Voto: 
8.6 / 10
Autore: 
Jacopo Prada
Etichetta: 
Relapse Records/Self
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Mookie Singerman - voce e tastiere
- Hamilton Jordan - chitarra e programmazione
- Michael Sochynsky - tastiere e programmazione

Guests:
- Greg Puciato - voce nella nona traccia

Tracklist: 

1. Board Up The House (05:54)
2. Endless Teeth (01:47)
3. Things Don't Look Good (03:35)
4. Recursion (02:08)
5. I Won't Come Back Alive (06:34)
6. City On A Hill (03:26)
7. The Whips Blow Back (02:07)
8. Colony Collapse (04:01)
9. The Feast (01:56)
10. Ergot (01:14)
11. Relief (10:47)

Genghis Tron

Board Up the House

Se nel corso dell’anno passato il Rock più estremo, nella fattispecie legato agli ambienti Metal e Hardcore, ha messo in luce diverse giovani realtà particolarmente innovative ed interessanti, il 2008, fino a questo momento, non sembra essere stato da meno. L’anno scorso trionfarono, fra i tanti, alcuni complessi nello specifico, fra cui rientrano senza minima ombra di dubbio Between The Buried And Me e The Dillinger Escape Plan, autori di due album veramente superlativi. La stessa vena aggressiva ed al tempo stesso sperimentale di quei lavori sembra rivivere oggi nella formazione statunitense dei Genghis Tron. Il trio di New York, per quanto poco conosciuto a livello internazionale, vanta ben quattro anni di attività, oltre che una manciata di lavori molto promettenti. Il full lenght d’esordio dei nordamericani, uscito nel 2006 sotto il titolo di Dead Mountain Mouth, aveva a suo tempo sorpreso i più attenti appassionati della scena estrema d’oltreoceano. Da qui anche l’interessamento di un’etichetta di grande prestigio come la Relapse Records, che lo scorso diciannove febbraio ha pubblicato la seconda release sulla lunga distanza targata Genghis Tron: Board Up The House.

Un pregevole e coloratissimo artwork ci introduce all’ascolto di Board Up The House, il cui incipit non può che rimandare ai precedenti lavori della band di New York. L’album infatti non rompe con la tradizione, ma, anzi, ne riprende le caratteristiche principali per migliorare sostanzialmente il songwriting e conferire all’intera opera una maggiore compattezza. Board Up The House risulta difatti un full length in tutto e per tutto, contrariamente a quanto talvolta accaduto in passato, quando i lavori firmati Genghis Tron apparivano come semplici raccolte di singoli brani. Uno dei motivi per cui questo è stato possibile va attribuito alla maggiore fluidità del connubio tra Metal estremo e musica elettronica. E’ proprio quest’ultima la particolarità che rende pressoché unico il sound dei tre statunitensi, abili nel saper amalgamare, con un ottimo senso ritmico per giunta, influssi sonori provenienti da universi quasi opposti. Se in passato le due componenti sembravano semplicemente accostate nel corso dei vari brani, qui è invece evidente la loro unione, la loro irresistibile mescolanza. Di conseguenza possiamo affermare con assoluta certezza che Board Up The House rappresenta il punto più alto mai raggiunto dai Genghis Tron nel corso della propria, intensa carriera.

Il brano iniziale, Board Up The House, sottolinea fin da subito le qualità tecnico-compositive del trio nordamericano. Mentre tastiere e drum machine pongono le basi sulle quali poi sviluppare le singole canzoni, la sei corde di Hamilton Jordan riesce ad alternare riff spaccaossa a suggestivi giri di chitarra. Pare così che la varietà cromatica della copertina si rifletta perfettamente nelle undici tracce di cui Board Up The House è composto. Fra l’altro, risulta abbastanza interessante paragonare l’artwork di Colors, uno fra gli album più apprezzati nel 2007, a quello di Board Up The House, lavoro che probabilmente non sarà da meno per quanto concerne il 2008. Se infatti nel primo i colori formavano delle linee ben separate ed indipendenti fra loro, qui invece convergono vivacemente, dando vita ad una sorta di paletta pittorica. Il tutto, molto curiosamente, si rispecchia nel sound dei due album: Colors, da un lato, è contraddistinto da un altissimo numero di influenze diverse, ma che raramente vanno ad amalgamarsi fra loro; Board Up The House, al contrario, sebbene meno ricco a livello sonoro, vanta uno stile più denso e compatto.

Endless Teeth, seconda traccia dell’opera, ribadisce ancora una volta l’importanza del fattore ritmico ai fini dell’album. Stavolta è indubbiamente la componente estrema a dettare legge, tuttavia nella frazione centrale si avverte una forte presenza di elementi elettronici, o perlomeno legati alla sfera sperimentale del disco. Lo stesso discorso vale anche per la successiva e più lunga Things Don’t Look Good, dove possiamo ammirare le abilità chitarristiche dell’ottimo Jordan. Non è comunque da meno il suo compagno di formazione Mookie Singerman, che, dietro al microfono, dà prova di grande carattere e personalità. La parte centrale del brano è nuovamente lo scenario prediletto dal combo statunitense per esprimere il proprio gusto innovatore, il quale diviene poi protagonista assoluto nell’intermezzo elettronico intitolato Recursion. Decisamente più impegnativa è I Won’t Come Back Alive, dove, i ritmi rallentano e viene concesso un maggiore spazio alla melodia, perlomeno rispetto a quelli che sono gli standard del disco. Uno dei passaggi più avvincenti del lotto risulta senz’altro il binomio City On A Hill - The Whips Blow Back, nella cui fase iniziale il contrasto fra orecchiabilità e violenza raggiunge livelli davvero impressionanti. Successivamente, però, il brano scivola via in modo dolce e lineare, quasi a voler tracciare nell’aria atmosfere dal sapore onirico. Si prosegue così, fra Grind e Elettronica, Noise e Ambient, fino al capitolo finale: Relief. Per quanto non si trovi sulle medesime coordinate stilistiche dei restanti brani, quest’ultimo rappresenta, grazie alla sua forte vena decadente ed al tempo stesso apocalittica, la conclusione perfetta per un lavoro intenso ed empirico come Board Up The House.

E’ innegabile, stiamo vivendo un periodo di grande fervore musicale. Se in apparenza ritroviamo perlopiù le solite band conformi alla tradizione, ci basta girare l’angolo per scoprire tante piccole e valide realtà che fanno dell’innovazione la loro arma vincente. I Genghis Tron non sono gli ultimi arrivati in questo senso, anzi, da anni proseguono un discorso votato alla sperimentazione ed al desiderio di porre sempre nuovi confini alla musica. Con Board Up The House il trio di New York ha compiuto infine il definitivo salto di qualità, regalando a noi semplici appassionati un disco destinato a durare nel tempo, un candidato ideale per il titolo di album dell’anno.

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