Voto: 
9.5 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
Fiction Records
Anno: 
1982
Line-Up: 

- Robert Smith - voce, chitarra, tastiera

- Simon Gallup - basso, tastiera

- Laurence Tolhurst - batteria, tastiera




Tracklist: 



1. One Hundred Years

2. A Short Term Effect

3. The Hanging Garden

4. Siamese Twins

5. The Figurehead

6. A Strange Day

7. Cold

8. Pornography

Cure, The

Pornography

Nel lontano 1982 Robert Smith, front-man dei Cure, band quasi sconosciuta al pubblico inglese, lottava la sua battaglia contro se stesso per liberarsi dalla crisi esistenziale che stava attraversando; questo conflitto interiore permarrà per sempre nella travagliata anima di Robert, che però può essere considerato un vincitore per gli album prodotti nella sua carriera da musicista. Ogni disco dei Cure rappresenta un frammento di vita quotidiana che il gruppo sa evidenziare e, riflettendo, comprendere a fondo: pura depressione scaturisce dalle pubblicazioni innovative e angoscianti del terzetto inglese, un senso di vuoto che pervade l’ascoltatore e lo tramortisce.

Spettrale è l’aggettivo che descrive al meglio Pornography, l’opera che ha consacrato i Cure come uno dei fondamenti della musica Dark-Wave britannica, uno stile totalmente opposto a quello dei Joy Division di Ian Curtis: se Ian esprimeva un dolore chiuso in se stesso attraverso la sua voce decadente, Robert cerca di trasmettere questa sensazione di smarrimento e di morte direttamente al pubblico, rendendolo partecipe della propria sofferenza.
E Pornography ha conferito tanto alla New Wave e al Punk con le sue composizioni desolate, costruite attorno ad un tessuto musicale avvolgente e penetrante, il riflesso dei sentimenti di Robert.
Se il malinconico e grigio Faith aveva indicato ai Cure una direzione da seguire per ogni futuro lavoro, Pornography pone le basi per una delle pietre miliari del genere, una fonte d’ispirazione per tutte le produzioni successive.
I testi come al solito romantici, inteso come termine letterario, e persi nei meandri dei pensieri di Robert, descrivono l’atmosfera di tormento di cui l’album è intriso: come un’insegna indelebile di passaggio obbligato si pone la frase d’apertura “It doesn’t matter if we all die”, che sferza la follia delle chitarre allucinogene, della tastiera lugubre e della batteria elettronica costante e spaventosamente ripetitiva.
One Hundred Years infatti raffigura l’alone tetro dei Cure, costituendo una delle canzoni più sofferte mai scritte nella storia del Dark, testimonianza della visione della realtà da parte della formazione britannica, capace di scavalcare le classifiche nazionali attraverso la voce supplichevole di Smith.

Inutile soffermarsi sugli altri sette pezzi che formano questo Pornography, le tracce per eccellenza del Dark-Wave, ricordate da tutti i cultori come l’apice non solo della carriera dei Cure ma della scalata di uno stile di vita, condiviso da altre bands quali Sisters of Mercy, Bauhaus e Joy Division.
Anche il futuro e l’evoluzione dei Cure non abbasseranno il livello qualitativo dell’architettura sonora proposta, un modo per scoprire parti nascoste dell’esistenza, spesso dimenticate dalla quotidianità del mondo.
Un viaggio all’interno degli anni ’80 dell’Inghilterra, forse l’epoca esatta scelta da un gran numero di artisti per trovare la “cura” alla società moderna: ed eccola qui, capace di svilupparsi nel tempo senza perdere il proprio fascino e la propria convinzione in un mare di confusione.
E quelle parole di Robert stampate all’inizio di One Hundred Years cadranno in antitesi con il “Let’s get happy” del 1992, ma rimarranno il simbolo della contraddizione unita a sottile ironia presente nell’animo dei musicisti. Immenso e capostipite lo spettrale Pornography.

NUOVE USCITE
Filastine & Nova
Post World Industries
Montauk
Labellascheggia
Paolo Spaccamonti & Ramon Moro
Dunque - Superbudda
Brucianuvole
Autoprod.
Crampo Eighteen
Autoprod..
BeWider
Autoprod..
Disemballerina
Minotauro
Accesso utente