Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Gravenimage
Genere: 
Etichetta: 
Roadrunner Records
Anno: 
2008
Line-Up: 

- ZP Theart – Voce
- Herman Li – Chitarra
- Sam Totman – Chitarra
- Vadim Pruzhanov – Tastiere, Piano
- Dave Mackintosh – Batteria
- Frédéric Leclercq – Basso

Tracklist: 


1. Heroes of Our Time          
2. The Fire Still Burns                  
3. Reasons To Live                  
4. Heartbreak Armageddon                  
5. The Last Journey Home                  
6. A Flame for Freedom                  
7. Inside the Winter Storm                  
8. The Warrior Inside              

Dragonforce

Ultra Beatdown

Non è facile oggigiorno entrare nell’Olimpo del power metal. Negli ultimi anni un eccesso di band desiderose di emulare i fasti di Helloween, Hammerfall e compagnia bella ha reso la scena piuttosto satura, con miriadi di band clone che non hanno aggiunto nulla a quanto fatto in precedenza, limitandosi a riproporre in modo mediocre il sound delle suddette bands. Motivo in più per lodare l’impetuosa ascesa di questo fenomeno di composizione cosmopolita, che vede un inglese, un sudafricano, un neozelandese, un ucraino, un francese e un oriundo di Hong Kong suonare insieme, ritagliandosi il loro posto tra i bigs, grazie soprattutto al precedente platter Inhuman Rampage, che li ha resi famigerati, se non per elementi di novità, per l’entusiasmo, l’abilità di spremere un genere che sembrava andare in embolia, e soprattutto per l’incredibile livello tecnico dimostrato in fase di composizione ed esecuzione.

Le cose sono rimaste come erano, e i Dragonforce si riconfermano, con il nuovo Ultra Beatdown, in costante spolvero, fulminando ancora il popolo metallico con altre otto granate dirompenti, otto pezzi lunghi, come sempre densi di una tecnica inverosimile eppure mai abusata, e orecchiabili al punto giusto, come ci ha ormai abituati l’istrionico chitarrista Herman Li. La opener Heroes Of Our Time apre le danze con autorità, ricollegandosi a quanto fatto in precedenza: partenza alla velocità della luce con un assolo mostruoso e scariche di rullante come cannonate, con la tastiera a supporto delle chitarre, refrain accattivanti e intrecci virtuosistici a tutta forza. Come da copione.

Da’altra parte il copione non fa stancare, perché pur mantenendo una linea definita, i nostri non hanno paura, come già accaduto in passato, di divagare un poco, facendo dei cambiamenti di tempo e melodia un’altra arma vincente. Negli altri sette pezzi si trovano uno o più elementi che, per quanto brevi o marginali, rendono ciascuno diverso e appetibile, come in Reasons To Live, dove vengono osati addirittura un blastbeat iniziale da black metal e una digressione da progressive operistico, e il fatto che questi piccoli esperimenti, che a volte vanno a toccare il prog, altre volte pezzi di storia musicale più datata, non appaiano fuori posto è prova della fluidità dimostrata in fase compositiva.
Ed è proprio la disinvoltura la caratteristica vincente dei Dragonforce, che sanno sposare bene la voglia di dare prova della propria abilità alla capacità di catturare l’ascoltatore, che troverà sempre nei ritornelloni ultracatchy un porto sonoro sicuro, mentre continue accelerate, decelerate, innesti acustici quasi da ballad (Scars Of Yesterday), e assoli da far girare la testa evitano imbarazzanti ripetizioni.

Certo bisogna anche ricordare che sempre di power metal si tratta, e che al di là del tecnicismo e della rapidità anche stavolta non si sta facendo la storia. A chi il power non va giù, i Dragonforce non sono mai piaciuti e continueranno a non piacere. In fondo Li e soci fanno le cose senza compromessi: così hanno cominciato e così finiranno. Per questo non ci turbano più di tanto la tamarrissima copertina con gnocca pseudo-cibernetica armata di disintegratore, e neppure l’assurda insensatezza di testi e parole. I Dragonforce non sono altro che l’essenza di un modo di concepire la musica. La linea sul terreno è sempre lì, probabilmente chi sta da una parte non si sposterà nell’altra, e chi ha ignorato continuerà ad ignorare. Per chi apprezza, semaforo verde.

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