Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Damiano Cembali
Etichetta: 
Koch Records
Anno: 
2009
Line-Up: 

:
Edsel Dope – lead vocals, rhythm guitars, keyboards, samples
Virus – lead guitars, samples, backing vocals
Derrick “Tripp” Tribbett – bass, backing vocals
Angel – drums, percussions

Tracklist: 

:
1. Flat Line (0:37)
2. 6-6-Sick (2:48)
3. Addiction [feat. Zakk Wylde] (2:43)
4. No Regrets (3:30)
5. My Funeral (3:26)
6. We Are (3:25)
7. Dirty World (3:00)
8. Interlude (0:08)
9. Violence (2:51)
10. Best For Me (3:21)
11. Bloodless (0:10)
12. Scorn (3:04)
13. Rebel Yell (4:04)
14. I Don’t Give A… (2:41)
15. Die Boom Bang Burn Fuck (8:26)
16. Nothing For Me Here (3:02)

Dope

No Regrets

Welcome back, dear Dope: dopo ben 5 anni di totale “apathy” (quella americana aveva destato, nel 2005, qualche perplessità di troppo) ritorna uno dei più sottovalutati (e meno conosciuti, soprattutto) fenomeni della scena nu metal a cavallo fra il XX e XXI secolo e la maniera è assolutamente esagerata, proponendo una versione del genere francamente innovativa, assolutamente imprevedibile e per questo ancor più piacevole. No Regrets è, infatti, un lavoro estremamente appetibile, ricco di spunti interessanti per innumerevoli frange di ascoltatori (ciò non significa certamente mettere in discussione l’appartenenza al movimento nu metal, ma quest’ultima risulta ormai etichetta restrittiva e semplicistica), le cui tracce si susseguono in piena autonomia (sono davvero rari i momenti in cui si ha l’impressione di avere a che fare con uno squallido filler) e con la facilità propria degli anthem più accattivanti.

La rivoluzione coercitiva della line-up (dell’era di American Apathy sono rimasti solamente il leader, Edsel Dope, ed il chitarrista Virus: Shay Ricci e Brix Milner sono stati sostituiti da Angel e Derrick Tribbett) non sembra aver indebolito il sound coinvolgente della band, anzi, sembra averlo arricchito di sfumature mutuate da innumerevoli generi, essenzialmente hard rock ed industrial, che ben si sposano con la voce metallica e graffiante del vocalist, perfettamente a suo agio in tutte le circostanze del disco. La varietà di sonorità offerta da quest’ultimo è davvero sorprendente, soprattutto in virtù del fatto che ciascun brano riesce a distinguersi in maniera nitida dagli altri (qualità decisamente rara, soprattutto negli ultimi mediocri prodotti di genere) e a farsi memorizzare in un batter di ciglia: sia la thrashy 6-6-Sick (primo singolo estratto: scelta alquanto opinabile, vista l’invidiabile abbondanza di hit contenute in questo ottimo lavoro) che la groovy Addiction (l’inattesa partecipazione di Zack Wylde offre un riffing tanto semplice quanto trascinante, oltreché un assolo decisamente ben riuscito, seppur in parte fuori contesto), così come le più tradizionali No Regrets (il chorus pseudo - psicotico ricorda da molto vicino i Mudvayne di Lost&Found o l’ultimo The New Game: forse non proprio un complimento) e Scorn (nu metal allo stato puro, nonostante un pattern di batteria piuttosto insolito e ben fatto) presentano tutte degli evidenti tratti distintivi che ne agevolano l’ascolto e l’assimilazione senza lasciar scampo agli ormai consueti sbadigli (d)a ripetizione.

A sortire appaganti effetti di assuefazione contribuiscono anche 2 episodi facilmente riconoscibili sin dal primo ascolto: in primo luogo la emo-ballad (mi si passi la locuzione) My Funeral, che, al di là di un inciso piuttosto ruffiano e dannatamente orecchiabile, presenta un nitido groove di sottofondo sul quale davvero si potrebbe improvvisare una coreografia hip hop; in secondo luogo l’intrigante Dirty World, che sfoga la propria irascibilità glam mediante inquietanti inserti elettronici, acidi riff di matrice industrial e sguaiate ritmiche vocali volutamente strascicate in stile Marilyn Manson edulcorato. In linea di massima, tuttavia, a dominare incontrastati sull’intera costruzione sonora predominano riff e assoli alla 6 corde di assoluta pregevolezza, il ché non significa certamente che siano tecnicamente inarrivabili ma più semplicemente che si fanno apprezzare sin dal primo momento ed offrono alle composizioni quel retrogusto hard rock (anche in questo caso, definizione piuttosto lata: in pezzi discreti quali We Are o Violence riecheggiano intensamente gli attuali stilemi del modern rock à la Nickelback o Shinedown, benché l’impostazione vocale esuli completamente dai confini più puramente rock) che offre all’album una marcia in più rispetto a quanto ci saremmo attesi.

In definitiva, comunque, chi non ha mai apprezzato le sonorità nu metal né tantomeno le approva tuttora, stia ben alla larga da un prodotto qual è quest’ultimo, giacché, nonostante alcuni fondamentali elementi costituitivi siano palesemente mutuati da altri generi (apertura stilistica che merita certamente un plauso ed una valorizzazione sotto il profilo del giudizio finale), la profonda appartenenza dei Dope al movimento nu metal è pressoché indiscutibile e, seppur con numerosi lati anticonvenzionali e distintivi, ulteriormente ribadita; allo stesso modo, non entrino in contatto con No Regrets coloro i quali mal sopportano uno smaccato gusto melodico, dal momento che è proprio l’essenza più orecchiabile ed “anthemistica” il tratto più evidente di questo album, la cui appetibilità discografica è solo apparentemente pari all’intrinseca qualità esecutiva e scrittoria dei nostri. Quanti, invece, non sentano di appartenere a nessuna di queste categorie pregiudiziali, si avvicinino a questa realtà senza alcun timore di sorta: il rischio di rimanerne delusi è pressoché minimo.

Giudizio finale, 7+ : al confine tra nu metal e modern rock, fra melodie catchy e ritmiche abrasive, un lavoro sincero e brillante da parte di una band troppo a lungo trascurata. Complimenti.  

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