Voto: 
9.0 / 10
Autore: 
Marcello Zinno
Genere: 
Etichetta: 
Elektra Entertainment
Anno: 
2002
Line-Up: 

- Phil Anselmo - voce
- Pepper Keenan - chitarra
- Kirk Windstein - chitarra
- Rex Brown - basso
- Jimmy Bower - batteria

Tracklist: 

1. Lysergik Funeral Procession
2. There’s Something on My Side
3. The Man That Follows Hells
4. Stained Glass Cross
5. Ghosts Along the Mississippi
6. Learn from This Mistake
7. Beautifully Depressed
8. Where I’m Going
9. Doobinterlude
10. New Orleans Is a Dying Whore
11. The Seed
12. Lies, I Don’t Know What They Say But…
13. Flambeaux Jamming With St. Aug
14. Dog Tired
15. Landing on the Mountains of Meggido

Down

Down II: A Bustle in Your Hedgerow...

Il tempo trascorre senza alcun bisogno di aiuto e per i mostri sacri di New Orleans sono passati ben 7 anni dall’ultima (o la prima, fa lo stesso) uscita discografia a nome Down. Troppo? Probabilmente quanto basta per tirare fuori un secondo lavoro che richiedeva una concentrazione enorme ed il risultato è ben visibile da ciascuna traccia. L’output infatti risulta molto più ragionato, anzi no, meglio dire frutto di una seduta psichiatrica, mentre invece NOLA si traduceva più semplicemente in un urlo di dolore (e molto più consono alla situazione on stage). I testi, così come le melodie e l’impatto vocale di Phil, si tramutano in qualcosa di molto più denso; non basta più cavalcare a velocità pericolose toccando le corde della sensibilità umana, ma questa volta i 5 vogliono fermarsi, complicarsi la vita e stare lì a giocare con le emozioni (Stained Glass Cross), materializzare le esperienze (Learn from My Mistake), evidenziare situazioni pericolose (New Orleans Is a Dying Whore).

Come reagirebbero i fan a questo approccio convulso, rabbioso e maturo? Sicuramente non diversamente da ciò che NOLA ha generato: non esiste nota fredda, ed ogni riff porta con sé una tormenta di emozioni che crea appunto questo contrasto aspro e claustrofobico tra razionalità ed emotività. Ecco, questo è l’elemento nuovo che, con Down II, i Down inseriscono nella propria storia musicale e riescono a regalarci. Quale miglior pezzo identifica questo concetto se non Stained Glass Cross, che nella sua interiorità raffigura la morte come un’esperienza angosciante (When taken by the undertaker/no questions anymore/it's higher than the black sky…) adottando una melodia caldamente southern rock quasi da musical carnevalesco.

Non mancano le songs in cui il trademark della band (e soprattutto quello dei passati Corrosion Of Conformity) balza alle orecchie: There’s Something on My Side (che contiene almeno 4 canzoni diverse), Ghosts Along the Mississippi, Beautifully Depressed, The Seed le principali. Queste si incastrano a dovere tra le altre ideazioni sonore dalla mutevole pelle: Learn from This Mistake, Where I’m Going (la più toccante in assoluto con delle introduzioni stilistiche davvero ben fatte), Lies, I Don’t Know What They Say But… (un viaggio introspettivo nei pensieri più profondi di Phil), tra quelle non ancora citate.I testi sono ricercatissimi, carichi di significati difficilmente confondibili, anche dopo essere strizzati a dovere (It's the art of the process that kills off all the rebels: una frase che dice almeno quanto un libro nonostante sia ermetica quanto il pugno in faccia di Vulgar Display of Power?).

Un album che non va ascoltato ma sentito perché il suo obiettivo è quello di oltrepassare il cervello e di finire direttamente nel cuore di ognuno di noi lasciando un segno tanto indelebile quanto singolare sulla base della nostra personale sensibilità. E ad obiettivo raggiunto dobbiamo riconoscere la grande maestria degli artefici di tutto questo.

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