Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Matthias Stepancich
Genere: 
Etichetta: 
ATP
Anno: 
2009
Line-Up: 

Andrew Young & Benjamin John Power - tutti gli strumenti

Tracklist: 

1. Surf Solar (10:34)
2. Rough Steez (4:44)
3. The Lisbon Maru (9:19)
4. Olympians (10:54)
5. Phantom Limb (4:49)
6. Space Mountain (8:44)
7. Flight of the Feathered Serpent (9:31)
 

Fuck Buttons

Tarot Sport

Tarot Sport (ATP, 2009) è il secondo full-length dei Fuck Buttons, anticipato dal singolo di lancio Surf Solar.

A differenza di Street Horrrsing, sembra che stavolta Andrew Hung e Benjamin John Power abbiano voluto ampliare maggiormente lo spettro stilistico, riducendo fortemente le loro radici industrial-noise ed aumentando quelle ambient-techno e post-rock, finendo per allontanarsi nettamente da possibili paragoni con Wolf Eyes e Black Dice, ed avvicinarsi piuttosto all'ambient-techno di The Field e al post-rock degli Explosions in the Sky.

Un tappeto sempre più stratificato di impalpabili distorsioni glitch introduce l'opener e primo singolo Surf Solar (10 minuti), poi detonato da una pulsazione techno guidata da lunghi accordi di synth distorto dalle suggestioni space-rock; con pochi colpi di scena, aumentano poi le stratificazioni drone e si aggiunge un lontano poliritmo etno-industrial in stile new-wave, raggiungendo l'apice di intensità prima che la ritmica si spenga e lasci il tutto alla deriva, finendo per far sfociare i droni rimasti a fluttuare nella successiva breve Rough Steez, ritmata da percussioni tribali molto simili a quelle di Ribs Out, mentre la scena viene rubata da epilettiche scariche elettroniche a intermittenza (come quelle di Sweet Love for Planet Earth), con impulsi elettrici che si accumulano in una coda ribollente.
Gli 11 minuti di Olympians sembrano la versione post-rock dell'opener, con un'introduzione sonora ambient-techno che viene poi sporcata da synth distorti prima di sfociare nel paesaggio emozionale dipinto dai rintocchi di tastiera verso metà traccia, fino a far tornare le leggere distorsioni e far terminare il pezzo con lo stesso tappeto minimalista-onirico con cui era iniziato.
Il momento più sperimentale arriva forse con la breve Phantom Limb, un'escursione dissonante tra ritmiche metalliche in stile industrial alla 1980s e rumorismi atmosferici da film horror, fino alla dissolvenza per lasciare spazio ad un synth intermittente ed instabile, che finisce per autodistruggersi e lasciare spazio all'introduzione glitch di Space Mountain, con i suoi ridondanti quasi 9 minuti di incrocio tra microhouse ed arrangiamenti post-rock, formula sviluppata molto meglio nei 9 minuti della conclusiva Flight of the Feathered Serpent, coinvolgente seppur sostanzialmente costruita sempre su di una stessa suggestiva ma ripetitiva figura melodica ispirata dal post-rock di Mogwai e soprattutto Explosions in the Sky, reiterata sopra un battito alla Underworld.

Tre sono i principali difetti: una certa ridondanza di fondo, già caratterizzante la precedente release, finisce in fin dei conti per lasciare spesso i pezzi "suonarsi da soli" come fossero tappeti drone, piuttosto che cercare continue variazioni pur restando nella suggestione atmosferica (forse il duo dovrebbe ascoltarsi di più i primi dischi degli Autechre); la mancanza della forza di sfondamento della prima release, che fuoriusciva da un indovinato intreccio tra nichilismo ultra-distorto e suggestioni metafisiche più intense; ed infine, gli inspiegabili 9 minuti sprecati con The Lisbon Maru, un pallido remake non dichiarato di Sweet Love for Planet Earth, rivisto sì con ritmica più ortodossa e tocchi post-rock, ma con scarsi risultati.

I pregi essenziali sono invece quello di aver imposto una decisa virata al proprio sound (che avrebbe rischiato l'altrimenti ristagno immediato), e, nel farlo, ad evolverne le medesime premesse, anche se sacrificando le distorsioni più "punk" in favore dell'esplorazione verso la microhouse, l'ambient-techno e il post-rock.

Avesse avuto un vero spirito avanguardista, magari lasciandosi influenzare da sperimentatori più anarchici come Black Dice o Gravitar, il duo avrebbe potuto anche riuscire a coniare una possente e ambiziosa formula, che riassumesse i migliori archetipi di glitch, post-rock, ambient-techno e noise-drone sviluppatisi negli ultimi dieci anni, ma ora come ora il loro obiettivo pare guadagnarsi un appeal dal pubblico indie piuttosto che puntare ad un disco "di rottura".
Forse i due stanno conservando le idee più azzardate per raffinarle nell'album della maturità, o forse no.
 

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