Voto: 
8.4 / 10
Autore: 
Michele Comaianni
Etichetta: 
Vertigo
Anno: 
1969
Line-Up: 

- Dave Greenslade - organo, voce
- Dick Heckstall-Smith - sax
- John Hiseman - batteria
- Tony Reeves - basso
- James Litherland - chitarra, voce

Tracklist: 


1. The Kettle (04:25)
2. Elegy (03:10)
3. Butty's Blues (06:44)
4. The Machine Demands A Sacrifice (03:52)
5. The Valentyne Suite:
Theme One: January's Search (06:25)
Theme Two: February's Valentyne (03:33)
Theme Three: The Grass Is Always Greener (06:55)

Colosseum

Valentyne Suite

E' il 1969, un anno cardine per quanto concerne la cornice progressive, l'anno del concepimento del magnifico In The Court of the Crimson King dei King Crimson quindi un momento di trade d'union tra filone sessantiano e settantiano, la culla del genere progressivo.
I britannici Colosseum, si apprestano a dare vita al loro secondo album, dove si rinforza la luce del genere di un'energia incredibilmente potente che spingerà Hiesman & company a diventarne veri e propri pionieri. Valentyne Suite è il loro prodotto: un punto di incontro tra jazz, blues, sinfonico e hard rock ben strutturato e raffinato per composizione e tecnica dimostrata.

Si comincia con The Kettle, in cui si scarica già nell'incipit un riff hard rock conciliato con un giro vocale appassionante dai sapori sessantiani. In Elegy una struttura disimpegnata e allo stesso tempo studiata dimostra la vena blues che caratterizza i primi Colosseum: in questo caso le tonalità accese vengono sapientemente decorate dal sassofono di Dick Heckstall-Smith su un crescendo di qualità sfumato in chiusura.
Nel terzo capitolo, Butty's Blues, i drawbars dell'organo di Dave Greenslade si combinano per creare su tratti di effettistica timbriche riflessive, sfruttate per modulazioni orientaleggianti e maestose senza tradire il blues rappresentato dal titolo. Blues che insiste anche in The Machine Demands a Sacrifice, quarta track, un brano non molto ambizioso ma non per questo meno gradevole.
Arriva a questo punto la suite, la Valentyne Suite, ovvero il momento massimo dell'album, divisa in tre sezioni: nella prima January's Search l'hammond regna sovrano tessendo delle modulazioni piene e imponenti sfiorando l'andamento marziale ma lasciando sfumare magistralmente l'energia hard rock su un bridge di piano e sassofono.
Con la seconda sezione, February's Valentyne un riff ipnotico di basso getta le basi per un grandioso solo di hammond, indemoniato e incontrollabile dalle tinte jazz e orientaleggianti, un saggio controllo di scariche di scale minori armoniche come comanda per l'appunto lo stile jazzistico insieme con vette di tecnicismi: una delle migliori prove della tastiera nell'intero periodo classico del Progressive.
Il sassofono e la chitarra gestiscono le parti solistiche di chiusura nella terza sezione ovvero The Grass Is Always Greener incardinando questa grandiosa suite perfettamente conciliata con i parametri delle migliori riuscite del genere.

La suite di sedici minuti si pone in modo quasi prepotente nell'intera stesura distinguendosi tra tutti gli altri temi di questa Valentyne suite, lasciandoli così più in penombra. Ciò nonostante il jazz predominante non eclissa quello stile radicalmente inglese nella creazione di scorci atmosferici epici e medievali tipici della branca Progressive.
Il genere viene battezzato egregiamente con questo esperimento, un risultato geniale per quel che riguarda la tecnica riversata ma forse sofferente di quei difetti della precocità che caratterizza alcuni degli esempi di anticamera di un genere innovativo.
Se si considera l'anno di pubblicazione l'apprezzamento storico è sicuramente oltre la media: Valentyne Suite è infatti il primo disco della etichetta progressive and underground Vertigo e rappresenta quindi un nodo fondamentale per la diffusione dell'interesse specifico in quelle novità musicali di fine anni Sessanta. Se si considera invece il contenuto della suite, l'apprezzamento è da inchino.

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