Voto: 
8.2 / 10
Autore: 
Emanuele Pavia
Genere: 
Etichetta: 
ESP-Disk
Anno: 
1966
Line-Up: 

- Ed Sanders - Voce
- Tuli Kupferberg - Voce, Maracas, Tamburello
- John Anderson - Basso, Voce
- Pete Kearney - Chitarra
- Vinny Leary - Basso, Chitarra
- Lee Crabtree - Pianoforte, Celesta, Campane
- Ken Weaver - Conga, Batteria, Voce

Tracklist: 


1. Frenzy
2. I Want to Know
3. Skin Flowers
4. Group Grope
5. Coming Down
6. Dirty Old Man
7. Kill for Peace
8. Morning, Morning
9. Doin' All Right
10. Virgin Forest

Fugs, The

The Fugs

Una delle prime band underground che la storia della musica rock possa vantare, nonché una delle più interessanti e valide, si forma alla fine del 1964 a New York. Stiamo parlando dei Fugs, una delle istituzioni degli anni '60 che, con la sua musica politicizzata, sarcastica e dichiaratamente di sinistra, ha costituito un tassello fondamentale per il rock, soprattutto per quanto riguarda i suoi testi.

Nati per opera dei due intellettuali Ed Sanders e Tuli Kupferberg, già collaboratori da qualche anno in campo extra-musicale - Sanders pubblicava le poesie di Kupferberg nel suo giornale Fuck You/A Magazine of the Arts -, cui presto si unisce il batterista Ken Weavers, i Fugs (così chiamati per un eufemismo della parola "fuck", appunto "fug", usata da Normal Mailer nel suo The Naked and the Dead) si prefiggono l'obiettivo di amalgamare in musica non solo la cultura beat e i loro ideali di sinistra, ma anche le loro influenze provenienti dal teatro greco, dal dadaismo del Cabaret Voltaire di Zurigo e dalla musica jazz, folk e d'avanguardia.

È con queste premesse che nel 1965 pubblicano il loro primo disco Village Fugs, in cui è presente il materiale che ha reso celebre il gruppo durante le esibizioni live e in cui viene modificato il concetto di folk di artisti come Bob Dylan. Ma è nel 1966 che le potenzialità del gruppo si manifestano in tutta la loro esuberante essenza, quando i Fugs pubblicano il disco che, oltre a rimanere il loro lavoro più riuscito, contiene il materiale che li renderà un'istituzione nel campo del rock underground: l'omonimo The Fugs (ripubblicato successivamente con materiale inedito, con il titolo The Second Album).
Con quest'album, infatti, i Fugs spazzano via definitivamente le concezioni musicali del periodo: il loro scopo è comporre satira cruda e sarcastica, risultando quindi sia particolarmente osceni per la maggior parte del pubblico sia decisamente innovativi. Ma il fattore musicale è ben lontano dall'essere relegato a un secondo piano, infatti il nucleo originale formato da Sanders, Kupferberg e Weavers è accompagnato da turnisti di tutto rispetto, quali John Anderson, Lee Crabtree, Pete Kearney e Vinny Leary, e con questa line-up i Fugs danno alla luce un lavoro che unisce folk-rock, jazz, rockabilly e avanguardia con una buona dose di ironia dissacrante, maturando così lo stile del loro primo lavoro.

The Fugs è un album denso di anthem e di brani trascinanti: dal rhythm & blues sfrenato e accattivante di Frenzy, passando per la più sognante e calma I Want to Know e per il folk-rock più anarchico di Skin Flowers, la band dimostra una capacità musicale e una maturità notevole. Con Group Grope il complesso sfoggia soluzioni che sembrano preludere allo psychedelic rock, mentre in Coming Down si fa più presente la componente blues-rock nel sound della band. Ma l'aspetto più scalmanato dei Fugs si fa vivo solo con Dirty Old Man, accattivante pezzo in cui si alternano cori sguaiati (lontani anni luce da quelli più melodici e dolci dei gruppi vocali e degli standard pop) e voci senili. Corrosivo e sarcastico è invece l'anthem Kill for Peace, uno degli highlights dell'album in cui la band con soluzioni vocali vicine al sing-along si scaglia ferocemente contro la guerra in Vietnam (If you let them live they might support Russians, if you let them live they might love the Russians / The only gook an American can trust is a gook with his yellow head bust), sostenuta da un tessuto musicale energico e da rumori di spari in sottofondo. Sembra provenire da un altro disco la dolce e cullante Morning, Morning, ma si ritorna presto su binari più frenetici con il rock dalle tinte più blues e cupe di Doin' All Right, per concludere con il vero grande capolavoro dell'album e di tutta la discografia dei Fugs: introdotta da rumori e fischi, Virgin Forest è uno dei primissimi esempi di brani collage della storia, che nella sua durata di 11 minuti complessivi si evolve in un pezzo caotico e incredibilmente all'avanguardia per gli standard dell'epoca, dove percussioni tribali, versi di animali, urla, schiamazzi, voci, strumenti e silenzi sono sapientemente calibrati, per confondersi e amalgamarsi in un unico tessuto musicale creativo e innovativo, che ha avuto notevoli ripercussioni su tutta la musica più sperimentale degli anni immediatamente successivi (gli esempi più lampanti si possono trovare nei primi album dei Mothers of Invention o nei lavori di Captain Beefheart).

È impossibile non riconoscere i molteplici meriti del disco, dal punto di vista musicale quanto soprattutto dal punto di vista storico. Oltre ad aver in un certo senso cominciato a spianare la strada per il punk con la loro attitudine sarcastica e polemicamente politicizzata (nonostante da un punto di vista formale molti altri gruppi abbiano avuto un'importanza decisamente superiore), con Virgin Forest i Fugs hanno portato l'avanguardia a un livello fondamentale quanto inedito per la storia della musica di quegli anni. The Fugs è pertanto un lavoro ingiustamente sottovalutato e misconosciuto, progressivamente dimenticato ma che merita di essere riscoperto, per comprendere al meglio le evoluzioni del rock degli anni '60.

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