Voto: 
7.1 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Etichetta: 
Subtext
Anno: 
2011
Line-Up: 

- James Ginzburg - programming
- Paul Purgas - programming

Tracklist: 

1. Departure
2. Function
3. Monad
4. Periphery
5. Plane
6. Point
7. Return
8. Sphere
9. Structure
10. Tangent
11. Void

Emptyset

Demiurge

Nel 2009 l’omonimo esordio fece scalpore nella sua rombante miscela di minimal techno e frammentazioni dub. Due anni dopo, maturato e incurante dei trend, il progetto Emptyset si riaffaccia sulla folla elettronico-dipendente, la guarda negli occhi e continua ad urlare il proprio disprezzo verso il prodottino confezionato semplice e ballabile. Lo fa amplificando fino all’inverosimile la ricerca su cui si basava il precedente full-lenght e tracciando un nuovo e personalissimo sentiero nello scenario sotterraneo elettronico europeo.

Emptyset fa capo a James Ginzburg e Paul Purgas, esponenti della Bristol più underground, sporca e sperimentale. Un progetto che in appena due anni (tra album, ep e vinili) ha sondato e rivoluzionato la techno più sotterranea e oscura, frammentando la dubstep e violentandone i cardini compositivi attraverso massicce iniezioni di drone e di bassi ultraterreni. Demiurge, secondo e ultimo full-lenght rilasciato dall’act britannico-statunitense (James Ginzburg è bristoliano per sola adozione artistica), sono gli Emptyset che sputano in faccia a qualunque volontà discorsiva, ad ogni minima sembianza di linearità, di facilità d’ascolto; in qualche modo finiscono per sputare in faccia anche al loro stesso (recente) passato, ma questo non importa, è un altro discorso.

Un sound corrosivo, spezzato e rombante costituisce l’alfabeto tramite cui Ginzburg e Purgas decidono di comunicare la propria idiosincrasia elettronica. Demiurge si distende lungo tappeti sintetici glaciali e neri, portati avanti da un minimalismo esasperato e a tratti esasperante. L’influenza delle frammentazioni Pan Sonic-style sono forti ma traslate in un massacrante scenario sonoro. Il tempo di introdurre in maniera “ambientale” questo paradigma (il white noise di Departure) ed ecco che a crollare violentemente dal cielo sono fulmini drone carichi di elettricità, impregnati di una violenza ancestrale (Function). Tutti gli episodi del disco vanno avanti per singoli frammenti sintetici oscuri e tuonanti, costantemente intervallati da brevi silenzi dopo i quali il sound di Demiurge riprende il proprio corso in maniera più violenta. I beat, nelle loro apparizioni, sono sempre frammentanti e discontinui, tranne in qualche rara eccezione in cui il duo di Bristol quasi riabbraccia il minimalismo techno-dub delle origini (ma filtrandolo - come accade in Monad e soprattutto in Point - all’interno di un devastante campo magnetico). Un nucleo elettronico che pare riposare nelle viscere della terra e che ha bisogno di riemergere in superficie in tutta la sua solenne violenza, fatta di sporcizia sonora (Structure e Tangent), di drones stridenti e viscerali (Return) e di una lacerante potenza sintetica (Void, oscura cerimonia conclusiva del disco).

Demiurge è un qualcosa che scava nella psiche e ne graffia le superfici, un rituale mitologico/futurista che mette seriamente a repentaglio l’incolumità mentale di chi osa scoprirne il linguaggio. Musica ostica ma devastante, ripetitiva ma cruentemente ipnotica. La nuova religione Emptyset è ciò che di più violento e insano ci si poteva aspettare dalla Bristol underground: prendere o morire.

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