Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Kitchenware
Anno: 
2005
Line-Up: 

- Tom Smith - Voce, Chitarra
- Chris Urbanowicz - Chitarra
- Ed Lay - Batteria
- Russel Leetch - Basso

Tracklist: 

1. Lights
2. Munich
3. Blood
4. Fall
5. All Sparks
6. Camera
7. Fingers In The Factories
8. Bullets
9. Someone Says
10. Open Your Arms
11. Distance

Editors

The Back Room

Gli Editors, giovanissima band inglese di Birmingham, viaggiano da quasi un anno oramai su livelli stratosferici tanto di pubblico (grazie Mtv) quanto di critica: merito del loro primo full lenght The Back Room, disco che probabilmente verrà ricordato come tra le migliori produzioni indie del post-duemila. E i motivi non sono per niente pochi.
Da una band che gira con una certa costanza su Mtv, un pubblico "sapiente" si aspetterebbe un disco scialbo e sputtanatamente mainstream, invece gli Editors si staccano di dosso etichette e maschere, fini commerciali e monetari, mostrandoci egregiamente ciò di cui la loro splendida musica è composta. Basato su un sound ibrido tra il pop britannico (Coldplay in primis) e l'ondata indie-new wave moderna (Interpol e simili), il registro compositivo di The Back Room, al di là delle evidenti influenze stilistiche, si dimostra estremamente compatto, variegato e molto attento alle emozioni, sia nei momenti più catchy che in quelli più cupi e sofferti.

Eppure l'inizio non è dei migliori: Lights (come del resto la terza Blood), sebbene ritmata e sostenuta, fatica infatti nel presentare buone successioni melodiche (qui abbastanza prevedibili), lasciando di conseguenza alla successiva Munich il compito di rapire definitivamente l'ascoltatore con i suoi ritmi ballabili e la sua continua e irrisolvibile tensione emotiva, espressa mediante ottimi spiragli melodici e arrangiamenti forti e d'impatto (tra i migliori episodi del lotto). Quando poi si arriva così a Fall, il disco comincia a presentare anche il suo lato oscuro: pezzo atmosferico e da brivido, Fall è una ballata lenta e dismessa dai toni decadenti, su cui la voce di Tom Smith si impone in tutta la sua forza espressiva e drammatica (oltre che nell'incredibile somiglianza con quella di Paul Banks). Simili agli Interpol anche nell'impostazione compositiva e in alcune fasi dell'arrangiamento (le chitarre e le ritmiche spesso ne risentono eccessivamente) gli Editors si dimostrano in ogni caso un complesso di tutto rispetto, accattivante (l'ottimo refrain di All Sparks), melodico (Fingers In The Factories) e non privo di una dimensione più profonda e riflessiva (la già citata Fall, Camera, Distance). Simbolo di una sapiente commistione di revival post-punk, rock leggero e brit-pop, The Back Room è un disco che, sebbene nasca dalle intuizioni di altri, è perfettamente in grado di auto-sostenersi mediante un registro compositivo ricco e sfumato, sovente in grado di emozionare con una profondità che l'indie moderno pare essersi dimenticato.

Perciò, complimenti a loro (sono alla prima fatica discografica) e soprattutto a chi ha fermamente creduto in tale proposta (in questo caso la "taciturna" Kitchenware), esempio di come la musica del passato possa essere rievocata senza ricadere nei soliti clichè, nelle ripetizioni, nelle tautologie e nelle ovietà del caso: al di là di un'originalità compositiva che deve ancora essere modellata e arricchita, gli Editors hanno rinfrescato alla grande un panorama come quello indipendente inglese che, per sopravvivere al mainstream e alle brutali sottomissioni del mercato discografico, necessitava decisamente di una così fresca ventata musicale.

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