Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Vincenzo Ticli
Etichetta: 
Interscope
Anno: 
2011
Line-Up: 

Leslie Feist - Vocals, Arrangements, Guitar, Piano, Organ, Production
Chilly Gonzales - Bass, Drums,  Arrangements, Production
Valgeir Sigurðsson - Horn Arrangement, Production

 

 

Tracklist: 

1. The Bad in Each Other
2. Graveyard
3. Caught a Long Wind
4. How Come You Never Go There
5. A Commotion
6. The Circle Married the Line
7. Bittersweet Melodies
8. Anti Pioneer
9. Undiscovered First
10. Cicadas and Gulls
11. Comfort Me
12. Get It Wrong, Get It Right
 

Feist

Metals

Il 2011 è stato denso di uscite musicali e molti celebri artisti, nel bene o nel male, sono tornati a far parlare di sè. Tra questi la canadese Feist che, a quattro anni dall'ultimo lavoro, The Reminder, torna col nuovissimo Metals. Il titolo è assolutamente azzeccato poichè le eleganti canzoni sembrano fatte di discrete, intense vibrazioni metalliche, di quelle che turbano appena la quiete con la loro lucentezza tremula.

La voce di Leslie si distende agile sulle melodie scolpendosi in maniera sempre diversa con versatilità: Caught a Long Wind, un assorto pezzo che si destreggia tra chitarre, tintinnii ariosi e pianoforti smorzati riuniti a creare una melodia bruna come una foglia d'autunno, è cantata con una voce che di tanto in tanto si accartoccia in un ringhio soul. Anti Pioneer è un brano crepuscolare immerso in un blues dall'aria antica, colorato sul finale di aperture orchestrali ma dominato da jazzati tempi di valzer e da un cantato sofferto, potente, una voce distesa che sembra duettare con l'implacabile basso che scandisce i suoi battiti per tutta la durata della canzone.
Undiscovered First, dal cuore folk ma dal finale rockeggiante introdotto da un'epica sezione di fiati, fa inevitabilmente pensare a Joni Mitchell, ma la più catchy è la bellissima traccia d'inizio, The Bad in Each Other: introdotta da una scorbutica chitarra del west, procede ondeggiando tra archi e fiati soffusi e cadenzata da una pesante batteria. La voce è ora dura, spietata, e ora improvvisamente dolce e soffusa, come l'amore, che riesce a dare tutto per poi riprenderselo improvvisamente appena un attimo dopo.
Particolari sono pezzi come Graveyard, sui cui tempi dispari sembra gravare una pesante nube grigiastra che incupisce l'atmosfera, rendendola una sorta di elegia cimiteriale, e A Commotion, discontinua e tratteggiata su tocchi di violino incollati insieme da tastiere spigolose, mentre Cicadas and Gulls e The Circle Married the Line spiccano per la loro dolcezza delicata, a tratti quasi stucchevole. Spetta all'intensità di Get It Wrong, Get It Right, sussurrata su una malinconica chitarra che si intreccia a remoti tocchi pianistici e trilli di tamburello, chiudere l'album, lasciandosi dietro un'aria sospesa, sognante.

Dedicandosi ad un morbido rock che si destreggia con eleganza tra suggestioni blues, folk, soul ed altri generi che si rifanno maggiormente alla tradizione musicale americana, l'ultimo lavoro di Feist è un album intimo, sofferto, che dimostra come, anche ai nostri giorni, sia ancora possibile trovare musicisti che realizzano un cantautorato fresco, nuovo e di grande qualità.

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