Voto: 
9.5 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Etichetta: 
Roadrunnner Records
Anno: 
1993
Line-Up: 

- Paul Masvidal - Guitar, Guitar Synth, Vocals
- Jason Gobel - Guitar, Guitar Synth
- Sean Reinert - Electronic and Acoustic Drums, Keyboards
- Sean Malone - Bass, Chapman Stick
- Tony Teegarden, Sonia Otey, Steve Gruden - Additional Vocals
 

Tracklist: 

1. Veil of Maya
2. Celestial Voyage
3. The Eagle Nature
4. Sentiment
5. I'm but a Wave to...
6. Uroboric Forms
7. Textures
8. How Could I

Cynic

Focus

I floridiani Cynic sono stati uno dei gruppi più controversi, discussi e innovativi del panorama Death Metal d’inizio anni ’90.
Nati nel 1987 per iniziativa del chitarrista Paul Masvidal e del batterista Sean Reinert, i Cynic inizialmente si dedicarono a un death metal brutale e violento, in seguito sostituito, grazie alla maturazione musicale e non dei membri del gruppo, da un proprio stile più tecnico e vario rispetto a quello della maggior parte delle bands death del periodo, che portò i Cynic ad essere un vero e proprio fenomeno underground: il gruppo aveva già molti fans nonostante non avesse ancora pubblicato nulla, a parte qualche demo. Ma al primo (e purtroppo unico) disco, il gruppo fece un grandissimo exploit: purtroppo il responso commerciale all’epoca non fu pari al gran valore artistico dell’opera.

Registrato nel 1993 ai Morrisound Studios con l’aiuto di Scott Burns sotto etichetta RoadRunner, che già produsse il loro precedente demo del 1991, Focus è una magistrale prova di intelligenza compositiva e gusto nel suonare, e non poteva essere diversamente, vista anche la qualità della line-up: in Focus, oltre ai già citati Reinert e Masvidal (entrambi a quell’epoca appena reduci dall’esperienza con i Death) troviamo anche il talentuoso chitarrista Jason Gobel, unitosi al gruppo nell’88, e il funambolico bassista Sean Malone.

Già dalla splendida copertina si può intuire che i Cynic non erano la "solita" death metal band in stile Cannibal Corpse, Morbid Angel o Deicide: l’unione di elementi death metal a parti completamente estranee ad esso, quali stacchi in stile fusion o voci robotizzate, offre un risultato eccezionale sia dal punto di visto tecnico che emotivo.
Tuttavia un gran numero di ascoltatori rimase deluso dalla relativa perdita di aggressività rispetto al demo, e questo forse decretò il parziale insuccesso della band, che di lì a poco si sciolse e si trasformò nel progetto Portal, anch’esso conclusosi dopo poco tempo per problemi contrattuali e divergenze artistiche con un solo demo omonimo all’attivo.

Ma parliamo di Focus, ora: già dall’attacco della prima traccia, “Veil of Maya”, si viene circondati dalla voce “robotica”, registrata da Masvidal con un sintetizzatore. Una scelta discutibile, che ha fatto storcere il naso a moltissimi, ma che ha un suo perché, inserita nel contesto di un gruppo che non si è voluto omologare nemmeno nello stile del cantato.
Oltre a questo, a saltare subito all’orecchio è il fenomenale apporto della sezione ritmica (forse è riduttivo definirla solo ritmica) Malone-Reinert. Entrambi sopra le righe per tutta la durata del disco, con una prestazione eccelsa: un basso sempre presente e corposo a sostenere la struttura dei pezzi ma pronto a tuffarsi in pregevoli evoluzioni tecniche, aiutato da un batterista in stato di grazia.
A completare il mix ci sono la buona voce growl di Tony Teegarden (guest che inoltre si occuperà di voce e tastiera nel tour europeo che seguirà a Focus) che si alterna o canta all’unisono con quella sintetizzata, le ottime chitarre, che si esibiscono in assoli da infarto, (basti ascoltare cosa combina Gobel proprio in questo pezzo) e le parti di tastiera e sintetizzatore, opera del drummer Reinert.
Proseguendo nella prima metà del disco troviamo la poetica ma potente “Celestial Voyage” con degli ottimi stacchi durante il refrain, “The Eagle Nature”, ricavata dal demo del 91 e riproposta in maniera decisamente meno grezza, e “Sentiment”, il brano meno pesante del lotto, graziata da un’intro in cui Malone e Reinert accompagnano in modo eccelso la recitazione di una poesia da parte di una voce femminile.
Fin qui tutto strepitoso, ma il meglio deve ancora arrivare: è nella seconda metà del disco che si trovano i pezzi più groovy e sorprendenti, a cominciare da “I’m but a Wave to…”, con un sound a volte molto “liquido”, a volte bruciante come nell’ottimo ritornello.
La seguente, trascinante, “Uroboric Forms”, unica altra estratta dal demo, gode di una prestazione maiuscola di Reinert, che guida la band in un’adrenalinica accelerazione finale.
La strumentale del disco, la meravigliosa “Textures”, è impossibile da commentare, stupenda nel suo assolo di basso di stampo jazz, nel suo alternare metal e fusion, nei mille colori che descrive, nelle mille emozioni che offre all’oramai sognante ascoltatore, cui non resta che lasciarsi ammaliare dall’ennesimo capolavoro.
Spetta invece ad “How Could I” il compito di chiudere un cd che rimarrà come esempio del modo in cui le barriere possano essere infrante e di come il Death Metal possa raggiungere vette emozionali eccezionali.

"Focus" è comunque un disco non facile, potreste amarlo al primo ascolto come odiarlo anche a distanza di mesi, dipende da voi: ascoltando "Focus "non ascoltate solo una pietra miliare del Metal, ma verrete coinvolti da un’emozionante opera di Musica capace di abbattere qualsiasi definizione, qualsiasi voto, qualsiasi recensione possa essere fatta su di esso.

…A Celestial Voyage / to reach the shores and bathe / in pools of divine nectar…

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