Voto: 
8.8 / 10
Autore: 
Andrea Rubini
Genere: 
Etichetta: 
Regain Records/Self
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Matti Kärki - voce

- David Blomqvist - chitarra

- Tobias Christiansson - basso

- Martin Persson - chitarra

- Fred Estby - batteria




Tracklist: 

1. The God That Never Was

2. Shadows Of The Mutilated

3. Time Heals Nothing

4. Autopsy

5. Never Forget, Never Forgive

6. Trail Of The Dead

7. Phantoms (Of The Oath)

8. Into The Temple Of Humiliation

9. Blood For Paradise

10. Feel The Darkness

11. Where No Ghost Is Holy

Dismember

The God That Never Was

A due anni dal loro ultimo lavoro, gli svedesi Dismember tornano alla carica con The God That Never Was. E c´é davvero una sola parola che puó sintetizzare in concetto dell´album: violenza!
Il combo infatti suona un death metal senza compromessi, tenace e ruvido, non disdegnando comunque una certa melodicitá nei brani proposti. Andiamo ad analizzare questi trentacinque minuti di puro e sano headbanging.

L´impatto con la opener é micidiale, la title track infatti riporta in auge i canoni della old school, dove riff secchi e decisi fanno da base al singer Matti e al suo growl. Piú soffisticata e arrangiamenti thrash nella seguente Shadows Of The Mutilated, nella quale il verso "kill" viene ripetuto nella parte conclusiva della canzone, fino a che le ultime note si dissolvono per dare spazio alla terza traccia, Time Heals Nothing. Anche qui la ferocia é netta, cosí come i giri di chitarra avvolgono l´auditorium e lo tengono ancorato al brano, davvero notevole e per tecnica e per esecuzione. Autopsy é molto raw-style, dove evidentemente i trascorsi gore della band riemergono. E la quinta traccia segue a ruota, mantenendo il livello dell´adrenalina alto, grazie ai suoni decisi e alle sgaloppate di Fred Estby. Trail Of The Death apre in modo molto thrasheggiante, regalando una buona parentesi di orchestrazione prima di alzare il livello del ritmo e riproporci lo stampo dell´album. E quando l´ascoltatore é in piena tensione, ecco spuntare Phantom (Of The Oath), brano strumentale veloce e ritmato, con cambi di tono netti ma ben amalgamati nel contesto generale della canzone, quasi si trattasse di una jam registrata durante la scrittura dei pezzi e regalata ai fans. Into The Temple Of Humiliation riprende il concetto introdotto da Autopsy, dove atmosfere cupe e sonoritá old school si mescolano, risultando un brano davvero intenso e dalle ottime prospettive musicali. L´album si avvia alla conclusione, e mentre Blood For Paradise e Feel The Darkness tengono alta fin dalle prime note la tensione, la conclusiva Where No Ghost Is Holy da una illusione di calma, prima di sfogarsi anch´essa in una ritmica veloce ed incalzante, degna conclusione di un album che non ci ha mai fatto abbassare la guardia.

In breve, The God That Never Was é un album che offre pochi, ma ottimi, minuti di puro death, dove old school, thrash e un pó di doom si amalgamano perfettamente. Non a caso, l´album passa tutto d´un fiato, e senza accorgersene é giá ora di riascoltarlo, perché ne vale decisamente la pena.

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