Voto: 
8.2 / 10
Autore: 
Luca Trifilio
Genere: 
Etichetta: 
MTM Music/Frontiers
Anno: 
1985
Line-Up: 

- Jeff Limbo – voce
- Hank Sherman - chitarra
- Pete Steiner – basso
- Bob Lance - batteria


Tracklist: 


1. Love On The Rox (03:21)
2. Fallen Angel (04:30)
3. Rip It Up (03:21)
4. Victory (04:28)
5. Danger Zone (03:19)
6. She’s Got The Devil Inside (04:03)
7. Downtown Toy (02:54)
8. Do You Want It (03:29)
9. Backdoor Man (02:50)
10. We’re Hot (02:59)
11. I Won’t Stop (Demo version) (06:33)

Fate

Fate

Continua il viaggio della MTM nel favoloso mondo degli anni 80, ed ora è il turno dell’omonimo debut album dei Fate, che va a completare il quadro delle ristampe di tutti i dischi della formazione danese. Prima di iniziare a parlare dell’album in questione, è il caso di introdurre brevemente la band, formatasi l’anno prima in quel di Copenaghen per volere di Hank Sherman che, dopo aver lasciato gli oscuri Mercyful Fate di King Diamond, decise di fondare un gruppo per poter esprimere il lato più solare del suo songwriting. Il primo vagito della sua nuova creatura è dunque questo primo importante album, che li avrebbe portati a ricoprire una buona posizione nel panorama hard rock nordeuropeo di quegli anni.

Poche storie, Fate è un bel disco, con pochi difetti e tanti pregi, a partire dalla qualità delle composizioni, che sebbene ricalchino sostanzialmente la tradizione della forma canzone e quindi non presentino novità strutturali degne di menzione, hanno il grosso merito di avere una caratteristica fondamentale e vincente: la melodia giusta. A ciò si aggiungono le indubbie qualità vocali di Jeff Limbo, autore di una prova di ottimo livello, capace di emozionare, di graffiare e di lanciare degli “urletti” che, nell’economia dei brani, risultano funzionali. Ovviamente buona parte del groove e della riuscita di questi 10 brani (l’ultima traccia è una bonus track contenuta nella ristampa) è da attribuire alla prova di Hank Sherman, che intesse ritmiche avvincenti ed irresistibili (Rip It Up, Do You Want It), assoli vertiginosi e, quando è il momento, si mette anche in leggera disparte, per lasciare la scena ad alcuni refrain memorabili in cui a farla da padrone è ancora Limbo (Love On The Rox, She’s Got The Devil Inside). A differenza delle uscite successive della band (si pensi, in particolare, proprio al successivo A Matter Of Attitude), Fate non risente ancora dell’influsso di grosse realtà del panorama hard rock nordeuropeo quali ad esempio gli Europe, tant’è vero che le tastiere sono praticamente assenti a tutto vantaggio di brani più snelli e che arrivano a destinazione, piantandosi in testa sin dai primi ascolti per via di melodie vocali o riff facili da memorizzare e coinvolgenti. Una considerazione, tuttavia, va fatta: in tanti passaggi si sente chiaramente l’influenza delle maggiori realtà musicali di quegli anni (gente come Dokken e Pretty Maids, senza dimenticare Van Halen e Ratt), quindi l’originalità non è proprio il piatto forte da queste parti.

Nonostante sia considerato un capitolo minore della discografia della band danese, della quale è un po’ ovunque osannato il successivo lavoro, Fate riesce nell’impresa di risultare piacevolissimo e mai noioso, in quanto composto da brani freschi, vivaci, a tratti emozionanti ed a tratti travolgenti. Semplicemente hard rock, insomma, ma di quello d’annata, da riscoprire e da non lasciarsi sfuggire.

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