Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Century Media Records
Anno: 
2011
Line-Up: 

Glen Benton - Vocals, Bass
Jack Owen – Guitar
Ralph Santolla – Guitar
Steve Asheim – Drums

Tracklist: 


1. To Hell with God 04:20 
2. Save Your 03:32 
3. Witness of Death 03:05 
4. Conviction 03:15 
5. Empowered by Blasphemy 03:16 
6. Angels in Hell 03:12 
7. Hang in Agony Until You're Dead 03:59 
8. Servant of the Enemy 03:17 
9. Into the Darkness You Go 03:32 
10. How Can You Call Yourself a God 04:15

Deicide

To Hell With God

To Hell with God rappresenta l’undicesimo lavoro in casa Deicide dopo la pubblicazione di Till Death Do Us Part, tre anni fa. L’allora nuova uscita discografica mostrava un gruppo a volte senza mordente, alla ricerca quasi disperata di idee vincenti in un prodotto che parzialmente deluse fan e critica dopo l’enorme successo riscontrato con The Stench of Redemption, simbolo della rinascita del gruppo dopo lo split coi fratelli Hoffman.

Una cosa devo precisare prima di addentrarmi in sede di recensione del nuovo lavoro ad opera di Glen Benton e soci ed è che il nuovo corso della band non mi hai mai esaltato sin dal principio. Se il succitato The Stench of Redemption è stato visto da molti come l’album migliore da parte del gruppo, io continuo a reputare i primi tre lavori irraggiungibili. Il ritorno del 2004 ed il suo successore, a mio modo di vedere, mostravano un livello di songwriting discreto o poco più, ma sicuramente non esaltante. In particolar modo, in Till Death Do Us part il gruppo ha fatto il suo lavoro senza troppo sforzo e se devo essere sincero, questo To Hell with God mi risulta essere leggermente più gradevole degli ascolti precedenti. A parer mio, il feeling dei Decide è maggiormente riscontrabile in questa ultima uscita, anche se non mancano alcuni sporadici cali di tensione.

Ad un primo ascolto, la cosa che ci colpisce maggiormente è la registrazione: essa è decisamente più tagliente e meno impastata di quella riscontrata nel recente passato. Ciò fa sì che le chitarra acquisiscano una bella tonalità ruvida e la batteria possa farsi sentire per bene. Ad accompagnare tutto ciò non poteva mancare il solito vocione di Glen, a tratti abbinato al solito scream, come da copione. Il solismo si Santolla ormai rappresenta uno degli elementi di perno su cui la musica dei nuovi Deicide si muove perché il suo stile è capace di donare varietà alla proposta senza essere invadente o fastidioso. Il suo tocco più accessibile in fase solista o “progressive” in alcuni episodi  ritmici è da apprezzare, anche se molti storceranno ancora il naso sentendo che l’inattaccabilità del sound dei Deicide ormai ha parzialmente ceduto. Tuttavia, non c’é da preoccuparsi giacché, come anticipato, il trademark della band rimane ben visibile. Si prenda come esempio l’incipit della title-track posta in apertura: un riff dissonante accompagna i primi blast beats, prima dell’entrata del vocione di Glen a guidare un stile più canonico. Tutto è ben strutturato e la miscellanea di nuovo e vecchio mantiene alta l’attenzione in una canzone che a tratti mostra persino un feeling più accessibile ma che contribuisce anche ad una facile presa sull’ascoltatore.

Pur sempre di death metal si sta parlando e le successive Save Your e Witness of Death ce lo ricordano molto bene, tra blast beats ed i classici, incalzanti up tempo di batteria. I riffs sono oscuri, impenetrabili e sporadicamente dotati di quel tipico groove caratterizzante le chitarre durante le lunghe aperture di doppio pedale a cura di Asheim. Con Empowered by Blasphemy possiamo notare un appesantimento delle influenze progressive nel riffing anche se cosa contribuisce a non rendere memorabile questa canzone sono principalmente le idee poco vincenti, piuttosto che il cambio di stile. Tutto appare leggermente forzato, senza un filo logico. Buoni i fraseggi di chitarra in una sempre più “innovativa” Hang in Agony Until You're Dead, anche se alcuni momenti di stanca sono riscontrabili, soprattutto dopo una discretamente diretta Angels of Hell. Si prosegue sulla stessa scia anche con la successiva Servant of the Enemy. Decisamente d’impatto il lungo tappeto di doppia cassa in Into the Darkness You Go, accompagnando un groove più marcato delle chitarre che ci porta alla conclusione del disco. How Can You Call Yourself a God ci saluta con un riffing inizialmente più melodico per poi sfociare in alcune idee al limite del thrash metal. Le sfuriate a base di blast beats segnano il ritorno di parti marcatamente più death metal, anche se non mancano le solite apertura melodiche del bravo Santolla a donare varietà alla proposta.

Insomma, un ritorno discreto e meritevole di un ascolto. Ormai i Deicide difficilmente daranno alle stampe nuovi capolavori, tuttavia è apprezzabile la loro volontà di rinnovare leggermente la loro proposta dopo i cali di inizio 2000 che tutti noi amanti del gruppo conosciamo. Non l’album del nuovo anno appena iniziato ma un gradito ritorno.  

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