Voto: 
8.3 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
Supernal Music
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Roman Saenko – Voce, Chitarra, Basso, Tastiere

- Yuriy Sinitsky – Batteria

- Thurios – Chitarra, Basso



Tracklist: 

1.Nav' (02:25)

2.Furrows Of Gods (08:57)

3.When The Flame Turns To Ashes (10:37)

4.Solitude (12:24)

5.Eternity (10:38)

6.Ukrainian Insurgent Army (05:02)

Drudkh

Blood in Our Wells

Che atmosfera, che classe cristallina, che brividi: è un ritorno in pompa magna per gli ucraini Drudkh, che confezionano il miglior disco Black Metal targato 2006.

Proprio così, “Blood on Our Wells” (titolo originale: “Krov u nashykh Krynytsyakh”) è un capolavoro del Black, capace di raggiungere ed affiancare il secondo, fenomenale disco della band, quell’ “Autumn Aurora” (2004) che li aveva fatti conoscere ed apprezzare in tutta la scena underground: come per quel disco, anche per questo nuovo, quarto capitolo della formazione est-europea i consensi sono unanimi e decisamente positivi. E proprio ai suoni di “Autumn Aurora” si ritorna, dopo un “The Swan Road” (2005) più aggressivo ed elettrico – ora il Pagan-Black Metal del trio torna a destreggiarsi tra le influenze acustiche e quelle folk, nonostante rimanga comunque dominante la carica intimista, naturalistica e malinconica delle loro chitarre elettriche, coadiuvate dalle tristi ma rabbiose vocals in screaming di Roman Saenko. Il suono dei Drudkh è stato anche definito ‘depressive Black’: definizione da rigettare completamente, in quanto non c’è depressione, non c’è cupezza, né oscurità; “Blood in Our Wells” e, più in generale, il suono dei Drudkh, è nostalgico, poetico, ricco di emozioni variegate e di sfaccettature, come solo la natura sa esserlo, con le sue stagioni, le sue vicissitudini, la sua crudeltà e vitalità.

In questo senso è fondamentale quindi l’apporto delle influenze del Folklore slavo e ucraino, richiamate spesso durante il disco, e in particolare nell’atmosferica intro “ Nav’ ”, che sembra quasi tratta da un qualche spezzone di documentario o colonna sonora, ed introduce la splendida “Furrows Of Gods”, nei cui primi cinque minuti vengono condensate le migliori caratteristiche della musica del gruppo: screaming in secondo piano dietro il riffing appassionato, ritmi precisi, stacco acustico, assolo clamoroso: c’è quanto basta per rendere questo brano uno dei più belli mai composti dal trio est-europeo.
E non pensate di esservi già gustati il meglio, poiché “When The Flame Turns to Ashes” va ad innalzare ulteriormente la qualità sonora e riprende alcune caratteristiche della precedente, come l’assolo nel primo minuto, prima di evolversi in un brano sorprendente, più volte interrotto da stacchi acustici e infine capace di esplodere in tutta la sua potenza espressiva.
Le due tracce centrali “Solitude” ed “Eternity” richiamano il sound del già citato masterpiece “Autumn Aurora” e contribuiscono all’aumento del fascino di questo formidabile platter: il quarto capitolo è aperto da un fraseggio acustico e da un up-tempo rabbioso che calerà di velocità durante i 12 minuti che compongono la song, mentre la quinta fa precedere il solare riffing da un incipit dal sapore inequivocabilmente folkloristico.
La carica nazionalista e l’orgoglio delle proprie origini sono espressi anche a livello lirico, poiché i Drudkh vanno a riprendere e utilizzare gli scritti di diversi poeti (contemporanei e non) della loro madrepatria per i loro testi; e i forti legami con la propria terra vengono ribaditi con un finale di grande fierezza, “Ukrainian Insurgent Army”, una strumentale richiamante nel titolo un’organizzazione indipendentista di resistenza militare attiva durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, autrice di sanguinosi combattimenti, attacchi e rappresaglie contro nazisti, polacchi e sovietici per l’autonomia dell’Ucraina.

Come sempre, è la superlativa bontà delle melodie a rendere grande un disco Black, e non fanno eccezione i Drudkh, che con questo “Blood in Our Wells” hanno centrato il bersaglio grosso: ottime capacità e maturazione delle stesse, un sound definito e personale, alcuni fra i migliori pezzi mai usciti dalla scena estrema dell’Europa Orientale, compattezza ed omogeneità per un amalgama perfetto dei momenti acustici con quelli aggressivi, profondità emotiva ed istinto trattati con lucidità e conoscenza dei propri mezzi: non vedo cosa possa mancare a questo platter.
Non c’è altro da aggiungere, se non l’invito, per gli appassionati, ad ascoltare senza esitazione il nuovo capolavoro del gruppo ucraino: in ambito Black, quest’anno, è veramente difficile trovare qualcosa di meglio di “Blood in Our Wells”.

NUOVE USCITE
Filastine & Nova
Post World Industries
Montauk
Labellascheggia
Paolo Spaccamonti & Ramon Moro
Dunque - Superbudda
Brucianuvole
Autoprod.
Crampo Eighteen
Autoprod..
BeWider
Autoprod..
Disemballerina
Minotauro
Accesso utente