Voto: 
4.5 / 10
Autore: 
Gabriele Bartolini
Genere: 
Etichetta: 
RCA Records
Anno: 
2011
Line-Up: 

- Chad Elliott - voce, tastiera in 5, 10

- James Lawrence Torres - chitarra

- Kimo Kauhola - basso

- Tim Madrid - batteria in 1, percussioni in 7

- Alfredo Ortiz - Batteria, percussioni

- Marcel Rodriguez-Lopez - tastiera

- Omar Rodriguez-Lopez - chitarra in 2

Tracklist: 

1. New York City Moves To The Sound of L.A.

2. Car Wars

3. Finale

4. Where did it Go Wrong

5. Just Because

6. Postcards of Persuasion

7. Giant

8. City in Silhouettes

9. Youth & Poverty

10. Relics to Ruins

11. The Golden Age of Knowhere

Funeral Party

Golden Age of Knowhere

I Funeral Party sono un quartetto americano proveniente dalla California. Con loro è presente anche un batterista, che però non fa parte ufficialmente del gruppo, e nemmeno del successivo tour, cui verrà preferito Robert Shaffer. Prendono il nome da una canzone dei Cure, e non sono stati in pochi inizialmente a credere in loro. Vogliono rifarsi ai suoni hardcore, pur mantenendo quella fede indie che oggi giorno è un' arma in più per essere visibili. La registrazione del disco in questione inizia nel 2008, per poi prolungarsi fino ad un anno intero e vedere la luce.

Per inquadrare bene questo Golden Age Of Knowhere bisogna tenere a mente poche cose. Innanzitutto non associate più la parola hardcore quando siete di fronte a questa band, perché con loro non c' entra davvero niente. Seconda cosa, da ora in poi annoverate tra i peggiori gruppi di dance/indie e dance/punk questi Funeral Party. Una brutta copia di Bonaparte, dei Sounds, dei Does It Offend You, Yeah? e dei Two Door Cinema Club. Possiamo aggiungere qualche influenza post-punk, proprio per accontentare chi dopo aver letto quei due generi impropinibili ( ma possibili) scritti sopra è rimasto incredulo. Semplicemente, il fatto è che loro non fanno niente lungo questi quaranta minuti per cambiare lo stato delle cose. Anzi - si saranno chiesti - perché non accentuare? Ed ecco allora spuntare fuori cori britpop, motivetti da dancefloor ed un' impronta personale al proprio sound praticamente assente. Prodotto costruito a tavolino? Non saprei, ma altrimenti non si spiegherebbero le melodie indirizzate verso un tipo di musica che da una decina di anni a questa parte ha dimostrato di non possedere più idee valide ( a parte le solite illustri eccezioni). Amano spostarsi sul versante pop suonando le chitarre, usando tastiere elettroniche e facendo i tenebrosi al tempo stesso. Un pastiche di fasullo indie/rock. Brani costruiti sul nulla, che hanno come unico scopo il ballo sfrenato. Come consuetudine, rispetto a questo tipo di proposta musicale, sparano le prime buone cartucce in apertura per poi far cadere nell' anonimato le rimanenti. Hypsters più inglesi che americani, mantengono invariato l' asse di ogni loro traccia verso fronti su cui già si è discusso a lungo, riprendendo di tanto in tanto pezzi di Strokes, Dirty Pretty Things, Libertines, o peggio i loro figli Babyshambles senza naturalmente apportare variazioni al risultato finale. Le urla di un cantante il cui modello vocale sembra essere Jared Leto, chiudono il quadro descrittivo.

Tanto che sembra quasi inutile trattare di una Postcards Of Persuasion scopiazzata dagli U2, della superficie di plastica di Car Wars o del plagio ai Wombats di Finale. Dei Killers inconcludenti. Ho fatto troppi nomi? La realtà, purtroppo, è proprio questa. Ovvero che i Funeral Party sono riusciti ad unire tutte le band citate in un solo album, risultando ovviamente insensati, infantili e di conseguenza immaturi. Sembrano usciti da uno di quei programmi americani dove si vedono bambini di cinque anni riprodurre per intero cover dei più disparati miti musicali, credendo di fare musica solo perché suonano melodie già inventate da altri, in maniera peraltro pedissequa.

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