Voto: 
4.5 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
Supernal Music
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Roman Saenko – Basso, Chitarra
- Thurios (Roman Blagih) – Voce, Tastiera
- Amorth (Yuriy Sinitsky) – Batteria

Tracklist: 


1. Fallen Into Oblivion (06:58)
2. Ashes (06:25)

Drudkh

Anti-Urban

Primo buco nell’acqua in una discografia altrimenti ineccepibile. E’ tutto qui, purtroppo, “Anti-Urban”, il nuovo EP dei Drudkh, la cui vena prolifica ha infine portato ad un prevedibile inaridimento della vena creativa: alla sesta pubblicazione in quattro anni, il trio ucraino non riesce a rinnovare le proprie intuizioni e fallisce, per la prima volta, nel pubblicare un prodotto che sia d’interesse per gli ascoltatori. Poco male, visto che si tratta di un 10’’ vinilico limitato a 1000 copie, peraltro disponibile esclusivamente presso la Supernal Music e dalla durata inferiore al quarto d’ora; piuttosto, fa preoccupare questa carenza d’ispirazione in previsione dell’imminente uscita del nuovo full-length “Estrangement” (atteso per le prossime settimane e già disponibile per l’acquisto in anteprima sul website della succitata etichetta), sul quale si ripongono speranze di ben altra levatura.

Cosa non va? “Anti-Urban” ha, innanzi tutto, un suono poco organico e piuttosto anomalo, dovuto sia ad un mixing poco brillante (che più che ricordare i Drudkh, porta alla mente le più rugose produzioni degli Hate Forest) sia a scelte stilistiche non molto felici, in quanto l’esclusione di tastiere, parti vocali e sezioni acustiche, tre colonne portanti della passata produzione del trio slavo, nuoce abbastanza alla resa generale di brani che difettano di trovate interessanti già a livello di songwriting, ma che avrebbero potuto salvarsi se fosse stata posta maggiore attenzione in fase di rifinitura.

Il primo lato è occupato da “Fallen Into Oblivion”, strumentale piuttosto noiosa e deprimente, in cui i Drudkh cercano di appropriarsi delle forme del Depressive Black, relegando le influenze Folk ad un ruolo praticamente privo di importanza: come in tutto l’EP (e, come, si suppone, accadrà anche in “Estrangement”) sono le chitarre elettriche ad accollarsi interamente l’onere di costruire le melodie, visto che basso e batteria seguono pedantemente tempi lenti e privi di intuizioni – alle sei corde pluri-incise di Roman Saenko il compito riesce a metà, visto che alcuni buoni riff finiscono per annegare nella monotonia generale, incapaci di reinventarsi e costretti a ripetersi senza guizzo alcuno: dopo sette minuti di straziante incedere monotematico, il brano si chiude nel più totale anonimato, semplicemente con l’abbassamento del volume (espediente piuttosto mediocre, oltretutto ripropostoci anche nella seconda canzone, significativo del momento di scarsa inventiva in cui paiono versare gli ucraini).

Il disappunto è in parte placato da “Ashes”, episodio nettamente più veloce ed interessante: il secondo lato del 45 giri si rivela di caratura superiore al primo, ma è gravato da un cantato dal suono piuttosto confuso e sordo, che incide pochissimo ed anzi quasi disturba la resa delle chitarre (più dinamiche in questa seconda parte, sostenute da un up-tempo basilare ma perlomeno capace di tener sveglio l’ascoltatore); insomma se prima si rimpiangeva la decisione di escludere il canto (che avrebbe potuto rivitalizzare “Fallen into Oblivion”) ora ci si trova a condannarne la presenza, data la bassa qualità delle linee vocali proposteci da Thurios. Positivo invece il giudizio sul riffing di Saenko, asciutto e poco evocativo, ma comunque capace di brillare nel presentarci una versione dei Drudkh che, come esemplifica il titolo, si sono concentrati maggiormente sulla descrizione delle rovine della cementificata società moderna, piuttosto che sull’esaltazione della natura est-europea e dei suoi paesaggi maestosi, come accadeva, ad esempio, in dischi come “Autumn Aurora” o “Songs of Grief and Solitude” .

L’ombra di un piccolo punto interrogativo di staglia su “Estrangement”: dovessimo far fede al solo “Anti-Urban”, ci potremmo anche sentire sconfortati e presagire la pubblicazione di un disco di bassa lega; guardando alle capacità e alla storia dei Drudkh, invece, possiamo comunque attenderci una prova maiuscola, che continui i fasti di quel “Blood in Our Wells” che l’anno scorso fece gridare al capolavoro. In fondo - e tenendo presente anche la presenza di un paio di buone idee snocciolate in “Anti-Urban” - le premesse per un buon disco ci sono, ed anche questa nuova veste più angosciante (molti, non a torto, hanno citato Burzum come principale influenza per questo EP) e ruvida può dare delle soddisfazioni, se sviluppata in modi diversi e con maggiore impegno: è mia opinione che il gruppo non sia alla frutta, nonostante questo quarto d’ora tenti di dimostrare il contrario.
In breve: tenetevi lontano da “Anti-Urban” e attendete “Estrangement”.

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