Voto: 
5.3 / 10
Autore: 
Gravenimage
Genere: 
Etichetta: 
Magic Circle Music/Audioglobe
Anno: 
2006
Line-Up: 


- Floor Jansen - voce
- Luca Turilli - tastiere
- Dominique Leurquin - chitarra
- Sascha Paeth - basso
- Robert Hunecke Rizzo - batteria


Tracklist: 

1. Introspection
2. Virus
3. Dreamquest
4. Black Rose
5. Lost Horizons
6. Sospiro Divino
7. Shades of Eternity
8. Energy
9. Frozen Star
10. Kyoto's Romance
11. Too Late
12. Dolphin's Heart
13. Gothic Vision (Bonus Track)

Dreamquest

Lost Horizons

Luca Turilli colpisce ancora, ripetutamente. Il musicista italiano sembra essere in una fase incredibilmente feconda e, non accontentandosi del progetto solista, giunto ormai alla terza uscita, che porta il suo nome, presenta ai suoi fan una nuova band, i Dreamquest, composta da musicisti esperti e vecchie conoscenze. Se metà di questi già suonano nei Luca Turilli, e cioè gli immancabili Paeth (basso) e Rizzo (batteria), troviamo anche alcune varianti di interesse nella partecipazione di Dominique Leurquin, che lo affianca come chitarra ritmica in sede live nei Rhapsody, e soprattutto nel sodalizio stretto con la cantante degli After Forever Floor Jansen, che mette a disposizione la sua splendida voce. Altra curiosità è che qui il nostro Luca non suona la chitarra, che appunto è lasciata a Leurquin, ma la tastiera, sua passione da sempre, avendo iniziato a studiare pianoforte anche prima di imbracciare lo strumento a corde.

Iniziando ad ascoltare l’album, le aspettative parrebbero confermate da Introspection, l’intro più breve (14 secondi) mai composta da Luca, su cui si innesta Virus, un’opener favolosa, con una Floor Jansen che conferma l’ottima scelta di Turilli alla voce. La track, che ricorda i migliori Within Temptation e After Forever, è strutturata con equilibrio, e rispecchia il meglio delle capacità del chitarrista nostrano: orchestrazioni di gran classe, ritornello trascinante, uso dell’elettronica per dare mistero e corposità al brano. Peccato che, dalla seconda traccia in poi, malgrado la splendida partenza, le cose si mettano decisamente male. Le canzoni perdono di slancio ed ispirazione, adagiandosi su un canone piuttosto scialbo e poco coinvolgente. Le chitarre, probabilmente proprio perché non composte e “performate” col solito occhio di riguardo di Luca, sono scarsamente incisive e conferiscono, tranne che in rari episodi, una patina di apatia alla maggior parte dei brani. Lo stesso dicasi per le parti affidate alle famigerate tastiere, che, per carità, certo non sono male eseguite, ma anche qui si nota una certa polvere che avvolge tutto quanto.

Alcuni brani, specialmente nella seconda parte del platter, come Energy e la successiva Frozen Star, ristabiliscono, anche grazie alla performance di Floor, la continuità con la prima traccia, ma qualche tassello ben piazzato non riesce a salvare dalla mediocrità l’intero lavoro, che scade soprattutto per colpa di tracce come Sospiro Divino, canzone cantata in italiano da una Jansen in versione lirica, che parte da buoni presupposti ma manca di quel difficilissimo equilibrio melodrammatico che possedevano pezzi di produzione Rhapsody come Lamento Eroico. Forse Luca ha preteso troppo questa volta, e si consigliano decisamente di più, come alternativa, le ben migliori prove di sé date con i Rhapsody e con la sua trilogia personale.

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