Voto: 
7.3 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
Code666 / Aural Music
Anno: 
2009
Line-Up: 

- The Watcher – Voce, Chitarra
- Draugluin – Tastiera, Effetti
- Grungyn – Basso
- Theutus – Batteria

Tracklist: 


1. Exile's Journey (8:08)
2. A Witness to the Passing of Aeons (7:07)
3. Colossal Voids (8:32)
4. As Buried Spirits Stir (6:58)
5. The Warren (7:10)
6. Lashed by Storm (8:54)
7. Bereft (11:49)

Fen

The Malediction Fields

Dopo il gran colpo messo a segno l'anno passato dagli A Forest of Stars, l'Inghilterra riprova ad uscire dall'anonimato cui solitamente versa la sua scena Black Metal con un altro debutto interessante: “The Malediction Fields” dei Fen, pubblicato dalla sempre lungimirante etichetta nostrana Code666.
Il quartetto d'oltremanica s'era già fatto notare due anni fa con l'interessante EP “Ancient Sorrow”, di sole tre canzoni; “The Malediction Fields” va quindi a rinfrescare e rinsaldare la personalità della band, sovente pubblicizzata ed esaltata come un originale ibrido tra il Black Metal e il Post Rock.

In realtà la tanto decantata vena Post Rock è veramente poca cosa in termini quantitativi, ma la musica presentata dai quattro dell'Inghilterra orientale ha comunque dei buonissimi numeri: si tratta di un Black Metal fortemente melodico, ricolmo di inserti intimistici (chitarre acustiche, pianoforte) e soventemente sorretto dalla tastiera; il riffing, peraltro quasi sempre accompagnato da secondari arpeggi atmosferici, non eccede praticamente mai in scatti violenti o feroci, rimanendo invece sempre su lidi malinconici e sognanti, spesso sfiorando atmosfere di mesto Rock decadente.
Non sorprende, quindi, che l'arpeggio che apre il disco sembri estratto direttamente da “Pale Folklore”: gli americani Agalloch sono un riferimento importante -anzi, fondamentale- per questi giovani inglesi, e l'influenza della band dell'Oregon riecheggia netta in tutto il disco (si faccia riferimento a “Ashes Against the Grain” per i momenti più moderni e soprattutto a “Pale Folklore” per i segmenti più naturalistici).

Ad allontanare i Fen dalla tradizione Black è non solo la già discussa, accentuata propensione per la melodia, ma anche la discreta cura per le parti di basso (strumento solitamente trascurato nel genere) e un certo sentore progressivo che impone ai brani di cercare sempre uno sviluppo ragionato ed intelligente: le otto canzoni di “The Malediction Fields” hanno tutte durata consistente e si snodano in maniera sufficientemente fluida tra sezioni più aggressive (con tempi spediti, riffing più intenso e voce in rauco screaming) ed altre più distese (con le tastiere a offrire respiro alle chitarre, abili nel ritirarsi in una dimensione più calda e sfuggente).

E' presente in buone dosi anche il canto pulito, la cui leggera indecisione vocale sui registri alti non inficia comunque la resa emozionale di brani come “Exile's Journey” (ottimo Melodic Black pieno di cambi d'atmosfera e inserti acustici) o “Colossal Voids”, che potrebbe benissimo essere una b-side del recente “Souvenirs d'un Autre Monde” di Alcest, con tastiere eteree a supportare sottili interventi pianistici e tenui cori puliti sopra un giro di chitarra Rock trasognato e nebuloso.

L'esatta metà dell'album è inoltre occasione per i Fen di mettere in mostra atmosfere dalla vivacità pressochè opposta, ma rese complementari da un comune feeling introspettivo e nostalgico: la lunghissima, amabile e soffusa introduzione di chitarre e pianoforte di “The Warren” (momento più dolce di tutto l'album) è infatti preceduta dalla ben più burrascosa e nerboruta “As Buried Spirits Stir”, quest'ultima coronata da un inaspettato assolo di spagnoleggiante chitarra classica, non particolarmente significativo sotto il profilo tecnico ma nota sicuramente positiva per quanto riguarda la personalità dimostrata dalla band.

Dunque un esordio più che positivo -seppur con ovvi margini di miglioramento- per il quartetto inglese, che con questo “The Malediction Fields” potrà sicuramente soddisfare chiunque ricerchi un album Black Metal che sia sognante, ispirato e ricco di melodie ma che sappia anche guardare con criterio al di fuori del genere d'origine, spingendo il proprio sguardo verso territori Rock.
I Fen non sono ancora capaci di attraversare le barriere del proprio genere musicale in maniera completa e compiuta, ma sono dotati delle capacità e della visione per poterlo fare con scioltezza in futuro – per ora ci si “accontenti” di gustarsi questo loro soddisfacente debutto sulla lunga distanza.

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