Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Etichetta: 
Fiction Records
Anno: 
1992
Line-Up: 

- Robert Smith - basso, chitarra, tastiera, voce, basso Fender
- Perry Bamonte - basso Fender, chitarra, tastiera
- Simon Gallup - basso, tastiera
- Porl Thompson - chitarra
- Boris Williams - percussioni, batteria

Guests:
- Kate Wilkinson - viola


Tracklist: 

1. Open (06:51)
2. High (03:37)
3. Apart (06:40)
4. From the Edge of the Deep Green Sea (07:44)
5. Wendy Time (05:13)
6. Doing the Unstuck (04:24)
7. Friday I'm in Love (03:39)
8. Trust (05:33)
9. A Letter to Elise (05:14)
10. Cut (05:55)
11. To Wish Impossible Things (04:43)
12. End (06:46)

Cure, The

Wish

Wish, nono album di studio dei Cure di Robert Smith pubblicato nel 1992, ebbe l’arduo compito di siglare il successo di Disintegration, poiché l’aura dark del full-lenght del 1989 aveva riscosso l’interesse di tutto il pubblico legato alle radici Punk/Wave dei Cure. Le ottime operazioni economiche condotte da Smith e compagni nell’ambito promozionale permisero a Wish non solo di eguagliare, ma addirittura di superare il predecessore come vendite, perché raggiunse la preziosa prima posizione nella chart inglese e la seconda in quella americana. Negli anni tra Disintegration e Wish i Cure si inserirono nel mercato mondiale con una release di canzoni remixate (Mixed Up - 1990), che non procurarono alla Fiction Records il successo sperato: per accontentare un pubblico più ampio pertanto Robert puntò ad un approccio musicale più soft, variando lo stile oscuro e delizioso che aveva caratterizzato Disintegration e giungendo ad una commistione di Pop e Alternative Rock.

Wish risente per tutta la sua lunghezza del fattore commerciale, perché appare scarno di soluzioni complesse, risultando invece assolutamente easy-listening: si ripercorrono i lidi di Japanese Whispers e di Kiss Me Kiss Me, eliminando ulteriormente quelle influenze Wave che facevano rimanere i Cure ancorati alla scena ottantina; Wish apre una nuova stagione per il gruppo, diversa da quella Post-Punk dei Settanta o dai tetri aloni Dark degli Ottanta, perché Robert si focalizza sull’intimità che può scaturire dalle sonorità Pop dolci e riflessive. Tuttavia solo poche tracce del nono capitolo discografico dei Cure sembrano essere degne del passato della band che ha cambiato il ruolo della musica Wave nella scena musicale internazionale: Open e High sono due tracce dal sapore dimesso ed alternativo, che ha sicuramente un fascino più contemporaneo e meno legato alla tradizione di Disintegration. La voce di Robert conserva i suoi tipici tratti, rappresentando il principale veicolo di emozioni del rinnovato sound Cure: Friday I’m In Love è divenuto uno dei classici che meglio ritrae il cambiamento psicologico avvenuto nella mente di Robert dal periodo della trilogia Dark, perché nel suo incedere delicato ed acustico i Cure riescono ancora a meravigliare con una semplicità quasi poetica. Poca originalità invece trasuda dagli altri brani di Wish, sia da quelli dal ritmo medio-veloce, sia dalle rivisitazioni Pop del sound Wave decadente degli Ottanta (Trust in primis e la fin troppo ordinaria To Wish Impossible Things, in cui compare la viola di Kate Wilkinson).

In definitiva Wish può essere considerato un episodio ricco di alti e bassi, che definiscono però l’entrata nel nuovo decennio da parte di Robert e dei suoi Cure. Non esiste più l’inquieta frustrazione del Dark perché i Cure vedono una fievole “speranza”, maturata in tanti anni di meditazioni musicali e liriche da parte del front-man che ha trascinato il gruppo inglese verso l’affermazione mondiale. Le spensierate note di Friday I’m In Love seguono da vicino quelle di Just Like Heaven (Kiss Me Kiss Me), diventando il simbolo del successo commerciale e della finale consacrazione dei Cure, ma non per questo Wish si può definire un masterpiece, neppure per gli irriducibili degli oscuri folletti britannici.

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