Voto: 
6.8 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
Autoproduzione
Anno: 
2004
Line-Up: 

- Simone Cirani - chitarra

- Mario Farina - voce

- Lorenzo Pini - tastiera

- Daniele Roverato - batteria

- Sara Rossi - voce

- Jacopo Matticchio - basso




Tracklist: 

1. The Sweet Lament Of Delirium

2. Vanity Ablaze

3. The Haunted Lake

4. Memories Of Sorrow

5. Fugue - part I

6. Fugue - part II

7. Deceit

8. Fugue - part III

9. Silent Tears

10. End Of Enchantment

11. Requiem

12. Eternal Love, Eternal Nocturnal Agony

Grinning Shadows

Elegy in Blood

I Grinning Shadows sono una band lombarda che esordisce nel 2004 con il primo full-lenght Elegy in Blood, presentato da una splendida copertina dall’alone inquietante e misterioso: l’atmosfera del disco ricalca questo stile del booklet, in quanto il Gothic proposto è abbastanza originale e dotato di testi profondi e ricercati, che percorrono la tradizione di grandi gruppi introspettivi quali Opeth e Agalloch.
I nove capitoli che compongono Elegy in Blood sono ben strutturati e costituiscono un’alternativa efficace al panorama nord europeo Gothic, sebbene la registrazione risulta impastata nonostante gli sforzi effettuati per distinguere alla perfezione i vari strumenti.
I problemi dal punto di vista del song-writing sono legati all’impiego di soluzioni non sempre convincenti, come l’uso di un growl non ben evoluto a sprazzi o di un cantato cadenzato e tipicamente Doom Metal: i Grinning Shadows sono sì provvisti di un cantante certamente competente, con una bella voce espressiva e in miglioramento, ma le linee melodiche descritte dal cantato devono in futuro essere rivisitate e rese più scorrevoli.

Dopo una breve introduzione strumentale, Vanity Ablaze, disegnata da una tastiera onnipresente durante la lunghezza di tutta l’opera: grandi le influenze dal Gothic francese che per lungo tempo ha dominato incontrastato la scena europea sfornando bands del calibro degli ambientali Dark Sanctuary.
Il growl che immette in The Haunted Lake è proprio il simbolo di quegli elementi che, se non fossero stati inclusi all’interno di ogni canzone, avrebbero consentito un risultato superiore per Elegy in Blood. Da sottolineare l’importanza sia dei giochi di voce femminile, interpretata da Sara Rossi, allontanatasi dalla band dopo l’uscita del cd e rimpiazzata da Silvia Rigoni, sia del tessuto strumentale di ogni brano, non originale ma spesso intricato nelle sezioni barocche di organo e di chitarra.
Trae in inganno il ritmo cadenzato delineato dal clean vocal, un ritmo che non si arresta mai e molto vicino a produzioni Doom alla Lacrimas Profundere.
Alcuni episodi sono costruiti con atmosfere sognanti e collegabili alle sonorità dei nostrani Macbeth, che da anni cercano di suddividere le parti vocali sul tessuto sinfonico creato in sottofondo: un contesto appassionante per la struttura di un disco ben ideato in tutte le sue componenti ma non sviluppato con chiarezza in qualche aspetto.
Temi alla Epica in cui la voce di Sara Rossi raggiunge toni lirici si susseguono nei pezzi successivi, mentre le chitarre e la tastiera a tratti avvolgente e a tratti in primo piano cercano di generare riff adatti e non scontati; purché a volte ripetitivo, Elegy in Blood si distende lungo le nove tracce assumendo timbri strani e indefinibili per lunghi passaggi. Non omogenea e sicura la suddivisione in parti di ogni canzone poiché emergono passaggi discostanti e non ben legati, facendo risultare ciascun brano distaccato al suo interno e non collegato da un filone continuo.

La formazione è ancora giovane e idee innovative prendono forma da questo Elegy in Blood; tuttavia il primo album non definisce di solito una misura di critica nei confronti delle evoluzioni seguenti: perciò aspettiamoci grandi cose da questo combo lombardo che riunisce la tradizione sinfonica dei Tvangeste con le ballate gotiche di ispirazione nordica. Un sound freddo, ben concepito e dotato di testi veramente strepitosi, a cui in futuro si dovrà formare un’architettura musicale altrettanto eccezionale.

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