Voto: 
9.0 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Black Mark
Anno: 
1997
Line-Up: 

- Dan Swano - voce, chitarre, basso, tastiere
- Benny Larsson - batteria
- Anders Mareby - violoncello

Tracklist: 

1. Hell Is Where The Heart Is
2. Helter Skelter
3. 15:36
4. The Bleakness Of It All
5. Damned (By The Damned)
6. Forever Together Forever
7. Losing Myself
8. Hollow
9. Inferno
10. Burn The Sun
11. The Last Song

Edge of Sanity

Infernal

Quando in una band coesistono anime votate al marciume e altri alla classe cristallina, é molto probabile il verificarsi di conflitti e divergenze stilistiche. E così é stato per gli storici Edge Of Sanity, che con Infernal giungono effettivamente al capolinea della loro carriera artistica (senza contare Cryptic - suonato e prodotto senza Swano - e Crimson II, registrato e ideato unicamente da quest'ultimo): ultima testimonianza del sodalizio tra il cigno di Orebro e l'infedele aiutante Andreas Axelsson, il capolavoro del 1997 rappresenta l'opera più contrastante e frammentata della discografia della band svedese, ed è una cosa di cui ci si rende conto sin da subito.
Proiettato verso un insolito e sperimentale connubio di death metal e rock melodico, Infernal è un disco tra i più particolari e variegati che la storia della musica estrema scandinava ci abbia mai regalato, proprio perchè emblema della fusione e al contempo della dissoluzione di un processo creativo estremamente frastagliato e conflittuale, al cui interno si sposano e si distruggono progressivamente lo spirito ricercato ed elegante di Swano (ancora una volta in stato di grazia) e il più grezzo registro compositivo di Axelsson: il risultato non è altro che un disco sconvolgente, marcio ma atmosferico, brutale ma malinconico, diabolico e decadente.

La poesia di Hell Is Where The Heart Is, perfetta simbiosi di sound metal e strutture rock, apre il disco sottolineando immediatamente il salto di qualità rispetto ai precedenti Purgatory Afterglow e The Spectral Sorrow: produzione sopraffina, impatto devastante, arrangiamenti sempre più eleganti e curati in cui violenza e classe si abbinano alla perfezione nonostante il conflitto tra due sfere stilistiche che si fondono e si separano durante tutto l'arco del disco. Da Helter Skelter e The Bleakness Of It All (emblemi dello stile axelssoniano) fino agli intoccabili capolavori 15:36 e Losing Myself (frutto del grande genio rock di Swano), Infernal prosegue lungo queste coordinate stilistiche sciorinando a ripetizione gioielli di più che rara qualità: 15:36 e il suo connubio di growl e riffing rock-oriented, Losing Myself e il suo trascinante melodismo Aor, o ancora la poesia infernale di Forever, Together, Forever (scritta da Mikael Akerfeldt), il più compatto vigore strumentale di Damned e l'atmosfera quasi funerea e agghiacciante di Hollow.

Passo dopo passo Infernal mostra senza la minima pecca le sue innumerevoli qualità e la sue coinvolgenti trame narrative, preparando infine l'ascoltatore al sovrannaturale finale del disco, un trittico conclusivo intoccabile, sublime e perfetto nel riassumere un'ultima volta - e nella maniera più emozionante in assoluto - la varietà e la poliedricità espressiva di un'opera disumana. Capolavoro numero uno, Inferno: batteria indemoniata tanto quanto le chitarre di Swano e Axelsson, un concentrato purissimo di furia, melodia e di iper-tensione emotiva come il vero death svedese insegna. Capolavoro numero due, Burn The Sun: irripetibile simbiosi di riff granitici e aperture melodiche mozzafiato, come dimostra il sublime (e ribadisco sublime) stacco atmosferico a 3/4 di pezzo, un'estasi emozionale senza confini, un brivido che gela cuore e spina dorsale nel medesimo istante. Capolavoro numero tre, The Last Song, ovvero l'ultima confessione, l'ultimo e commovente pianto di uno Swano mai così intenso e introspettivo: un semplice giro di pianoforte su cui si scioglie in poesia un canto morbido e decadente, risucchiato dalla struggente esplosione sonora che accompagna il brano fino al suo termine, chiudendo Infernal nella maniera più giusta ed emozionante.

Perchè dopo il marciume, dopo il genio scintillante, dopo le distorsioni e gli abissi atmosferici, mancava solo l'emozione pura e diretta, quella che non si può contrastare, quella che - in un modo o nell'altro - ti butta a terra e ti mangia il cuore.
Infernal é un album che non può essere catalogato, che non conosce etichette, che non può essere nemmeno descritto per la sconvolgente varietà da cui è pervaso: l'unica cosa certa è che, dopo opere altrettanto belle come The Spectral Sorrow e Purgatory Afterglow (Crimson non si conta in quanto capolavoro a parte), gli Edge Of Sanity si sono ripetuti nella maniera più lucida e palese, attraverso un disco che il metal moderno difficilmente riuscirà a dimenticare, proprio perchè sua rielaborazione peculiare e dannatamente affascinante.
 

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