in fin dei conti, era meglio se Chinese Democracy fosse rimasto soltanto una bugia.


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