Voto: 
4.5 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
GMR Music/Audioglobe
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Leif Edling - basso, chitarra, voce
- Björn Eriksson - chitarra
- Chris Laney - chitarra
- Lars Sköld - batteria
- Carl Westholm - tastiera

Tracklist: 

1. The Scar (05:55) 
2. It Is Not There (04:26)   
3. Angelic 'til I Die (04:54)   
4. On the Edge Of Time (06:17)
5. Butterfly (00:57)   
6. My Black Birthday (05:39)   
7. Space Killer (05:40)   
8. Nautilus (09:33)

Leif Edling

Songs of Torment, Songs of Joy

La bizzarra copertina che introduce il primo lavoro solista di Leif Edling, mastermind dei Candlemass fin dal 1984, non rappresenta di certo un seducente biglietto da visita per gli appassionati e gli irriducibili del Doom Metal. Songs Of Torments, Songs Of Joy appare come il capitolo discografico d’esordio di un progetto che non ha molto da insegnare, dato che tutti gli elementi proposti nelle otto tracce che lo compongono sono figli della tradizione Doom ottantiana. E’ innegabile che Leif Edling si possa considerare con i suoi Candlemass uno dei fondatori dei canoni del genere, ma un lungo ventennio separa ormai il capolavoro Nightfall e questo ultimo vagito del bassista.
La nostalgia per i tempi passati non giova alla qualità di un album che affonda le proprie radici nell’antiquato ma affascinante Doom dei Black Sabbath, dei Solitude Aeturnus, dei Trouble e degli stessi Candlemass.

Ritmiche lente e ridotte all’essenziale, timbro massiccio, organi dal sapore ecclesiastico e linee vocali cimiteriali costituiscono le deboli fondamenta della cattedrale sonora innalzata da Edling; in questo suo lavoro di vana consacrazione personale, il compositore britannico viene affiancato da musicisti estranei al panorama Doom Metal, ad eccezione dell’amico Carl Westholm alle tastiere, già suo compagno nei Candlemass (durante il periodo del deludente Dactylis Glomerata) e nei Krux.
Solo alcuni brani si possono quindi ritenere degni di nota, come l’apocalittica Angelic ‘till I Die o la recitativa On The Edge Of Time, due liturgie oscure che elevano leggermente l’andamento di un’opera piatta e derivativa.
Più si procede nell’ascolto di Songs Of Torments, Songs Of Joy, più si comprende la povertà di idee in possesso al doomster svedese, la cui voce non riesce neanche ad eguagliare quella dei protagonisti più memorabili del genere, quali Messiah Marcolin o il primo Ozzy Osbourne.
A differenza poi di gran parte delle meritevoli pubblicazioni del genere, non vengono privilegiati inserti acustici o atmosferici, che avrebbero reso il disco più variegato ed interessante.

Concludendo, un’opera come Songs Of Torments, Songs Of Joy appare antiquata e fine a se stessa all’interno di un immenso panorama Doom che rimane spesso troppo legato al filone Heavy; in definitiva, nonostante le ultime produzioni targate Candlemass abbiano fatto ben sperare in un debutto denso di contenuti e sfaccettature inedite, la cruda realtà della futilità musicale aleggia sulla dimensione old school plasmata da un Leif Endling non più inventore ma emulatore.

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