Voto: 
6.0 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Metamatic/Universal
Anno: 
2009
Line-Up: 

- John Foxx - Voce
- Robin Guthrie - Chitarra, Pianoforte
- Harold Budd - Produzione, Elettronica

Tracklist: 

1. Mirrorball
2. My Life As An Echo
3. The Perfect Line
4. Spectroscope
5. Estrellita
6. Luminous
7. Sunshower
8. Ultramarine
9. Empire Skyline

Foxx, John & Guthrie, Robin

Mirrorball

John Foxx e Robin Guthrie sono stati personaggi senza i quali la musica moderna non conoscerebbe alcune delle sue pagine più affascinanti, non solo perchè figure storiche degli anni '80 (il primo con gli Ultravox, il secondo con i Cocteau Twins) e influenzatori di successive tendenze musicali, ma perchè artisti al di fuori del tempo, ricercatori instancabili, veri e propri poeti del suono. Eppure, ad accomunare i due musicisti britannici vi sono dei tratti che con la prassi e la teoria musicale hanno ben poco a che fare, proprio in quanto simboli di un mondo mistico e trascendentale lentamente costruitosi lungo il corso di entrambe queste due carriere estremamente peculiari, sebbene proiettate verso differenti ideali stilistici.

Mirrorball, prima vera collaborazione tra Foxx e Guthrie, è costruito infatti su tali premesse tematiche e concettuali, andandosi a consumare nei lenti movimenti di una musica ritualistica, quasi religiosa: compenetrate in un parallelismo sapientemente ideato e realizzato (col gentile ausilio di Harold Budd), le anime dei due mostri sacri degli eighties si accompagnano lungo interminabili oasi atmosferiche, ricamate dai soffusi giochi chitarristici dell'ex Cocteau Twins ed elevate a pura estasi trascendentale dalle fantasie vocali di Foxx. Due stili e due concezioni musicali che quindi si completano e si influenzano l'un l'altra in una straniante simbiosi, anche se non sempre nella maniera che ci si aspetterebbe da due Grandi del pop-rock europeo delle scorse decadi.

Spinto verso un incorruttibile stato di quiete mistica, Mirrorball riproduce l'onirismo del dream pop mediante una serie di affreschi sospesi tra l'atmosfera dell'ambient più etereo e un senso di psichedelia estremamente contemplativo e solenne; ieratici nel loro lento protrarsi, i nove sermoni che costiuiscono l'ossatura del disco si susseguono l'uno dopo l'altro in una danza spirituale che non conosce discese 'terrene' ma d'altra parte nemmeno vere e proprie estasi emotive. Sebbene i primi due brani Mirrorball e My Life As An Echo riescano a rendere estremamente piacevole la catarsi spirituale del disco - la prima mediante gli innumerevoli echo-delay impiantati sulla voce di Foxx, la seconda attraverso un'atmosfera decadente e malinconica figlia del più tenue afflato onirico dei Cocteau Twins - il resto dell'album non è in grado di mantenersi su tali livelli e scivola spesso nell'autoreferenzialità e nella ripetizione incondizionata, annullando in tal modo qualsiasi principio di un'eterogeneità che, in lavori come questi, dovrebbe essere almeno un minimo garantita.

Colpe che in fondo cadono su entrambi i musicisti in maniera piuttosto equilibrata, in quanto nè Foxx nè Guthrie si dimostrano capaci di rielaborarsi e di ricreare le trame narrative di un disco che fatica nel rendere godibile la sua atmosfera, risultando spesso stantio e ripetitivo, tanto negli eterei vocalizzi dell'ex-Ultravox (Empire Skyline, The Perfect Line) quanto nelle linee melodiche disegnate dalla chitarra di Guthrie. Perso in questi continui richiami ad una dimensione ascetica e lontana, Mirrorball alterna così momenti d'assoluta perdizione spirituale (Spectroscope e Ultramarine) ad altri pervasi da una fastidiosa immobilità espressiva che si tramuta ora in scialbi refrain (la banale Estrellita), ora in inesorabili ricicli tematici e stilistici (la comunque buona Sunshower e Luminous) dettati dall'ormai marcia (o quasi) vena creativa di entrambi i musicisti, sebbene sotto il profilo esecutivo Mirrorball rasenti, per precisione e raffinatezza, l'eccellenza.

Ma una produzione ottima e contigua al mood e all'atmosfera di un disco non basta mai a renderlo ottimo, e il caso del progetto Foxx&Guthrie nè è l'inconfutabile prova: i continui richiami trascendentali e meditativi di cui Mirrorball è pervaso vengono infatti resi attraverso un assetto compositivo che procede lungo la sua strada senza presentare la minima variazione, consumandosi di conseguenza tra le ceneri di un canto pseudo-liturgico tanto solenne quanto noioso. Chi vuole un'opera di pura esaltazione emotiva farà meglio a rispolverare direttamente le pietre miliari del pop spirituale anni '70-'80 (Popol Vuh et similia per intenderci), dato che questa volta, ed è una cosa che lascia abbastanza delusi, John Foxx e Robin Guthrie hanno mancato il bersaglio. Non di molto, ma l'hanno mancato.

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