Voto: 
9.2 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
Candlelight Records
Anno: 
1997
Line-Up: 


- Ihsahn - Voce, Chitarra, Tastiera
- Samoth - Chitarra
- Trym Torson - Batteria e Percussioni
- Jonas Alver - Basso


Tracklist: 


1. Al Svartr (the Oath)
2. Ye Entrancemperium
3. Thus Spake the Nightspirit
4. Ensorcelled by Khaos
5. The Loss and Curse of Reverence
6. The Acclamation of Bonds
7. With Strength I Burn
8. The Wanderer

Emperor

Anthems to the Welkin at Dusk

Emperor, 1997: gli adepti dell’Imperatore aspettano frementi il successore del magistrale In The Nightside Eclipse. Ben tre anni sono passati dall’uscita del debut e le vicende di alcuni membri della band hanno rallentato il lavoro dell’Imperatore; l’incarcerazione di Faust e la lontananza –con conseguente abbandono- di Tchort lasciarono gli Emperor post-Nightside mutilati nella forma, ma non nella sostanza: la convinzione dei fondatori Ihsahn e Samoth non era scemata. Inizialmente nel gruppo entrarono Hellhammer (batterista di Mayhem e Arcturus) e Sverd (pianista degli Arcturus), ma dopo qualche prova Ihsahn si accorse che mancava il giusto feeling e li allontanò. Come se non bastasse, anche Samoth finì in prigione per le vicende legate a Varg Vikernes.
Tuttavia, nemmeno i guai con la giustizia di Samoth inficiarono la creatività del gruppo: tornato libero il chitarrista e assoldato il bravissimo batterista Trym (drummer sui due primi album dei connazionali Enslaved, storico gruppo Black/Viking con cui con cui gli Emperor rilasciarono uno split nel ‘93), gli Emperor scrissero, provarono e registrarono prima l’EP Reverence e poi il loro secondo full: Anthems to the Welkin at Dusk.

Ancora ai GriegHallen, ancora con Pytten, ancora capolavoro. Non era assolutamente facile mantenere le aspettative dopo un lavoro quale Nightside, ma gli Emperor scrivono materiale scevro da imperfezioni e cadute di tono, che si evolve leggermente, nonostante mantenga inalterate alcune caratteristiche, rispetto al seminale predecessore -
ancora più che sul debut, su "Anthems..." ogni pezzo è degno di essere considerato un 'classico', e non c’è la benché minima caduta di tono.
Cos'è cambiato, dunque, nell'Emperor-sound? Poco dal punto di vista tastieristico, in quanto Ihsahn compie un ottimo lavoro in fase di arrangiamento, sostenendo le composizioni con corposi inserimenti di synth, sempre molto presenti ma mai tanto invadenti da annacquare il suono generale.
Le chitarre macinano riff su riff, a volte più semplici, a volte più tecnici: nel suono degli Emperor essi si mescolano alla perfezione e il risultato generale è decisamente di livello elevato, mentre le parti di basso, questa volta affidate ad una vecchia conoscenza di Faust, Alver, sono ancora nascoste dal mixaggio.
E' la batteria a essere protagonista del principale cambiamento: Trym è decisamente più tecnico e veloce di Faust, ed il suo stile serratissimo, unito alle sue accelerazioni devastanti, da un tocco più violento a questo full: "Nightside..." era perlopiù basato su mid-tempos, mentre in "Anthems..." assistiamo a un significativo aumento della velocità - detto questo, va comunque ribadito come Trym non abbia problemi a gestirsi anche nei passaggi più lenti e atmosferici, da sempre trade mark del sound targato Emperor.
Le liriche, ricche e interessanti, sono più oscure e profonde rispetto al passato, e lasciano momentaneamente da parte il mondo “esterno” (perlomeno nelle pure descrizioni) e si concentrano invece sui pensieri e su quanto vi è all’ “interno” dell’ascoltatore e del compositore - esse sono declamate con profonda intensità da un Ihsahn in stato di grazia che utilizza, oltre al suo leggendario screaming, anche delle clean vocals di ottimo effetto, delle parti parlate e dei cori: il tutto contribuisce senza dubbio a dare al disco un tono molto epico, maestoso e 'classicheggiante'.

quell’epicità cui ho accennato. Ad aumentare esponenzialmente la varietà vocale del cd, nel repertorio vi sono anche delle vocals parlate, solitamente dal timbro basso, e quei cori che già gli Emperor avevano sperimentato nella traccia finale del loro disco precedente.

Iniziamo il viaggio: il primo inno è "AlSvartr", un'introduzione di grande descrittività di circa 4 minuti in cui la soffocata voce narrante ci trasporta in una foresta, luogo in cui l’Imperatore giurò di regnare con 'oscura saggezza'. In un climax eccezionale, lo Spirito della Notte accoglie la sua richiesta e il narratore si unisce alle forze dell'oscurità: l’evocativo arpeggio di chitarra, i sussurri, le distorsioni da brivido, i suoni della foresta, il giuramento - d’improvviso appaiono delle tastiere dal sapore medioevale e dei potenti tamburi, mentre un Ihsahn sempre più ispirato conclude il rito con un urlo che ci catapulta nel turbine iniziale di "Ye Entrancemperium", il cui riff d’attacco, firmato da un certo signor Euronymous, è feroce e caotico; l’accelerazione che conclude il brano lascia storditi per la sua violenza, ma è l’impressionante varietà di tutta la canzone ad incantare.
"Thus Spake the Nightspirit", uno dei pezzi più osannati dai fans, è fra i migliori del lotto, merito principalmente del riffing estremamente convincente e dell'eccezionale espressività del cantato: il tutto culmina nuovamente nel finale, nel quale la voce di Ihsahn, impostata su un timbro basso ed affascinante, prega “Spirito della notte, abbraccia la mia anima”.
Brano principale dell’EP Reverence, la quinta "The Loss And Curse Of Reverence" è un grido d'accusa da parte dell'Imperatore, che si scaglia contro il mondo falso e vuoto prima di allontanarsi, sprezzante, da esso; stavolta protagoniste sono le chitarre, creatrici di un riffing inconfondibile: il tormentato screaming di Ihsahn non da tregua, e permette al brano di scorrere via con grande dinamicità nonostante la sua compattezza e pesantezza.
Questa gemma è contornata da due brani di altrettanto splendore: "Ensorcelled By Khaos" è caratterizzata da un ritmo incalzante e da tastiere ottimamente arrangiate, oltrechè da intermezzi cadenzati e da un grande impatto, mentre lo spazio per i synths aumenta notevolmente in "The Acclamation of Bonds": la notte si fa ancor più  tenebrosa, spettri e nuvole si mescolano tra loro vagando in quel surreale cielo boreale che vorrebbe essere ricreato dalla sinfonie delle tastiere.
E ora, il capolavoro del disco, principale vanto di "Anthems": è l'ora di "With Strenght I Burn", brano epico, violento imprevedibile, maestoso. Otto minuti e sedici secondi di straripante potenza, in cui l’Imperatore sfoggia tutta la sua classe, annichilendo sia il fato, che aveva tentato di contrastarne l’ascesa, sia la massa di Black Metal bands del periodo, per la stragrande maggioranza dei casi incapaci di arrivare anche solo a concepire un inno capace di unire in modo tanto sublime una controllata teatralità e una fredda ferocia.

Un disco come questo non necessita di altre parole: degno successore di "In the Nightside Eclipse" ("Anthems to the Welkin At Dusk" gli è inferiore solo per importanza storica), questo album merita di finire negli scaffali di chiunque si interessi di Metal estremo, in quanto punta di diamante della scena Black Metal novantiana.
“Emperor Performs Sophisticated Black Metal Art Excusively”.
Il Black Metal può essere arte? L’orgogliosa risposta dell’Imperatore è Anthems to the Welkin at Dusk: sta a voi decidere se entrare fra le sue orde... o rimanerne al di fuori.

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