Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Matthias Stepancich
Genere: 
Etichetta: 
Slash
Anno: 
1989
Line-Up: 

- Mike Bordin - batteria
- Roddy Bottum - tastiera
- Bill Gould - basso
- Jim Martin - chitarra
- Mike Patton - voce

Tracklist: 

1. From Out of Nowhere
2. Epic
3. Falling to Pieces
4. Surprise! You're Dead!
5. Zombie Eaters
6. The Real Thing
7. Underwater Love
8. The Morning After
9. Woodpecker from Mars
10. War Pigs
11. Edge of the World

Faith No More

The Real Thing

Dopo aver licenziato il frontman Chuck Mosley dalla band, causa comportamenti ormai divenuti troppo sregolati e ingestibili, i Faith No More reclutano l'allora ventunenne Mike Patton, su spinta del chitarrista Martin, dopo aver ascoltato una demo dei Mr. Bungle, la band che Patton capitanava dai tempi della high school. La miscela si rivela esplosiva, ed esce così il terzo album The Real Thing (Slash, 1989), un'altra pietra miliare del "crossover-rock", stavolta accompagnata anche da uno straordinario successo di vendite grazie alle aperture melodiche catchy dei singoli e al maggiore appeal mainstream delle grandiose doti vocali del nuovo vocalist, che si presenta come un "allievo" di Corey Glover dei Living Colour, facendone suo lo stile e portandolo a nuovi livelli espressivi.

Gran parte del merito di questo improvviso e travolgente successo commerciale resta in ogni caso del primo singolo, Epic, che probabilmente resterà per sempre, nel bene e nel male, il pezzo più conosciuto della band; la genialitò che accompagna la scalata alle classifiche di vendita sta nel fatto di riuscire a proporre qualcosa di innovativo pur restando eccezionalmente catchy: basso funk con voce rappata, chorus rock in crescendo con enfasi (appunto) epica, divagazioni demenziali in cui Patton si diverte ad emettere suoni gutturali, testo ironico teso a voler descrivere l'indescrivibile, e conclusione spiazzante in cui un malinconico tema al pianoforte prende il posto del fade-out principale, sfumando il confine tra sperimentazione seria e auto-parodia in una maniera che ricorda, nello spirito più che nella musica, Frank Zappa.
L'opener From Out of Nowhere è invece un rock vicino all'heavy-metal sostenuto magistralmente da chitarre e tastiere impegnate in una progressione dai toni epici, più vicini all'immaginario fantasy che al sound multietnico e da strada tipico del crossover; Falling to Pieces sfodera una memorabile power-ballad funk-rock-pop che sembra una versione sofisticata del sound dei Red Hot Chili Peppers, e viene elevata emozionalmente dagli intrecci vocali di Patton.
Se fino a questo punto del disco era palpabile uno sprizzante e contagioso entusiasmo spensierato giovanile, con Surprise! You're Dead! la band sfoga la propria vena di follia distruttiva più heavy-metal, incastonandola alla perfezione prima di Zombie Eaters (anche come titoli), inziale placida lullaby (con arpeggio chitarristico "rubato" a Love Seems Doomed dei Blues Magoos, 1966) che poi diventa un pezzo rock lacerante, sulla scia dei bombardamenti di Introduce Yourself.
Si arriva così alla title-track, che, nei suoi 8 minuti di balzi stilistici magistrali, mostra pregi e limiti della nuova apertura più melodica e orecchiabile: l'alternanza di soffusioni jazzate, sincopi funk e melodie vocali resta accattivante, ma non giustifica né i toni seri né l'intera sua durata, mancando di una vera tensione psicologica: questi "nuovi" Faith No More, che hanno rimodellato in versione più liquida e commerciabile il sound del precedente album, sembrano molto più a loro agio nei territori dell'ironia scanzonata.
Si torna ad un funk-rock-pop più catchy con il "lento" Underwater Love, dipinto a pennellate soprattutto dai giochi di tastiera e basso, mentre il violento hard-rock-funk di The Morning After, travolto dalle chitarre di Martin, si lega a scenari da battaglia urbana sullo stile dei film di Walter Hill.
Questi ultimi due pezzi mostrano tuttavia una minor evoluzione dal precedente Introduce Yourself rispetto a quanto avevano fatto le tracce in apertura, ma alla sensazione di sottotono tenta di porre rimedio la sfrenata Woodpecker from Mars, orgia strumentale dalle ritmiche schizofreniche, sostenuta e vitalizzata specialmente da uno splendido lavoro di tastiere e basso, che la fa entrare in territori prog-metal.
La trascinante ballad soul-jazz a piano e voce Edge of the World, un evidente parto di Patton, chiude l'album nella versione in vinile, mentre nelle altre viene preceduta da una riuscita cover di War Pigs (Black Sabbath), trasfigurata e riadattata al tipico sound della band.

Sebbene le chitarre (di Martin) e le tastiere (di Bottum) siano indubbiamente cresciute in maturità e capacità, e l'ingresso di Mike Patton abbia reso il mix stilistico della band più catchy e appetibile alle masse, qualcosa è andato perduto nel passaggio dal precedente Introduce Yourself a questo ingresso nel mondo del mainstream: la carica più punk, sovversiva, abrasiva, ciò che insomma avrebbe reso più profonde e penetranti le tracce maggiormente distanti dalle influenze pop, è ridotta ormai al minimo.
Il disco resta un clamoroso successo di pubblico e di critica, ma il cambio di rotta che la band intraprenderà con il successivo Angel Dust indicherà la non totale soddisfazione (specie da parte di Patton, ma non solo) nei confronti di una formula ancora leggermente ingenua e giovanilistica.
 

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