Voto: 
8.2 / 10
Autore: 
Salvo Sciumè
Genere: 
Etichetta: 
Beggars Banquet
Anno: 
1985
Line-Up: 

- Ian Astbury - voce
- Billy Duffy - chitarra
- Jamie Stewart - basso
- Marc Brzeziki - batteria
- Nigel Preston - batteria (in She Sell Sanctuary)


Tracklist: 

1. Nirvana
2. Big Neon Glitter
3. Love
4. Brother Wolf, Sister Moon
5. Rain
6. The Phoenix
7. Hollow Man
8. Revolution
9. She Sells Sanctuary
10. Black Angel

Cult, The

Love

Nel 1981 il cantante canadese Ian Astbury, appassionato dalla storia e dalla cultura degli indiani d’America, forma i Southern Death Cult, il cui nome sembra derivare proprio da una tribù di nativi americani che vissero sulla foce del Mississipi tra il 14° ed il 15° secolo. Nel 1983, in seguito all’incontro col chitarrista inglese Billy Duffy, avvenuto dopo un tour a cui il chitarrista partecipò con i suoi Theatre Of Hate, i due decidono di unire il proprio talento e di cambiare il nome prima in Death Cult e poi, ancor più semplicemente, in The Cult.

Una line up mai stabile ed uno stile musicale molto particolare, seppur commerciale, li accompagnarono all’esordio discografico con Dreamtime nel 1984. Nati infatti nel periodo in cui nel Regno Unito andava di moda il Gothic/Dark e la New Wave, Astbury e Duffy danno vita ad un sound che senza inventare nulla di nuovo, ma anzi attingendo dalla scena musicale contemporanea i più diversi e lontani stili e generi, li mescolano per farli confluire in una sorta di Hard/Dark Rock fortemente influenzato, oltre che dalla scena Post/Punk, Gothic e New Wave di cui prima si parlava, dall’Hard settantiano dei Led Zeppelin, ciò lo si nota soprattutto nelle linee di chitarra, e dal Rock psichedelico dei Doors, in particolare in alcune linee melodiche e nelle liriche improntate ad un certo misticismo, non è un mistero che anche Jim Morrison, come Astbury, provasse una certa curiosità ed interesse verso le tribù indiane.

Love
, uscito nel 1985, oltre ad essere considerato uno dei punti più alti nella discografia di questa band, è l’album che diede loro ampia notorietà e successo, facendo diventare i Cult una delle band più note e quotate, nonostante per la critica questo loro successo era dovuto più a scelte artistiche ruffiane e commerciali che non all’effettivo valore della band. Eppure non può negarsi che quest’album contenga più che semplici sprazzi di ottima musica, come la cavalcata Rock dalle forti tinte New Wave dell’opener Nirvana e della title-track, l’hit di gran successo Rain e la bellissima She Sells Sanctuary, cupe e conturbanti nel loro incedere un po’ Dark un po’ Metal, ed ancora Hollow Man, perfetto compromesso di Hard n’Heavy e Dark Wave, e la mistica e posata Revolution che sfocia in un bel refrain finale. Un cenno a parte meritano poi Brother Wolf, Sister Moon, dove musica e testi straordinariamente convivono con l’argomento trattato relativo alla cultura dei nativi americani, vera ossessione di Astbury, e l’affascinante ballad Black Angel, cupa, intimista e dalle forti tinte gotiche, con una parte finale da brividi.

Love
ebbe un successo planetario, infatti fu distribuito in ben trenta diversi paesi riuscendo a vendere oltre duemilioni e mezzo di copie, ma come spesso accade il successo porta via originalità ed idee, così la band abbandona quasi definitivamente quelle venature Dark/Gothic, che tanto influirono sulla bellezza complessiva di questo prodotto, per spostarsi sempre più verso un Rock commerciale e settantiano.

Deve infine dirsi che, proprio a causa della planetaria distribuzione, è possibile imbattersi in diverse tracklist con varie bonus track come Little Face, Judith o Dreamtime.


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