Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Etichetta: 
Mute
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Alison Goldfrapp - voce e strumenti
- Will Gregory - strumenti e assistente di produzione
 

Tracklist: 

1. Clowns

2. Little Birds

3. Happiness

4. Road to Somewhere

5. Eat Yourself

6. Some People

7. A&E

8. Cologne Cerrone Houdini

9. Caravan Girl

10. Monster Love

Goldfrapp

Seventh Tree

Le metamorfosi stilistiche di Alison Goldfrapp nel corso della sua discografia hanno fatto davvero discutere: dopo aver esordito con una densa, soffusa, incantevole perla di evocatività, densi tappeti atmosferici e vocalizzi malinconici come Felt Mountain, la cantautrice inglese con il suo gruppo ha improvvisamente tramutato tutto in un pop elettronico ammiccante e provocante, fra tonalità danzereccie, atmosfere da club, synthpop acido, electro-clash pungente, un pizzico di glamour ed immagini sensuali e avvenenti, con Black Cherry, per poi approfondire il tutto nel mordace Supernature (con pochi anni di ritardo rispetto ad un'altra cantante: la norvegese Liv Kristine, prima musa dark eterea, poi provocante idol a tempi di synth, electro-pop e industrial).

Totalmente distanti dal primo disco, solo in alcune canzoni c'erano alcuni spunti che vi si potevano ricollegare, tuttavia insufficienti per non lasciare insoddisfatti i fan dell'esordio che si sentirono delusi da un cambiamento tanto radicale. Molti che si sentivano traditi hanno sperato così che Alison tornasse sulle sonorità del debutto... ma avrebbe senso, ormai ad oltre sette anni di distanza, rinnegare incoerentemente il cambiamento avvenuto per riprendere stilemi abbandonati da tempo? Ha senso sentirsi "traditi", quando ogni compositore è libero di cambiare totalmente sonorità seguendo quel che si sente di fare, non avendo inoltre stabilito alcun "accordo" con nessuno su cosa comporre? Certo, è comprensibile un desiderio di ritorno al passato, piuttosto che vedere i Goldfrapp continuare sul nuovo sentiero, vista l'insoddisfazione generata da due dischi tanto controversi, ma non sta scritto da alcuna parte che sia la scelta più "giusta" al di là degli effettivi risultati.
E se invece cercassero un compromesso fra le due strade?

Seventh Tree non è nè l'una nè l'altra via. Attinge però molto dalla prima, senza tuttavia essere una fotocopia del primo disco, e porta con sè alcune cose dai due successivi, senza però essere un ulteriore proseguimento del discorso iniziato con il secondo album, che anzi viene esternamente abbandonato del tutto. Compositivamente, c'è sia un'anima acustica che una elettronica in questo quarto disco della formazione inglese, dove si miscelano scorrevolmente morbide chitarre acustiche, accogliendo in alcuni casi spunti folk-pop, e tastiere leggere di contorno dai risvolti in alcuni casi quasi ambient, una batteria docile e cadenzata e synth fumosi a riempire lo sfondo sonoro degli strumenti. I Goldfrapp si assestano su di un pop fortemente melodico, che guardandosi alle spalle riprende da Felt Mountain l'atmosfericità e l'evocatività (senza però costruire le medesime atmosfere oscure e le stesse distese sonore), come se fosse quel che sarebbe dovuto essere l'ideale seguito del disco del 2001; sembra suggerircelo già l'iniziale Clowns, con i suoi tappeti di tastiere su cui si adagia la chitarra acustica e l'ammaliante voce di Alison, o la cristallina Little Bird, dalle tonalità quasi (con le dovute proporzioni del caso) dream pop per la sua celestialità sonora. In definitiva, se i due precedenti album erano "sensuali" in attitudine e appeal, questo è nettamente più "meditato" e "romantico".
Fra le note, però si nota anche il velato apporto dato dai due dischi successivi, non come elementi sonori direttamenti ereditati, ma nella forma di un'attitudine più sciolta, leggera e pop (rifuggendo però dai loro stilemi musicali particolari: motivo per cui forse non si noterà), e senza certe tonalità drammatiche del lavoro del 2001. Tornando alla frase precedente, rimane comunque insita nell'attitudine di Alison uno charme intrigante, seppur presentato in una veste diversa. Probabilmente, inoltre, lo stesso allontanamento musicale nasconde l'intento di confrontarsi e rapportarsi proprio con quei due dischi - magari in preparazione ad un successivo vero e proprio ibrido, approfondito e ambizioso, ma questo si vedrà in futuro.Ad essere più legati alla svolta dei dischi precedenti sono ad esempio canzoni come la sbarazzina Happiness, fra i suoi giochi di note catchy e il cantanto suadente, o Road to Somewhere che incontra certo pop mainstream (ma sempre atmosferico), che difficilmente sarebbero potute essere concepite nell'ottica che i Goldfrapp avevano all'inizio del decennio. Le linee vocali più marcatamente ricordano entrambi i percorsi, spaziando fra interventi ora più dolci, ora più commoventi ed ora più fascinanti, sempre con una grazia unica. La loro versatilità fa sentire tutta la limpidezza dell'ugola di Alison; a beneficiarne sono tutte le canzoni, passando ancora dalla settantiana Eat Yourself alla superba prova vocale della mesta ballata Some People, che affascina con i suoi intrecci di tastiere melodiche e strings. Il mood al contrario per la maggior parte del full-lenght sembra davvero essere affine ad una sola evoluzione di Felt Mountain in una visione molto meno decadente... tranne nei momenti più spensierati che, come già detto, invece devono la propria identità all'apertura verificatasi con Black Cherry - fosse stato realmente il secondo album dei Goldfrapp, con tutta probabilità Seventh Tree sarebbe risultato ben più cupo.
A&E suona gioiosa e orecchiabile in una maniera che in Felt Mountain non si poteva udire, neanche nei momenti più melodici, e non parliamo poi del pop rock scanzonato di Caravan Girl, forse il pezzo più orecchiabile e adatto a diventare una hit di tutti. Per contro Cologne Cerrone Houdini è di una melodiosità tale che potremmo ritenerla la Utopia di quest'album, mentre la conclusiva Monster Love può essere considerata relativamente più vicina ad una Time Out From the World o ad una Let It Take You (le parentesi più fuori dai binari di Supernature, a ricordare come di fondo i dischi del duo inglese siano meno schematici di quanto potrebbe sembrare).

Ritorno al passato allora sì o no? Quasi. I Goldfrapp cambiano nuovamente e assumono un aspetto che ricorda molto quello che avevano agli esordi, ma beneficiano anche dell'esperienza acquisita in questi anni, che li porta a non riciclare quanto abbandonato nel tentativo di soddisfare puerili desideri di riproposizione di sonorità ormai lontane da parte dei fan, e a trovare una nuova soluzione efficace e gustosa. Vediamo se questa volta sapranno mettere d'accordo tutti.

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