Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Peaceville/Nuclear Blast
Anno: 
2010
Line-Up: 

Dani Filth - Vocals
Paul Allender - Guitars
James McIlroy - Guitars
Dave Pybus - Bass
Ashley Ellyllon - Keyboards, Backing Vocals
Martin Škaroupka - Drums 

Guest members:
Lucy Atkins - Female Vocals
Dora Kemp - Backing Vocals
Mark Newby-Robson - Orchestration
Andy James – Guitars 

Tracklist: 

1. "The Cult of Venus Aversa"   7:07
2. "One Foul Step from the Abyss"   4:53
3. "The Nun with the Astral Habit"   4:55
4. "Retreat of the Sacred Heart"   3:56
5. "The Persecution Song"   5:34
6. "Deceiving Eyes"   6:32
7. "Lilith Immaculate"   6:12
8. "The Spawn of Love and War"   6:19
9. "Harlot on a Pedestal"   5:09
10. "Forgive Me Father (I Have Sinned)"   4:33
11. "Beyond Eleventh Hour"   7:16

Cradle of Filth

Darkly, Darkly, Venus Aversa

Criticati, amati, odiati, protagonisti delle più disparate burle da parte dei sostenitori del “true black metal”, i Cradle of Filth ritornano tra di noi. Ormai sotto l’ala protettrice della Peaceville Records dal precedente album, Godspeed on the Devil's Thunder, Dani Filth e soci si ripresentano con questo nuovo Darkly, Darkly, Venus Aversa; album decisamente più maligno se comparato alla opere precedenti dal gruppo. Dani aveva espresso più volte le sue intenzioni “bellicose” in occasione delle registrazioni dell’album e sicuramente non si può dar torto allo storico leader dei vampiri Inglesi.

Pur non distaccandosi moltissimo dalla redici extreme gothic metal degli ultimi anni, il nuovo sforzo discografico vede un ritorno parziale alla vecchie sonorità del gruppo: le chitarre sono maggiormente presenti ed i tempi più tirati, anche se non deve mancare la componente sinfonica che diede loro tanta fama. Insomma, ci sono tutte le carte in regola per un buon ritorno dopo alcune scialbe pubblicazioni del passato. La registrazione è potente ma non eccessivamente pomposa (un nome a caso, Dimmu Borgir) e la proposta è ancora una volta ben bilanciata tra estremismo e melodie darkeggianti e crepuscolari. Per di più, Darkly, Darkly, Venus Aversa si presenta come un concept album su Lilith, creatura dalla varie incarnazioni a seconda delle credenze, da ribelle che non voleva sottostare al maschio durante la creazione dell’uomo e della donna ad opera di Dio a creatura demoniaca che rapiva i neonati, causandone l’immediata morte.   

A testimonianza di un ritrovato dinamismo musicale, troviamo in apertura The Cult of Venus Aversa, song dall’introduzione a base di arpeggi e voce femminile che sfocia successivamente in prolungati up tempo con la voce di Dani a raggiungere picchi altissimi, come nel suo miglior stile. Le orchestrazioni sono molto buone e mai, come detto in precedenza, sovrastanti. Anzi, il loro taglio barocco ad oscuro si sposa bene nel contesto musicale creato dalla sezione ritmica e non mancano stop nei quali la componente sinfonica si lancia in brevi soli dall’impronta molto oscura. Un’ottima introduzione all’album. Seguono gli egregi arrangiamenti in apertura di una tagliente One Foul Step From the Abyss, la quale segue grossomodo lo stesso stile dell’opener grazie ad un riffing crudo e ad una doppia cassa che martella quasi in continuazione. Finora si ha l’impressione di trovarsi al cospetto di canzoni sì ben arrangiate ma anche scorrevoli e senza eccessivi fronzoli che avrebbero potuto appesantire la proposta, rendendola ostica. Più votata ai semplici up tempo la successiva The Nun with the Astral Habit, anche se è da rimarcare l’ottimo crescendo operato dalla tastiera in più occasioni, con ottimi cambi di atmosfera ad ammantare un composizione sempre veloce e tagliente con un Dani in ottima forma.

Il riffing su Retreat of the Sacred Heart possiede un’impronta decisamente thrash metal e ciò non può che far piacere, riuscendo a creare il giusto impatto mentre le solite, brevi sezioni sinfoniche sporadicamente invadono il sound, arricchendolo. I toni si calmano in occasione dell’articolata The Persecution Song, emozionante grazie alle melodie poste in apertura e prontamente riprese in molte sezioni centrali. La buona versatilità di Dani, unita ai vari cambi di atmosfera creano un’ottima atmosfera che si sostiene principalmente su tempi medi. Si ritorna ad un riffing maggiormente improntato al thrash metal con la lunga Deceiving Eyes, ottima nei duetti vocali e nel riffing centrale, decisamente più accessibile. Lilith Immaculate è maggiormente improntata al gothic classico in diverse sezioni, specialmente se si considera l’uso della voce femminile a duettare con una versione più malleabile della voce del frontman, nonostante più parti seguano uno stile più impulsivo mentre la veloce batteria trascina tutti dietro di sé. Imponente ed inquietante l’andamento The Spawn of Love and War, caratterizzata anche da buone sezioni in up tempo a spezzare barocchi e spettrali arrangiamenti delle tastiere.

Ci avviciniamo alla fine del disco con lo stile sempre diretto di Harlot on a Pedestal, caratterizzato dal solito buon riffing a base thrash; seguito a ruota dalla gotica ed in qualche modo originale Forgive Me Father (I Have Sinned) che si distingue per essere più cadenzata della canzoni precedenti, con una predilezione per le linee soliste di chitarra e l’utilizzo della voce femminile. Chiude il platter la variegata Beyond the Eleventh Hour, una sorta di “summa” di tutti gli elementi trovati finora su disco, dai passaggi di voce femminile alle veloci sferzate di doppia cassa, senza dimenticare i momenti più doom a confermare la bontà di questa nuova uscita ad opera dei Cradle of Filth. Senza gridare al miracolo e farci trascinare da facili euforie, Darkly, Darkly, Venus Aversa è da considerarsi come un lavoro discreto, nettamente migliore delle uscite precedenti, ma anche non eccessivamente vario. Diciamo che manca quella canzone veramente esaltante, anche se non ci si può assolutamente lamentare.  

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