Voto: 
8.2 / 10
Autore: 
Marcello Zinno
Genere: 
Etichetta: 
Discipline Records
Anno: 
2009
Line-Up: 

- Curtis Jones - voce, cori, chitarre, piano, organo, tamburo
- Vincent Piccirillo - chitarra elettrica, cori
- Danny Rivera - basso
- Jim Kowalski - batteria, campanacci, cori

Tracklist: 


1. Lest We Forget
2. Kiss the Toad
3. Vincent Van Gogh
4. Before the Wave Arrives
5. Confidential
6. Cheap Talk
7. The Devil
8. Space Invaders
9. Every Loser’s Heaven Is a Desert
10. Youth of Today
11. Tropic Of Cancer

Curtis Jones and The Gossip Terrorists

The Assassination of Alabama Whitman

Un nome nuovo, nato dai sobborghi della colorata Napoli, una musicalità dal respiro internazionale che mai avremo potuto attenderci da un’uscita del genere. Ed a dire il vero anche quei colori non luccicano, anzi a dire il vero non esistono proprio. Esiste solo uno sfondo cupo (non dark, che è un’altra cosa) su cui distinguere i diversi strumenti che tutti insieme formano la colonna sonora di questo assassinio.

Variegata e multiforme quest’opera dei Curtis Jones & The Gossip Terrorists: il disco, intitolato The Assassination of Alabama Whitman, solca delle tracce che appartengono propriamente ad un’altra epoca ma non è il percorso che conta né la sua meta bensì le inondazioni di gusto che provengono dalle diverse angolazioni e spazzano via ogni forma di architettonica incubazione del genere illuminando il piacere di un revival mai tanto atteso. Si parla di un’epoca in cui il post-punk aveva già seminato e raccolto i propri frutti, in cui l’indie stava fiorendo e con un’aria di allegria superficiale nascondeva un senso di disagio e di inappropriatezza.

Infatti Lest We Forget e Kiss the Toad ci riportano indietro nel tempo, tempo in cui accostare i più recenti Franz Ferdinand resta solo una sensazione momentanea visto che il viaggio giunge fino alla new wave dei The Smiths, con cui condividono il medesimo elemento principale per caratterizzazione ed ispirazione oltre che fulcro ed asso nella manica, ovvero la presenza di un singer di grande spessore. Ma con uno sforzo visivo maggiore riusciamo a guardare ancora più indietro: è quel sapore alla Ian Curtis che si nasconde nel retrocranio di chi interpreta queste parole, una decadenza monocromatica che prende le distanze dalle chitarre inneggianti rock, spesso allegro e poco malinconico, ed un alone di irrisolutezza che non riesce a distogliersi dalle più attuali luminose luci targate Interpol seppur in modo molto più intermittente.

Il cantanto è appunto un elemento indissolubile di questo The Assassination of Alabama Whitman insieme ad un’ottima produzione generale che si sofferma spesso sulla chitarra come effettivo unico elemento melodico che riesce a valorizzare molto bene una sessione ritmica lasciata volutamente all’osso. Non a caso si riesce a trovare un punto di incontro tra la romantica Vincent Van Gogh e la successiva Before the Wave Arrives che inizia con un tocco introspettivo per poi ampliarsi e toccare altre e nuove corde della propria sensibilità; Curtis, che sembra l’alter ego di Jarvis Cocker (Pulp), conferisce quel sapore amaro ai brani, quel lato oscuro che non permette all’album di essere una semplice colonna sonora di sottofondo ma un testo su cui riflettere e coglierne i frutti.
Così Confidential risulta il pezzo più prezioso trascinando l’ascoltatore per un ballo disperato (non epilettico però) che assume ancora più disperazione con The Devil, brani inframmezzati da Cheap Talk una traccia che con la sua spensieratezza regala un umore estraneo alla band, umore posizionato proprio al centro del loro lavoro a segno della mutevole forma che i musicisti sono in grado di assumere.

A conti fatti si tratta di un rock dallo stile marcatamente britannico in cui al desiderio di innovare prevarica la voglia di voler reinterpetare qualcosa legato al passato ma ancora di gran significato, il tutto con un’ottima resa (non solo sonora, che già basterebbe) e noi non possiamo che complimentarci con loro.

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