Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Jacopo Prada
Genere: 
Etichetta: 
Minotauro
Anno: 
1987
Line-Up: 

- Paul Chain - chitarra, organo, voce nella nona traccia
- Steve Sylvester - voce dalla prima alla quinta traccia
- Sanctis Ghoram - voce dalla sesta alla tredicesiama traccia
- Claud Galley - chitarra nella prima, seconda e quinta traccia, basso
- Danny Hughes - basso nella prima, seconda e quinta traccia
- Thomas "Hand" Chaste - batteria

Tracklist: 

1. Terror (07:24)
2. Murder Angels (03:28)
3. Horrible Eyes (06:07)
4. Cursed Mama (04:26)
5. Zombie (Live) (06:31)
6. Violet Overture (01:02)
7. Chains Of Death (06:18)
8. Inquisitor (03:42)
9. Schizophrenic (03:24)
10. Black And Violet (04:55)
11. The Bones And The Grave (Live) (07:02)
12. The Story of Death SS & Gilas Part I (06:57)
13. The Story of Death SS & Gilas Part II (06:28)

Death SS

The Story Of Death SS 1977 - 1984

Sono certamente tantissime le tematiche che vengono trattate in ambito musicale. Il Metal predilige generalmente testi incentrati sulla storia, su leggende fantastiche, su guerra e violenza, ma anche sull’occulto e sull’ esoterismo. Un complesso leggendario che tratta appunto di demoni maligni, horror e magia nera porta il nome di Death SS ed ha avuto un importanza immensa per il panorama Metal italiano ed internazionale. La band si forma a Pesaro nel 1977 e fin da subito si contraddistingue per l’amore verso l’oscuro e le arti occulte. Trucco pesante e costumi terrificanti non fanno altro che confermarne l’attitudine tenebrosa ed enigmatica. Dal 1981 iniziano ad uscire numerosi demo e singoli (alcuni dei quali vengono autoprodotti dal gruppo) che provocano stupore e meraviglia all’interno della scena Metal italiana. La carismatica figura di Steve Sylvester, cantante dalla personalità alquanto singolare, sarà di infinito rilievo per i Death SS. Egli rimarrà sempre l’indiscusso leader del gruppo e proprio grazie a lui il complesso nato a Pesaro diverrà in futuro una delle band italiane di maggior spicco. Nel 1987, nonostante l’evidente crisi, i Death SS decidono di raccogliere in un unico lavoro le storiche tracce fino a quel momento incise. Nasce così The Story Of Death SS 1977 – 1984, che altro non è se non una collezione di brani memorabili e pregiati.

L’opener, intitolata Terror, risale al 1977 ed è caratterizzata, durante l’introduzione, da una lugubre atmosfera creata da paurosi ululati e tuoni veramente agghiaccianti. Il ritmo del brano, dalla durata di quasi otto minuti, è alquanto cadenzato e la voce di Steve rimane oscura fino ad esplodere, in alcuni passaggi, in alcune urla mostruose. Il testo di Terror è ispirato sicuramente da una vecchia abitudine di Steve, che, da giovane, aveva la singolare consuetudine di passare certe notti all’interno di un cimitero per aumentare la dose di adrenalina nel sangue. La canzone era inoltre contenuta all’interno della Gathered Compilation, una raccolta di brani uscita nel 1981 per la Eletric Eye. Decisamente più veloce e dinamica Murder Angels (1979), traccia numero due dell’album. La parte iniziale del brano è assolutamente diabolica e questa impressione persiste per tutta la durata della song, grazie specialmente allo stile vocale particolarmente aggressivo utilizzato da Steve. In Murder Angels si può notare un aprezzabile lavoro tecnico della mummia Danny Hughes e del suo basso. La terza composizione dell’antologia si intitola Horrible Eyes e risale al 1978. La canzone diventerà presto un classico del gruppo, immancabile durante tutti gli spettacoli dal vivo. Non si tratta infatti di semplici concerti, quelli dei Death SS sono veri e propri show dall’incredibile impatto scenografico. Questo perché la band italiana mette sullo stesso piano musica e teatralità. Basta vedere il retro della copertina di The Story Of Death SS per capire di che pasta sono fatti i membri del complesso. La morte, il vampiro, il negromante, lo zombie, la mummia ed il licantropo: sono questi gli appariscenti costumi indossati dai componenti del gruppo. Horribile Eyes sarà assai più graffiante dopo la nuova incisione, contenuta nell’album Black Mass, tuttavia il fascino dell’originale rimarrà sempre inarrivabile. Lo stesso discorso vale per Cursed Mama del 1980. Anche in questa occasione il brano verrà registrato nuovamente per essere contenuto nell’album del 1989, ma la versione migliore resterà in ogni caso quella di The Story Of Death SS. Uno strabiliante assolo di Paul apre la track che prosegue poi ai ritmi veloci di Murder Angels. La voce di Steve Sylvester, irruente come non mai, si alterna egregiamente alla chitarra di un Paul Chain veramente ispirato, per un risultato finale di altissimo livello. Zombie rappresenta il primo dei due brani live contenuti nell’antologia. Finalmente anche chi non ha avuto il piacere di vedere i Death SS dal vivo può farsi un’idea, in questo pezzo, di cosa voglia dire un concerto di Steve e soci. Un’atmosfera funebre avvolge l’ascoltatore per tutta la durata della canzone mentre il singer della band si rende il certo protagonista della scena, senza offuscare però gli altri membri del complesso. Violet Ouverture (1982) è una track che funge da introduzione per il brano successivo. L’organo, capace di evocare i peggiori incubi dell’ascoltatore, è suonato per l’occasione dallo stesso Paul Chain. Sempre del 1982 è Chains Of Death, aperta da un riffing davvero pesante e duro. Facile notare la differenza della voce rispetto ai pezzi precedenti: non è infatti Steve Sylvester il cantante nella seconda parte del disco, bensì Sanctis Ghoram. La diversità vocale è innegabile e dimostra la chiara superiorità di Steve, in grado di essere maggiormente maligno e terrificante di Sanctis. Chains Of Death parte in modo molto lento e decadente, in pieno stile Doom, per poi accelerare fino a raggiungere una rapidità forsennata.

Del 1983 è invece Inquisitor, track numero otto. La prima sezione del pezzo ha sonorità quasi epiche: l’incedere è bellico ed i cori risultano davvero efficaci. Poi però Inquisitor, proprio come Chains Of Death, aumenta la velocità in modo determinante e perde tutti gli elementi epici ad esclusione dei cori, che purtroppo smarriscono comunque la virtù iniziale. Sfortunatamente la voce di Sanctis sarebbe in ogni caso inadeguata per un possibile brano di stampo eroico e solenne. I Death SS sono un gruppo innovativo e lo si può capire anche e soprattutto dalla varietà musicale delle canzoni contenute in The Story Of Death SS. Schizophrenic, ed esempio, è un brano dalle sonorità più uniche che rare. Un riffing iniziale che sfiora il Thrash, un’espressione vocale di Paul, qui presente pure in veste di singer, senza uguali, un uso delle tastiere nella parte centrale del brano che ispirerà di certo più di un gruppo Industrial, per tre minuti e mezzo complessivi semplicemente immensi. In Schizophrenic si può ammirare in modo chiaro la voglia di sperimentare di Paul che lo porterà, proprio nel periodo dell’uscita di questa raccolta, ad abbandonare i Death SS per dedicarsi ad un progetto solista contraddistinto da un’inclinazione tipicamente dark. Segue Black And Violet, composta nel 1983 e contenuta anche nella compilation Heavy Metal Eruption uscita un anno più tardi. Il terrificante esordio della canzone potrebbe benissimo essere tratto direttamente, per via della paura che scatena in chi lo ascolta, da qualche spezzone di cinema horror, una delle incontestabili passioni dei Death SS. Musicalmente parlando Black And Violet ha un sound alquanto Doom: doloroso ed opprimente. Pure The Bones And The Grave (1983), seconda traccia dal vivo della raccolta, segue i suoni del pezzo antecedente, aumentando addirittura le componente più ansionse e soffocanti. Il prodotto conclusivo appare quindi realmente ossessivo ed angosciante, ma, allo stesso tempi, mette in mostra nuovamente la superiorità di Steve rispetto a Sanctis. Si giunge poi ai due capitoli finali dell’antologia: The Story of Death SS & Gilas Part I e The Story of Death SS & Gilas Part II. Le due canzoni sono molto legate tra loro, come si capisce pure dai titoli, e si differenziano abbondantemente dal resto della raccolta. Sono entrambe molto lunghe: la prima sfiora i sette minuti mentre la seconda si avvicina “solamente” ai sei minuti e mezzo. Nella parte numero uno, il passaggio più significativo è sicuramente l’assolo finale che, volente o nolente, ricorda l’antico Egitto. La seconda frazione invece è meno dura ma più particolare e morbosa.

Si conclude così, in maniera alquanto insolita, la prima raccolta di materiale dei Death SS. The Story Of Death SS è una tappa obbligatoria nella carriera del gruppo italiano per tutti gli amanti dell’horror e di tutto ciò che lo contorna. Questo lavoro del 1987 è divisibile, per via dei singer diversi, in due due sezioni, la prima delle quali risulta nettamente superiore alla seconda per merito di Steve e del suo modo di cantare, oltre che per la maggiore qualità delle canzoni presenti. Il disco in sé contiene comunque alcuni brani formidabili ed altri non proprio eccezionali, tuttavia l’importanza storica dell’antologia resta fuor di dubbio. Senz’altro interessanti sono i pezzi più sperimentali ed inoltre è vitale ricordare che quest’opera è l’ultima testimonianza dei Death SS comprendenti i due fondatori del complesso: Steve Sylvester e Paul Chain. Un gran numero di tracce presenti su The Story Of Death SS verrano riprese in futuro ed incise nuovamente, ma, come gia asserito, lo splendore della prima e preziosa raccolta rimarrà sempre e comunque unico.

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