Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Etichetta: 
Revive Records
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Torsten Kinsella - chitarra, tastiere
- Niels Kinsella - basso, chitarra, visuals
- Lloyd Hanney - batteria, synth

Tracklist: 

1. Worlds in Collision
2. In the Distance Fading
3. Lost Kingdom
4. Golden Sky
5. Dark Rift
6. Parallel Highway
7. Shining Through
8. Age of the Fifth Sun
9. Paradise Remains

God Is an Astronaut

Age of the Fifth Sun

Nati in Irlanda nel 2002, i God Is An Astronaut hanno ben presto cominciato a scalare, posizione dopo posizione, l'olimpo gerarchico del post-rock del nuovo millennio, divenendo uno dei suoi punti di riferimento grazie ad un'evoluzione stilistica che ne ha messo in luce una peculiarità compositiva ormai riconoscibilissima e, per di più, commercialmente affermata (i videoclip dei singoli Fragile, The End of the Beginning e From Dust to the Beyond sono stati trasmessi su gran parte del territorio europeo di Mtv).
Insomma, non è proprio cosa da tutti provenire da uno scenario di nicchia e riscontrare vasti apprezzamenti anche al di fuori del proprio habitat originario; ma il punto di forza dei God Is An Astronaut è proprio questo, è l'equilibrato accostamento di peculiari alchimie formali e di melodie accessibili e dal forte contenuto emotivo, è il mite connubio di andamenti post-rock e pacate soluzioni elettroniche a dare al complesso irlandese una fortuna che in molti si sognerebbero e che loro, tuttora, possono senz'ombra di dubbio vantare.

Come già facilmente comprensibile dal titolo, Age of the Fifth Sun è il quinto full-lenght targato God Is An Astronaut e, come i suoi predecessori, esce sotto l'egidia della loro etichetta indipendente Revive Records, peraltro abilissima quest'anno a mettere sotto la propria ala protettrice i giovani connazionali Butterfly Explosion, una delle ultime sorprese dell'odierno scenario dream pop/post-rock.
A due anni di distanza dall'uscita del precedente album omonimo, la band irlandese pare avere ancora tanto da dire e da dimostrare, in special modo a chi già da tempo li accusa (un pò anche a ragione) di introllerabile autocitazionismo. In effetti anche in questo caso il discorso si ripete con estrema puntualità, seppur in maniera meno evidente rispetto ai precedenti album, dei quali continua a ricalcare visibilmente le principali formule compositive arricchendole però con un'atmosfericità e un mood decisamente più cosmico, meno rock, meno roboante e trasportato da flussi sintetici mai così dolci e avvolgenti. Di conseguenza, sotto il profilo stilistico cambia poco o nulla e i God Is An Astronaut non si sforzano praticamente mai nel cercare una sterzata netta, un cambiamento radicale all'interno della propria formula ormai estremamente standardizzata; perlomeno a livello melodico il gruppo irlandese continua a confermarsi ispirato e (quasi) sempre coinvolgente e non è per questo un caso se, pur senza presentare nulla di realmente innovativo, Age of the Fifth Sun rappresenta un ascolto piacevole e tutt'altro che impegnativo.
Sia che si tratti dello struggente ambient reznoriano di Dark Rift o delle malinconiche cascate post-rock/elettroniche dei gioielli Shining Through e In The Distance Fading e della comunque interessante Lost Kingdom, l'ultimo album dei God Is An Astronaut mantiene un andamento qualitativo abbastanza costante e, tolte le più noiose Worlds in Collisions, Age of the Fifth Sun e Paradise Remains, si fa apprezzare senza problemi, nonostante rimanga evidentemente orfano dell'impeto e delle improvvise esplosioni atmosferiche del precedente disco, del quale comunque rielabora il registro compositivo in chiave più onirica, fluttuante e malinconica, grazie anche ad una produzione ancora più limpida e ad un utilizzo per certi versi più ambientale delle masse sintetiche.

Sono passati ben otto anni dall'esordio (The End of the Beginning) che ne mise per la prima volta in luce le (allora comunque timidissime) peculiarità compositive, e in effetti risulta tuttora difficilissimo affermare che God Is An Astronaut abbiano sbagliato qualcosa nella propria densa carriera.
In questo non poco ricordano i Mogwai, nel senso che procedono per anni con le medesime soluzioni stilistiche eppure non sbagliano mai davvero un album, continuando a piacere e ad emozionare (anche se, ovviamente, la band scozzese continua ad essere storicamente e qualitativamente inavvicinabile da chiunque): pur senza aver mai portato a termine un vero capolavoro, i God Is An Astronaut si confermano nuovamente ai vertici dello scenario post-rock e Age of the Fifth Sun - anche se nel suo perenne autocitazionismo/riciclo - rimane un disco piacevole e ben suonato.
 

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